PREGANZIOL IN BICICLETTA
Caratteristiche tecniche: Lunghezza : km. 43,8 - Difficoltà : facile - Stagioni: primavera ed estate
Il territorio di Preganziol è completamente pianeggiante. Il suolo, per lo più argilloso, permette la presenza di numerosi corsi d'acqua, per la verità di moderata portata e lunghezza: da sud, i principali sono il Zermanson, il Serva, il Bigonzo e il Dosson, tutti affluenti del fiume Sile. A Preganziol appartengono le tre frazioni di Sambughè, San Trovaso e Frescada.
Il Toponimo: prati e boschi La prima parte del nome è in relazione al veneto “prà” che significa "prato". La seconda parte è discussa: forse deriva dal nome del vecchio proprietario (un tale Golza, o Granziol); secondo altri sarebbe legato ad un termine veneto, oggi in disuso, che significava "bosco" (da gazo, giagio).La presenza di fitti boschi è infatti documentata in vari documenti medievali. Si trattava quindi di una zona piena di boschi e prati: su questo non c’è dubbio!
Un po’ di storia. Le prime velate tracce storiche su Preganziol risalgono all'età romana, al II sec. d.C.; si può presupporre rappresentasse il confine settentrionale della centuriazione romana di Altino; per altre testimonianze su Preganziol bisogna però risalire al sec. X quando un certo conte Giovanni faceva dono "di terre e di case in Preganziol" al Capitolo dei Canonici di Treviso al quale nel 1148 il vescovo di Treviso donerà anche la Chiesa ed il beneficio di Preganziol. Tale donazione fu riconfermata nel 1170 da una bolla di papa Alessandro III in cui compare per la prima volta il toponimo " Villa Pratai Galzoli ecclesiam eiusdem villae, cum decimis et pertinentiis suis". Nel sec. XIII la campagna trevisana, si presume anche quella di Preganziol, viene devastata dagli Ezzelino. Nel 1317 i borghi della campagna a sud e ad est di Treviso vengono dati al fuoco da Cangrande della Scala, nel fallito tentativo di entrare in città. L'importanza di Preganziol però, è data dalla sua dislocazione lungo il Terraglio, utilizzato per i commerci, i pellegrinaggi ,gli spostamenti delle truppe e lo svago, e fiancheggiato da boschi, infestati da lupi e malfattori, per cui viene dato ordine anche agli abitanti di Preganziol di disboscarne entrambi i lati. La pace caratterizza, quasi ininterrottamente, il dominio della Serenissima sulla terra ferma; ciò, però, non significa che Preganziol non sia interessata da pestilenze che ne diminuiscono la popolazione. Nel 1600 e nel 1700 la vita dei "Preganziolesi" scorre senza sussulti fino alla fine del secolo. L'11 luglio 1796 gli austriaci occupano Treviso, terra che però viene subito lasciata ai francesi di Napoleone il 28 gennaio dell'anno successivo.
L'arrivo di Napoleone "liberatore" illude per brevissimo tempo anche i preganziolesi, che devono ricredersi sulle vere intenzioni del transalpino solo qualche mese dopo: il 17 ottobre 1797, con il trattato di Campoformido, Napoleone ricederà Venezia ed il suo Territorio, quindi anche Preganziol, al dominio degli Austriaci. Preganziol ed il Terraglio, da questo momento in poi, vivranno un periodo di grande agitazione anche per le requisizioni di territorio fatte onde favorire il continuo passaggio degli eserciti, impegnati nelle numerose guerre che interessano le potenze europee, in particolare: Francia, Austria e Russia. Nel 1813 la potenza Napoleonica entra in crisi; gli Austriaci ne approfittano per riconquistare anche il Veneto, che, assieme alla Lombardia, darà vita al Regno Lombardo-Veneto.
