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CASIER IN BICICLETTA
 

 

 

Caratteristiche tecniche

Lunghezza: km.35 - tempo di percorrenza: 2 ore

GALLERIA DI IMMAGINI

IL COMUNE DI CASIER

Casier  è un comune italiano di oltre 11 000 abitanti. Si tratta di un comune che si definisce  sparso, in quanto il municipio non si trova nel centro omonimo ma nella vicina frazione Dosson. È situato nella bassa pianura veneta lungo il corso del fiume Sile, adiacente al capoluogo provinciale in direzione sud-sudest. Si costituì come Comune attraverso la fusione delle due maggiori frazioni di Casier e di Dosson, nonché con parte delle Grazie e di Frescada, sul Terraglio. Siamo nel 1819.Casier  conta su una superficie di poco più di 13 Kmq. Un territorio piccolo direi! Altitudine del Comune: 12 m s.l.m. 

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I corsi d’acqua

Casier è attraversata nel suo territorio principalmente dal Fiume Sile che ne taglia di netto il territorio nella sua parte nord, ma accanto al fiume verde poco a sud est vi à anche il rio Dosson.

 

 

Il Sile

Il fiume Sile nasce da varie risorgive distribuite tra Casacorba di Vedelago (TV) e Torreselle di Piombino Dese (PD); il fontanasso dea Coa Longa, considerato la sorgente principale, si trova nel territorio di quest'ultima. Scorre con una certa sinuosità da ovest verso est e, una volta bagnato il capoluogo della Marca, piega in direzione sud-est verso la Laguna.

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(il corso del Sile in Casier)

Un tempo sfociava a Portegrandi di Quarto d'Altino, ma nel 1683 la Serenissima ne deviò il corso tramite il canale Taglio del Sile, che ne trasferisce le acque sul vecchio letto del Piave, a sua volta deviato più ad est (per cui l'ultimo tratto viene detto anche Piave Vecchia). Sfocia infine nell'Adriatico, andando a dividere il Lido di Jesolo dal Litorale del Cavallino (porto di Piave Vecchia).A Portegrandi, comunque, il vecchio corso è ancora seguito da una diramazione, detta Silone, che dà accesso alla Laguna (il traffico nautico è regolato da chiuse). Il Silone procede tra le paludi ed è prolungato dal canale dei Borgognoni-canale di Burano, il quale conduce al canale di Treporti e, infine, al porto del Lido. L'intero corso è protetto dal Parco naturale regionale del Fiume Sile. Il corso d'acqua è citato per la prima volta nel terzo libro della Naturalis historia di Plinio il Vecchio (Silis); qualche secolo dopo compare nella Cosmografia ravennate (Sile). Secondo Bartolomeo Burchiellati, l'idronimo deriva dal latino silens "silenzioso", in riferimento alle acque tranquille del fiume. Studi più recenti lo avvicinano a un probabile termine prelatino (*sila) con il significato di "canale", o altrimenti alla radice indoeuropea *sel- "sprizzare", "scaturire”. Il Sile e alcuni suoi affluenti, per la loro portata costante, sono sempre stati ideali per l'insediamento di mulini. Ancora nel XIX secolo nella sola Treviso se ne contavano sessantuno. Attualmente quasi più nessun mulino sfrutta più le acque del fiume, ma molti sopravvivono come pregevoli esempi di archeologia industriale.

Il fiume Dosson

Il Dosson nasce da risorgive tra gli abitati di Quinto di Treviso e Zero Branco e si dirige verso est attraversando Frescada e l'abitato omonimo. Si getta infine nel Sile presso Casier dopo un cammino di quasi 13 chilometri. Bagna l’estremità meridionale del territorio di Casier.

IL DOSSON A CASIER.PNG

( il coso del  Rio Dosson a Casier)

Casier, il toponimo

Casier deriva dal latino caseārius e cioè "relativo al formaggio o da “taberna casearia” cioè il luogo in cui si conserva il formaggio, tanto che tutt’ora il luogo principale di una malga è chiamato casera.

UN PO’ DI STORIA DEL COMUNE

Preistoria

Il Sile e gli scavi fatti a ridosso dello stesso, ci ha consegnato oggetti preromani di bronzo, ossa umane e di animali, rottami di vasi e frammenti di armi di selce. Gli scavi furono fatti nel deposito delle ghiaie trasportate da un antico torrente sviato da secoli. Qui furono scoperte anche cinque tombe. Ciò ha avvalorato l’ipotesi secondo la quale ci troveremmo di fronte ad una estesa area a palafitte probabilmente distrutta più tardi (V-VI sec. A.C.). Molta parte di questo materiale venne fusa per ricavare campane. Il materiale salvato si conserva nel museo civico di Treviso. Fin dal primo Millennio a. C., l'importante via fluviale favorì il commercio tra le genti dell'entroterra veneto e la laguna, specialmente di materiali in bronzo ed in ferro (spade, pugnali, asce, elmi, falci, vasi, fibule, ecc.).

Il periodo romano

Siamo nel I sec. A.C. e Roma sta dominando la penisola e non solo. Queste storie si intrecciano ovviamente con Aquileia, colonia latina fondata per ragioni militari. Aquileia fu la base per le operazioni contro le popolazioni carniche e per l’espansione di Roma verso il Danubio e le terre dell’est Europa. Aquileia agli inizi dell’impero diventa centro fondamentale e ancor di più ancora più tardi in funzione difensiva contro le invasioni barbariche. I nostri luoghi si intrecciano con queste vicende in quanto le merci che sostentavano la colonia provenivano oltre che dal mare anche attraverso le vie consolari Annia e Claudia Augusta Altinate che interessarono la zona di Casier.

Il Cristianesimo

La diffusione del Cristianesimo cambiò molte cose a Roma e anche nella “Venetia”: S.Prosdocimo, discepolo di Pietro, dopo essere stato consacrato Vescovo di Padova, giunse comunque molto tempo prima di essere Vescovo a Treviso nella zona dell’attuale basilica di Santa Maria Maggiore, dove proliferava il culto pagano della dea Iside. L’Agnoletti di questo periodo ricorda la diffusione di cappelle e chiese dedicate ai primi evangelizzatori della nostra regione. E parliamo in particolare delle aree attorno al Sile e quindi di Casier ove la posizione favorevole in temine di vie commerciali e di approvvigionamento favorì la nascita di monasteri e comunità religiose in genere. Sulla scia di San Prosdocimo, lungo il Sile intrapresero la loro opera di evangelizzazione Teonisto, Tabra e Tabrata che in territorio roncadese, gettati nel Musestre, affluente del Sile, trovarono la morte ad opera degli Ariani di Altino.

I Longobardi, l’antico Monastero e i Franchi
E accanto alle invasioni longobarde rimane ancora comunque velata l’origine di un importante monastero lungo il Sile. La sua posizione sembra corrispondere a quella della attuale chiesa parrocchiale che pare essere sorta su quello che fu un antico recinto monastico e dove secondo la tradizione popolare sorgeva l’antica cappella di S.Teonisto. Nell'alto medioevo quindi (anno 710) sorse nel capoluogo di Casier il monastero benedettino dei SS. Pietro, Paolo e Teonisto, alle dipendenze dell'abbazia di S. Zeno di Verona. In un documento del 710 è citato il monastero di San Teonisto, considerato il più antico complesso monastico del trevigiano. Secondo Giuseppe Pizzolato, già parroco di Casier, questo monastero sarebbe nato in concomitanza con l’insediamento qui della famiglia longobarda dei Da Casier. 
Con la conquista di questi territori da parte dei Franchi, sembra sia stato distrutto e poi successivamente rifondato: questo sarebbe il motivo per cui da questo momento il Monastero viene chiamato “Monastero Nuovo”.

 

Gli Ungheri

A difesa delle continue incursioni di questo popolo fu proprio Berengario I ad autorizzare rocche e castelli eretti a sistema difensivo: si pensi a quello di Roncade e qui a quello di Casier. Dello stesso periodo è documentata l'attività molitoria lungo il canale della Roggia, che proseguì ininterrottamente sino all'inizio del Novecento.  

I Da Casier (famiglia di origine Longobarda)

I Da Casier Verso il mille, i signori da Casier (de Caserio), edificarono lungo il Sile la loro dimora-castello, anche per il controllo dell'intenso traffico commerciale sul fiume. Ma ben presto l’influenza dei Da Casier si fa decisamente sentire nella vicinissima Treviso al punto tale da far venir meno l’importanza del castello a Casier. I Da Casier sono soltanto un ramo della nobile famiglia dei Beraldi che si stabilirono nel Veneto al seguito di Alboino, re longobardo. Il loro ruolo sia a Treviso che a Casier aumenta nel 1124 laddove si annota una importante donazione fatta dagli stessi al Santuario e al Monastero di Santa Maria Maggiore. Molto importante per la città di Treviso la figura di Giovanni da Casier che fu uno dei consoli trevigiani che nel 1227 firmò il trattato con Milano e altre città Lombarde e Venete per la costituzione della alleanza contro Federico Barbarossa. Giovanni è tra l’altro uno dei grandi riformatori ed estensori dello statuto di Treviso nel 1218.