Il 2 dicembre 1866 il Comune di Preganziol viene assorbito dal Regno d'Italia. In questo periodo l'economia di Preganziol rimane arretrata, a causa del conservatorismo monarchico e quindi alla mancanza di investimenti sia nell'agricoltura sia nell'industria, a parte l'introduzione di alcune colture di particolare pregio come quella del Radicchio. Allo scoppio della prima guerra mondiale rientrano in patria molti emigranti: anche Preganziol vive questo fenomeno, per cui deve prepararsi ad accoglierli, ad offrire loro un eventuale lavoro e a dare vita ad un'economia di guerra, in vista anche dell'entrata in guerra della stessa Italia, con soldati anche di Preganziol. Nel novembre del 1917, dopo la ritirata di Caporetto, essendo spostato il fronte sul Piave, il comune di Preganziol è dichiarato "zona di guerra": il Terraglio diventa strada privilegiata di passaggio dei convogli militari; il telefono pubblico viene requisito; viene innalzato, ad ovest della ferrovia, un pallone frenato o drachen (una sorta di mongolfiera ancorata a terra con l’obiettivo di spiare dall’alto i movimenti dei nemici ); villa Spandri diventa ospedale militare e villa Marcello comando alleato; vengono chiuse le scuole ed i panifici, per cui il comune è costretto a rivolgersi a Mogliano per il fabbisogno dei propri cittadini.
La ricostruzione si presenta non priva di ostacoli, aumentati dalla fortissima disoccupazione provocata dalla smobilitazione militare e dalla chiusura delle fabbriche belliche. Il 10 giugno 1940 l'Italia entra nella seconda guerra mondiale e Preganziol vive tale momento con preoccupazione, invia i suoi giovani cittadini, e diventa centro di raccolta degli sfollati causati dai bombardamenti delle città. Il 25 luglio 1943 il fascismo cade e la popolazione di Preganziol ne è soddisfatta a tal punto che immediatamente vengono rimossi tutti i simboli del fascismo. Dopo l'8 settembre 1943 molti soldati tedeschi si accampano a Preganziol nelle ville Marcello, Guggenheim, Taverna e Franchetti. Ciò provoca una serie di bombardamenti sul paese ed in particolare sulla trattoria Stella d'Italia, sul parco della villa Franchetti e su villa Taverna. Nasce anche a Preganziol il movimento partigiano, con diversi caduti, e con esso anche il fenomeno del banditismo. Il 7 aprile 1944, Venerdì santo, Treviso viene bombardata e Preganziol accoglie alcune centinaia di sfollati. Il 29 aprile 1945 Preganziol viene liberato dalle truppe anglo-americane…
Partiamo allora a scoprire questo territorio! Il punto di partenza del nostro viaggio si colloca sul Piazzale della Sede Municipale. Gli diamo alle spalle e andiamo a nord per qualche metro sino al semaforo. Giriamo ora a destra e prendiamo via Schiavonia.
Pedalato per circa 50 metri, ecco sulla sinistra della strada Villa Tasso.
VILLA TASSO
E’ per la verità un rifacimento di un quattrocentesco palazzetto sostituito da un palazzo sansovinesco, forse la prima villa edificata a Preganziol: si tratta di una costruzione a tre piani, dal disegno molto semplice: al primo piano un balcone con ringhiera in ferro battuto; al secondo piano, sotto il timpano centrale, un riquadro con un affresco monocromo con raffigurazioni mitologiche. Davanti alla villa, al centro di una aiuola rotonda, è posta un'antica vera da pozzo con quattro statue di putti, ben conservate.
Procediamo per altri 200 metri e sempre sulla nostra sinistra una stradina annunciata da due statue.
La percorriamo per circa 250 metri sino ad una cancellata. Ci fermiamo; siamo di fronte a Villa Spandri.
VILLA FRANCHIN SPANDRI
Eretta nel ‘600 dai Contarini. E’ una villa che però nel corso del tempo ha subito notevoli modifiche. Al corpo centrale, immerso in un vasto parco, furono infatti aggiunti in epoche successive vari corpi per cui questa villa non ha uno stile unitario; a dimostrazione di ciò in uno dei corpi laterali si trovano finestre che non legano con quelle vicine. Di fianco al lungo viale che conduce a uno dei tre cancelli della villa c'è un piccolo laghetto. Ai lati di ogni cancello ci sono due colonne, sovrastate da statue raffiguranti dei guerrieri. Sul lato destro, guardando la villa, c'è una cappelletta, che era riservata ai signori della villa.
Circa 500 metri più avanti sempre sulla sinistra della strada e giunti ormai in località Borgo Verde, eccoci a Villa Grassi detta Ego.