Venezia

Gli inizi del 1300 vedono la terra trevigiana conquistata prima dagli scaligeri (1329) e poi dai Veneziani (1338). E Casier non si sottrae a queste vicende; si pensi la ruolo delle trincee fatte costruire dai Carraresi a Casier in funzione anti Venezia che di fatto impediscono la circolazione di beni e commerci tra Treviso e Venezia. Da menzionare per questo periodo la figura di Bonaccorso da Casier che fu ambasciatore per il passaggio di Treviso alla Serenissima. Sul piano politico-amministrativo, nella sua prima dominazione del 1339 Venezia creò le Podesterie: Casier venne a far parte della “Mestrina di sotto”. Nel Sei e Settecento furono edificate nel capoluogo alcune ville ad opera di patrizi veneziani fra le quali possiamo ancora ammirare quelle dei nobili Barbaro e dei Franceschi-Rombo. Esse, con la chiesa parrocchiale, conservano ancora gioielli d'arte dell'epoca, sia di pittura che di scultura.

La fine di Venezia, Napoleone, l’Austria e la nascita del Comune di Casier

Finito il domino veneziano, si affaccia per un breve periodo quello dei Francesi e di Napoleone. E’ in questi anni che Casier e Dosson cominciano ad assumere una loro autonomia rispetto al capoluogo e cioè Treviso. Arrivano gli Austriaci e questo processo sembra arrestarsi anche se è proprio del 1816 l’atto con il quale Casier e Dosson vengono uniti al comune di Sant’Antonino. Le cose non finiscono qui e nel 1819 nasce il Comune di Casier con associata la frazione di Dosson.

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( il Municipio di Casier nella sua attuale sede di Dosson )

Il regno d’Italia

E’ il 1866 e Casier da questo momento segue i destini del Regno d’Italia. E’ il 14 luglio del 1866 che la campana del Comune annuncia l’arrivo delle truppe italiane. E il 21 e 22 ottobre di quell’anno esprime il suo sì unanime alla adesione al Regno d’Italia. Segnaliamo qui anche il 1882, anno nel quale si pose mano al progetto di sistemazione dello scalo con muraglione in roccia davanti al Piazzale di Casier, opera che favorì di molto lo sviluppo del traffico commerciale fluviale tra il nord e Venezia. Nel 1874, il sen. Antonio de Reali istituì a suo spese la scuola di Agraria per i contadini ove si impartivano lezioni di cultura generale e di agronomia.

I primi anni del XX secolo

Sono anni quelli dell’inizio del secolo di forte impulso delle attività agricole sostenute anche dai Campi Sperimentali e le Cattedre Ambulanti di agricoltura che nei primi del secolo tennero a Casier e Dosson dei corsi di aggiornamento e di qualificazione professionale sull’allevamento del bestiame e sulla coltivazione della terra. Sono gli anni anche in cui l’introduzione di forti innovazioni tecnologiche contribuiscono a questo sviluppo come l’avvento della trebbiatrice a vapore. Le filande de Reali e Antonini che nell’ottocento avevano occupato centinaia di lavoratori, in particolare donne, erano ormai chiuse ma, in località alle Grazie, i Fratelli Conti Marcello avevano aperto una fornace per laterizi a fuoco continuo dove già lavorava una quarantina di persone.

La prima guerra mondiale

Casier e Dosson durante la prima guerra mondiale furono sede di alcuni comandi militari e di ospedali da campo, come Villa Toso e Villa de Reali.

Tra le due guerre e la seconda guerra mondiale

La vittoria mutilata, le difficoltà economiche del dopoguerra, furono le cause degli scontenti e dei turbamenti fra la popolazione. Scoppiarono ovunque tumulti e scioperi, e Casier non ne resta fuori! Anche a Dosson il 15 ugno 1920 il Commissario di Pubblica Sicurezza dovette sedare un’agitazione popolare che si svolgeva sul piazzale del municipio al fine di costringere il nobile de Reali a firmare un nuovo patto agrario. Con la seconda guerra mondiale il paese rivisse le sanguinose esperienze della prima e persino negli umili casolari di Casier si consumarono violenti atti di violenza e rappresaglia. Il 28 aprile del 1945 si insediò però nel Municipio il Comitato di Liberazione Nazionale il quale nominò la nuova Giunta Comunale.