VILLA GRASSI, MARCELLO DEL MAJNO DETTA EGO La villa ha probabilmente origini settecentesche, ma gli studi più recenti ritengono che l'attuale aspetto derivi principalmente dagli interventi del secolo successivo. I più antichi proprietari di cui si ha notizia sono i Grassi e forse ne furono anche i committenti. Alla fine del Settecento, con la morte di Giambattista Grassi, passò in eredità al figlio Girolamo che la mise in vendita: acquistata da Elia Cazzaiti, direttore della zecca di Venezia, pervenne poi ad Antonio Galvani cui subentrò la figlia Elisabetta, sposata al conte Guglielmo d'Onigo. A quest'ultima si devono forse gli interventi più importanti, finalizzati a convertire la villa da azienda agricola a residenza permanente. Proprio dal suo acronimo EGO (Elisabetta Galvani d'Onigo), che capeggia sullo stemma collocato nel timpano della casa padronale, si deve il soprannome della villa.
Come altre proprietà della contessa, pervenne ai Del Majno. Alla fine della seconda guerra mondiale la villa ospitò un comando inglese e vide il trafugamento della maggior parte delle statue che ornavano il giardino. La proprietà è molto vasta: comprende la casa domenicale con due lunghi annessi laterali e il piccolo oratorio (quest'ultimo affacciato direttamente sulla strada), il tutto inserito in un grande parco. Un aspetto interessante legato ai riadattamenti ottocenteschi si può notare nella barchessa est. Nata con funzioni agricole, venne trasformata poi in sala da musica.
Anche la cappella non fu esente da questi interventi, come dimostra la sua duplicità stilistica. Sul retro si nota ancora una struttura con mattoni a vista e finiture merlate, mentre la facciata originale è stata coperta nel 1826 dall'attuale neoclassica
Lasciata Villa Ego, procediamo in direzione est per qualche metro e prendiamo ora a destra via Marcello del Majno ( sfruttando per un po’ la piacevole ciclabile che c’è ).
Siamo in località Borgoverde. Procediamo su questa via per circa 700 metri e quindi giriamo a destra in via Schiavonia Nuova per circa 1,4 km. Usciamo ora sul Terraglio girando a sinistra. Percorriamo il Terraglio per circa 900 metri e quindi giriamo a sinistra in via della Croce
Procediamo tra le curve di questa via per circa 1,9 km e poi giriamo a destra. La prima parte di questo tratto corre su strada ampia e si transita nel sottopassaggio dell’autostrada. Poi la strada svolta a sud. Fatte alcune curve si svolta a destra: ci imbattiamo in un bel capitello votivo.
Scendiamo a sud: ora la strada si chiama via Bianchi; di lì a poco inizia un tratto sterrato e un piccolo ma piacevole boschetto. Avanti così per 1 km. Attenzione: all’altezza dell’immagine che segue noi teniamo la destra e procediamo in direzione nord. Il passaggio non è ben visibile per cui occhio!
La strada ora è sterrata e transita in una campagna aperta e povera di siepi ed alberi.
Procediamo ora a nord per circa 700. Giriamo ora a sinistra. Siamo in via G. Carducci. Procediamo per altri 1,1 km. Siamo nuovamente sul Terraglio. Giriamo ora a sinistra in direzione sud. Circa 200 metri più avanti sulla destra ecco Villa Marcello a Sambughè.
VILLA MARCELLO (Sambughè)
Appartenuta, come la vicina villa Bianchi, ai Lin, pervenne poi agli Andrighetti e da questi alla marchesa Carlotti Zon. In seguito al matrimonio tra Adriana Zon e il conte Alessandro Marcello, passò alla famiglia di quest'ultimo che tuttora la abita. Adriana Zon va ricordata per aver trasformato la villa in un luogo d'incontro per letterati, artisti e politici. Tra i suoi ospiti si annoverano la regina Margherita di Savoia con Vittorio Emanuele III bambino, e Antonio Fogazzaro.
Negli anni 1888-89, in particolare, organizzò una serie di incontri tra alcune personalità del mondo politico ed ecclesiastico per trovare una base d'accordo su un concordato tra Stato e Chiesa; tra i partecipanti si segnalarono Geremia Bonomelli, Jacopo Bernardi, lo stesso Lampertico e Guglielmo Berchet.
Procediamo ora per circa 150 metri e giriamo a destra. Andiamo avanti per circa 450 metri e poi giriamo a destra in via Boschetta. Saliamo per circa 1 km, superiamo la rotonda e andiamo a nord per circa 700 metri : eccoci quindi nei pressi di Villa "Il Palazzon".
VILLA "IL PALAZZON"
Risalente al Sei-Settecento, alcune imprecise notizie la dicono ricavata da un più vasto complesso monastico. Perfino la storia recente non è molto chiara: secondo qualcuno l'edificio sarebbe stato restaurato nel 1955, ma la documentazione del 1961 ne attesta ancora le pessime condizioni. Probabilmente fu recuperata con un intervento successivo al decreto di vincolo del 1960, ma lo stato attuale, molto buono, è il risultato dei lavori degli anni 1980. L'edificio padronale presenta un aspetto molto sobrio, dalle linee ben proporzionate.
Torniamo sui nostri passi e prendiamo via Sambughè girando a destra. Circa 400 metri più avanti sulla nostra destra un capitello sul quale vale la pena davverso soffermarsi.
SAMBUGHÈ
Il centro si trova a sudovest del capoluogo comunale, in prossimità del confine con Campocroce di Mogliano Veneto. Si sviluppa lungo l'arteria di via Sambughè-via Luisello. L'abitato è compreso tra il Zermanson a sud e il Serva a nord, due modesti corsi d'acqua. Il toponimo deriva dal termine veneto sambughèr cioè "sambuco" in riferimento probabilmente alla presenza di un bosco di sambuchi nella zona. Toponimi di questo genere sono frequenti nel trevigiano, come nel caso di Codognè (da codogno "melo cotogno") o Fagarè (da faghèr "faggio"). Il paese fu menzionato per la prima volta in un quaternus del 1307, dove si parla di una regula de Sambughedo
Poco oltre sulla sinistra ecco la Parrocchiale.
CHIESA DI SAMBUGHÈ E SAN MARTINO
Nel 1642, la chiesa di Sambughè fu ricostruita in stile tardo rinascimentale sulle fondamenta della precedente che era romanica; la facciata guarda ad ovest , come quasi tutte le chiese del territorio, ed è preceduta da un elegante campanile. Al suo interno si presentano cinque altari: L'altare maggiore, di fattura veneta, sormontato da una tela di Michele Desubleo, che mostra San Martino mentre dona parte del suo mantello al povero. L'altare della Madonna, della seconda metà del 1700, regge una statua lignea della Vergine col Bambino, che si narra sia stata trovata in un fosso che fiancheggia Via Sagramora. L'altare del crocifisso (Sec. XVIII) è caratterizzato da un olio su tela di Francesco Migliori che mostra Cristo in Croce assistito da S. Lorenzo, S. Lucia e San Rocco. L'altare di San Vincenzo (Sec. XVIII). L'altare di Sant Antonio (Sec. XVIII).
Una curiosità: perché le chiese hanno la facciata principale che guarda ad Ovest? Il portale è a Ovest, onde permettere al fedele di entrare rivolto verso Est, il levare del sole nascente (Cristo).
CASA LUISELLO, BANDARIN, STOCCO
Edificio a due piani più sottotetto sito subito appena a nord del centro abitato, lungo una laterale di via G. Rossa. Attualmente di proprietà Stocco, è difficile ricostruirne la storia perché gli scarsi documenti testimoniano solo gli ultimi passaggi di proprietà (fu dei Luisello e dei Bandarin). Non si esclude che possa rappresentare uno dei tanti palazzi attestati in passato a Sambughè e dei quali si è persa traccia: il Boschini, per esempio, cita il «delicioso Palazzo del Serenissimo Pesaro» il «Palazzino di architettura Palladiana ora del Sig. Gio. Sebastiano Pfauz» e «quello dell'Aldrighetti». Potrebbe altresì derivare dal recupero di materiale architettonico proveniente da una villa demolita. Quest'ultima ipotesi sarebbe confermata dalla presenza di elementi di pregevole fattura assemblati in modo un po' incerto su quello che in origine era un rustico.