LE PERSONE ILLUSTRI DI CASIER

Citerò qui alcune delle persone che hanno maggiormente colpito il mio personale interesse.

 

Antonio Beni

Tra i personaggi illustri, si ricorda innanzitutto il dossonese Antonio Beni (1866-1941), architetto e pittore, che adornò con quadri ad olio ed affreschi numerose chiese e palazzi. Studiò, a Venezia, quindi a Vienna e Monaco, dove ottenne titoli onorifici e accademici. Fu l'ingegnere Pietro Saccardo, conosciuto a Venezia mentre era architetto presso la Basilica di San Marco, che lo avviò all'arte sacra, dapprima come decoratore, quindi come architetto e pittore. La sua opera prima in qualità di architetto fu, nel 1909, la chiesa parrocchiale di Cappella di Scorzè, in stile rinascimentale, che, successivamente, ebbe cura anche di decorare con una serie di decorazioni ad affresco in stile liberty. Nel 1914 dipinse, nel catino absidale della Cattedrale di Treviso, l'affresco denominato “ Immacolata tra Adamo ed Eva”. Tra le altre cose, ebbe importanza fondamentale nell'opera di ricostruzione degli edifici sacri distrutti dagli eventi bellici della Grande Guerra. Fu poi fondatore e presidente della Commissione d'Arte Sacra della Diocesi di Treviso. Morì a Dosson di Casier il 30 dicembre 1941. È oggi sepolto a Scorzè.

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(l'abside della chiesa di Cappella di Scorzè - l'opera prima di Antonio Beni)

Giuseppe Maffioli (nella foto)

Pubblicista, commediografo ed attore di teatro, di cinema e di televisione, in cui lavorò anche con Francesco Baseggio ed Ugo Tognazzi. Fu un "personaggio irripetibile" nella raffinata cucina veneta, delle cui opere storico-letterarie intorno agli anni Ottanta hanno suscitato particolare interesse "Il romanzo della grande cucina", "Cucina e vini delle tre Venezie" e "La cucina trevigiana".

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Augusto Vanzo ( Generale nella prima guerra mondiale )

Merita inoltre doverosa menzione il generale Augusto Vanzo (1861-1931) che, dopo aver percorso brillantemente l'accademia militare di Torino, ne uscì a ventitré anni col grado di Tenente del Genio. Nel 1913, col grado di generale fu nominato Assistente di campo di S. M. il Re e, nel 1915, ricoprì la carica di Capo di Stato Maggiore della 3^ Armata, comandata da S.A.R. il Duca d'Aosta, distinguendosi particolarmente nelle cruente battaglie del Carso e dell'Isonzo durante la Grande Guerra. Abbandonato l'esercito dopo il conflitto, divenne Presidente del Tribunale Supremo di Guerra e di Marina e, dal 1923 Presidente del Consiglio Provinciale di Treviso. Nato da una famiglia di umili origini a Dosson, morì senatore (dal 1928) a Roma nel 1931.

 

Angelo Toso

Casier ricorda inoltre il cav. Angelo Toso (1830-1914), proprietario dei molini omonimi di Melma (Silea) all'inizio del secolo, che pose la residenza a Casier nella villa che porta ancora il suo nome, tra la Roggia ed il Sile, sede nella prima guerra di un ospedale militare, dove fu ricoverato l'8 luglio 1918 l'illustre romanziere americano Ernest Hemingway, a seguito delle ferite riportate a Fossalta di Piave. La famiglia Toso è nota soprattutto per aver fondato la Cooperativa di Consumo locale e l'orfanatrofio per l'assistenza degli orfani di guerra che durante l'ultimo grande conflitto ospitò sino a cento bambine povere e senza famiglia.

Iniziamo quindi il nostro viaggio dalla sede del Municipio di Casier che si trova per la verità in Dosson

DOSSON DI CASIER

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Origini del nome

Il toponimo è in relazione con il latino dorsum "dosso, piccolo rilievo".  Secondo alcune ipotesi si tratterebbe di dossi creati a seguito della escavazione di terre in funzione di bonifica; secondo altre teorie sarebbero il risultato di cumuli di terra creati a seguito di importanti inondazioni (devastante quella del 589 tanto che molti crebbero si trattasse del nuovo diluvio universale in terra).Sono gli anni in cui anche la Piave abbandona il suo corso originale allora comune con il Sile. Toponimi di questo genere non sono infrequenti nella zona e testimoniano come il basso Trevigiano, ancora oltre l'anno Mille, fosse ricco di acquitrini che portavano gli insediamenti a svilupparsi su piccoli rialzi emergenti.