Torniamo sui nostri passi, ripercorriamo via Rossa e usciamo a sinistra: qualche metro e poi teniamo la destra. Procediamo per circa 500 metri e quindi su a destra. Percorriamo questa stradina per circa 700 metri ed ecco alla nostra destra Villa Morpurgo.
VILLA BIANCHINI-MORPURGO-DAL BO-BROTTO (sec. XVI)
Andiamo ora avanti per circa 200 metri e poi giriamo a destra. Avanti ancora per 400 metri e quindi a sinistra in via Luisello. Procediamo in direzione nord per circa 850 metri e quindi svoltiamo a sinistra in via Sagramora. Pedaliamo per circa 700 metri e quindi giù a sinistra in via Soranzo. Procediamo su queste curve per circa 1,2 km e poi andiamo a destra in via Munara.
Procediamo in direzione nord per circa 2,4 km. Arriviamo all'incrocio con via Malvestie dove troveremo un capitello.
Andiamo quindi a destra in via Maleviste per circa 600 metri. Giunti alla provinciale ora giriamo a destra. Siamo ora in via Bacchina, via che faremo per circa 750 metri e quindi gireremo a nord a sinistra. Siamo ora in uno dei pochi tratti di sterrato di questo viaggio.
Procediamo tra le campagne per circa 1,6 km sino ad un incrocio. Lì giriamo a destra per tornare in direzione sud. Siamo in via Paludi e la direzione ora è quella verso San Trovaso. Andiamo avanti per circa 600 metri e poi giriamo a sinistra in via Timavo. Avanti su questa via per circa 700 metri e quindi a destra in via San Trovaso. Pedaliamo per circa 1,5 km sino a giungere sulla provinciale. Lì giriamo a sinistra. Ci stiamo avvicinando al centro di San Trovaso.
Pedalando così per circa 1km ci ritroveremo nei pressi della vecchia chiesa di San Trovaso.
LA VECCHIA CHIESA DI SAN TROVASO
La vecchia chiesa è menzionata già in un documento del 1146 con cui il vescovo di Treviso la donava ai paesani. Fu ampliata nel 1530 e nel 1792 (in questa occasione furono forse aggiunti i due angeli in marmo dell'altare e un organo). Attraversò un grave stato di degrado fino al 1996, quando si concluse un radicale restauro. Di Gian Battista Carrer è la Vergine del Rosario, tela del 1833 che orna uno degli altari laterali, e la tela del soffitto, il Martirio dei Santi andata perduta in seguito al crollo del tetto del 1989. A Girolamo da Santacroce è attribuita la pala dell'altar maggiore raffigurante i Santi Gervasio e Protasio, mentre il tabernacolo è del Marchiori.
SAN TROVASO
San Trovaso è frazione del comune di Preganziol. La parrocchia comprende anche le vicine località di Settecomuni (a ovest) e Le Grazie (ad est, sul Terraglio). È situata a nord-ovest del capoluogo comunale e si sviluppa lungo via Franchetti sino all'incrocio con il Terraglio. È praticamente contigua a Frescada e difatti l'ISTAT conteggia gli abitanti delle due frazioni come un unico centro.
Il toponimo. Non è altro che la storpiatura dei nomi dei patroni del paese, i Santi Gervasio e Protasio. Un caso non unico, visto che a San Trovaso è dedicata anche una nota chiesa di Venezia. Per quanto riguarda la vicina Settecomuni, il suo territorio era un tempo spartito tra i sette comuni di Santo Angelo di Ghirada, San Trovaso, Preganziol, Sambughè, Zero, San Vitale e Canizzano. La località Le Grazie, infine, si riferisce al Santuario mariano (Santa Maria delle Grazie) risalente al Seicento.
Cuore del paese è piazza Armando Diaz, dove si affacciano le due chiese, l'oratorio, la scuola elementare e l'asilo. Il Paese ha origini molto antiche ed è citato già in documenti del XII secolo.
Procediamo ora ad est sulla principale per circa 350 metri, e dopo aver superato il sottopasso ferroviario e andiamo su a sinistra in via Nazario Sauro per circa 700 metri. Giriamo ora a destra in via Bassa e poco oltre teniamo la sinistra su via Dosson. Circa 1,1 km più avanti entriamo sul terraglio girando a sinistra e poco oltre a destra in via 2 Giugno.
Frescada
Si sviluppa lungo il Terraglio ed è contiguo a San Trovaso (a sud) e a Dosson (a est), addossandosi inoltre al confine comunale con Treviso. Il toponimo, citato sin dal 16 marzo 1288 (loco dicto de la frascata), si riferisce a un'antica osteria la quale, come è tuttora usanza nel Trevigiano, esponeva una frasca per segnalare la vendita di vino. Per secoli, comunque, Frescada rimase una località rurale e l'odierno quartiere residenziale è il risultato dell'urbanizzazione del secondo dopoguerra. La stessa storia ecclesiastica è recente: un primo luogo di culto fu improvvisato nel 1957 in un magazzino, per poi essere spostato in un oratorio e infine nella chiesa di San Giovanni Battista, consacrata dal 1984 dal vescovo di Treviso Paolo Magnani.
Procediamo per circa 300 metri e quindi giriamo a sinistra in via Quirino Basso. A sud per circa 400 metri e quindi a sinistra per circa 400 metri. Alla rotonda teniamo la destra . Siamo ora in via Giuseppe De Pieri. Pedaliamo per circa 1,2 km e poi andiamo a destra. Così per 600 metri; poi a destra e avanti per altri 400 metri sino ad uscire sul Terraglio: alla nostra sinistra il complesso di Villa Albrizzi Franchetti.
Villa Albrizzi Franchetti
Costruita lungo il Terraglio all’altezza di San Trovaso tra il 1680 e il 1700, villa Albrizzi Franchetti s’impone anche allo sguardo del viaggiatore più frettoloso. Alla fine del 1700 la nobile dimora diventò un attivo centro di vita culturale grazie a Isabella Teotochi Albrizzi che vi ospitò diversi illustri artisti e letterati, tra i quali lo scultore Antonio Canova, Ippolito Pindemonte e Ugo Foscolo, che proprio qui cominciò a comporre i "Sepolcri". Sorta come dimora di campagna della famiglia Albrizzi, mercanti di stoffe veneziani, fu in seguito abbellita e completata dalle due barchesse in stile palladiano progettate dal trevigiano Andrea Pagnossin; gli undici ettari di terreno circostante divennero un grande parco di stile inglese, ricco di alberi ad alto fusto e rare essenze arboree.
Nel 1873 la villa fu acquistata dal barone Franchetti, che ne ampliò il parco; opera che fu proseguita anche dal nipote Raimondo, famoso esploratore, che riportò dai suoi viaggi (in particolare dall’Africa) rare specie di piante che offrono tutt’oggi al visitatore un suggestivo scenario del mondo vegetale. La costruzione centrale è la più antica e richiama la struttura stilistica dei palazzi veneziani per la sua facciata con due ordini di trifore e un alto frontone centrale con timpano coronato da statue. Anche le finestre del primo piano hanno balconcini marmorei.
All’interno le sale e le diverse stanze sono ornate da delicati stucchi settecenteschi.
Le due ampie e simmetriche barchesse sorgono un po’ arretrate rispetto al corpo centrale. Hanno una parte centrale a tempio con colonnato e grande frontone ornato da statue. Sulle ali ci sono tre aperture rettangolari per lato, sormontate da aperture quadrate. La barchessa sud è costituita da cinque sale a volta, due delle quali conservano affreschi di Giovan Battista Crosato che rappresentano scene di giochi e di caccia. Durante la Grande Guerra il parco della villa venne danneggiato dai bombardamenti aerei.
( materiale tratto dal sito istituzionale del Comune di Preganziol )
Procedendo a sud sul Terraglio per circa 1 km sulla nostra sinistra ecco il Santuario della Madonna delle Grazie.
Santuario delle Grazie
In località Le Grazie sorge un prezioso santuario del 1613. Fu innalzato con un piccolo monastero su un terreno donato dal patrizio Pietro Contarini agli eremiti di San Girolamo provenienti dall'isola lagunare delle Grazie. Soppresso l'ordine (1668), i beni del convento passarono alla Serenissima che li vendette agli Albrizzi, i quali demolirono il convento e adibirono la chiesa a cappella privata. Nel 1775 l'edificio fu ricostruito e la decorazione degli interni fu commissionata a Gian Battista Carrer. La pianta dell'edificio è a croce latina con tre cappelle. Nell'abside centrale è collocato una tela di ignoto raffigurante la Beata Vergine delle Grazie. Caratteristici i due campanili identici posti ai lati della costruzione. Attualmente, presso la chiesa vive una comunità di suore Francescane di Cristo Re che gestiscono anche una scuola elementare
Teniamo ora la sinistra passando sul retro del santuario. Fatti circa 300 metri ci ritroveremo in via Nenzi. Poco oltre sulla sinistra ecco Villa Contarini Nenzi.
VILLA CONTARINI NENZI
Villa Contarini Nenzi è un’ elegante dimora del XVIII secolo; riportata al suo antico splendore, oggi si presenta come Residenza d’Epoca ed è utilizzata come albergo, ideale per soggiorni di piacere o incontri di lavoro, munita di ampi parcheggi con garage coperto. Fiore all’occhiello è la SPA .
Completano l’ospitalità della struttura la Sala Convegni per oltre 120 posti e l’ elegante ristorante “Le Scuderie”, che vi offre la possibilità di scegliere tra piatti tipici della tradizione veneta ed altri della cucina italiana. Anche il grande parco secolare, con le sue due ali all’inglese, costituisce un ideale spazio espositivo che rende il complesso un luogo adatto per la realizzazione di: conferenze, banchetti, demo, servizi fotografici, esposizioni e matrimoni.
A sinistra ora per qualche metro e quindi giù a destra in via Daniele Manin per circa 300 metri. Andiamo ora a sinistra per 400 metri e quindi a destra per altri 400 metri. Siamo ora in via Collegio dei Palazzi. Pedaliamo altri 600 metri e quindi andiamo a sinistra sul terraglio. Fatti altri 300 metri, sulla nostra sinistra ecco Villa la Colombina.
Villa "La Colombina"
Il palazzo, di origine settecentesca, fu edificato probabilmente dai Querini. Il complesso, si compone della casa padronale, del retrostante annesso e del vasto parco. La casa padronale è un palazzetto a pianta quadrata che si sviluppa su due livelli cui si aggiunge un piano rialzato concluso da un timpano, secondo uno schema assai diffuso tra le ville venete. Come ricorda il nome, l'edificio ha linee equilibrate e aggraziate grazie all'accurata disposizione degli elementi architettonici e all'organizzazione dell'impaginato esterno. A sudest si trova al corpo domenicale un rustico - le ex scuderie - di 50 metri di lunghezza e 10 di profondità, privo di un ordine architettonico ben definito. Le due costruzioni sono saldate insieme da un volume caratterizzato da due fori al secondo livello che racchiude la cappella privata.
Procediamo ora per circa 600 metri sino al semaforo. Giriamo a destra e poco oltre davanti a noi ecco la Parrocchiale di Preganziol, luogo in cui il nostro viaggio si chiude.
Chiesa di Preganziol e Palma il Giovane
Le prime notizie sulla chiesa di Preganziol risalgono al 1146. Nel 1334 la chiesa viene dedicata all'attuale patrono: S. Urbano, papa e martire del III sec. D.C. Nel 1467 venne ampliata per volontà del popolo con la costruzione del battistero e del cimitero. Nel 1780 viene demolita e ricostruita, come poche chiese nel nostro territorio, con l'ingresso ad est (verso il Terraglio, importantissima via che congiunge ancor oggi Treviso a Venezia) e l'altare maggiore ad ovest. L'edificio è composto da un'unica navata e cinque altari laterali, fatti con marmi antichi provenienti dall'antica chiesa demolita di Santa Marta in Venezia. Al suo interno si possono trovare alcune opere degne di nota, come le tele del presbiterio raffiguranti: "La moltiplicazione dei pani e dei pesci" , "l'innalzamento sulla croce di Gesù", attribuite a Palma il Giovane . Altre tele di artisti veneti sono presenti all'interno, come pure una statua lignea raffigurante la Madonna , dello scultore Besarel della Val di Zoldo (BL); per ultima non può mancare la citazione del martirio e la gloria di Sant'Urbano, affresco presente sul soffitto della navata, dipinto dal celebre Giovan Battista Canal, in onore del santo patrono di Preganziol
Qui si chiude il nostro viaggio!