L’inizio di una storia

La storia di Dosson, si apre con un documento del 790 in cui ci cita la cessione di alcune terre fatte da un certo Ado da Treviso in eredità al nipote. In particolare questo documento ci descrive il suo territorio già da allora abitato e coltivato  e ci dice che queste terre si trovano “in loco ad supra Dulsone”. Vi si nomina inoltre, una fornace per la produzione di laterizi. Il documento viene stilato presso il Monastero di San Teonisto di Casier. E’ un documento importante sia perché è la prima volta che si cita Dosson nella storia e sia per il fatto che contiene diverse notizie sulle condizioni ambientali del tempo. Si sa quindi che Dosson sin dal primo millennio era abitato anche se esistevano ancora delle vaste superfici incolte, boschive e coperte da acquitrini paludosi. E la toponomastica del paese lo rileva ancora adesso con nomi di vie quali Bosco, Volpere. Peschiere ecc. In quegli anni Dosson si chiamava Dosson di San Lazzaro e ciò allo scopo di distinguerlo dalla frazione Dosson di Quinto che ora è praticamente scomparsa. Sul finire del XI secolo, nacquero il monastero e la chiesa di S. Vigilio (l'attuale è del Settecento), alle dipendenze dell'abbazia di S. Eustachio di Nervesa, fondata dai Collalto, conti di Treviso. Nel testamento del giudice trevigiano Pietro Arpo (anno 1331) si nomina un suo castellare in Dosson. Alla metà del Seicento il barone veneziano Berlendis costruì il suo palazzo, dove sorge attualmente la villa De Reali-Canossa, circondata da un grande parco naturale. In questa villa si conservano ancora alcuni reperti di archeologia provenienti dagli scavi di Altino romana. In località "Le Grazie" di Dosson sorge la settecentesca villa veneta dei nobili veneziani Contarini, con pregevoli affreschi e sculture marmoree.

I personaggi più noti ed illustri di Dosson

 

Adeberto è il primo illustre personaggio di Dosson, non solo per la sua collocazione storica, ma anche per il perso economico che egli dovette esercitare in Dosson, in considerazione delle vaste proprietà che ereditò a Treviso, Dosson, Quinto ecc.

E poi il giudice Pietro d’Arpo che possedeva un castello nella villa di Dosson “poco lungi dalla Città”. Gli Arpo in realtà erano di Conegliano ma in questi luoghi possedevano diverse terre (siamo nel corso del XIV secolo). La famiglia si è però estinta verso la fine del Millecinquecento.

Giuseppe Maria de Reali poi, ricchissimo commerciante ed industriale Veneziano. Fin dal 1824 egli aveva ricoperto diverse cariche pubbliche a Venezia. Fu infatti eletto presidente della Camera di Commercio ed Industria di Venezia nel 1846. Durante i moti rivoluzionari del 1848-1849 contro l’Austria fu persino membro del Governo Provvisorio allora insediatosi. Ma fallita l’esperienza rivoluzionaria e tornata Venezia sotto l’Austria, si adoperò presso il Governo Centrale austriaco a favore del porto franco veneziano che si trovava in pessimo stato. In ragione della sua meritevole attività a favore dell’Impero Austro-Ungarico, nel 1855 ne ottenne la nobiltà così che da allora egli e i suoi discendenti assunsero la denominazione “de Reali”. A metà dell’800, il de Reali figurava proprietario di terreni e palazzi e di alcune fabbriche tra le quali una raffineria di zucchero, due fabbriche di mattoni e una filanda che fiorì a Dosson sul lato est della villa omonima. Fu altresì autore di importanti bonifiche di terre locali ma anche di quelle di Altino. 

Antonio de Reali, figlio di Giuseppe Maria, seguì le orme del padre nell’impegno politico-amministrativo e sociale. Nel 1876 è senatore del Regno d’Italia.

Lo “spadone di Dosson”- il radicchio rosso di Treviso

 

La coltivazione del radicchio rosso di Treviso è frutto di una tradizione che affonda nei secoli. Alcune ricerche iconografiche hanno dimostrato come il radicchio fosse coltivato già dalla metà del XVI secolo. Lo si vede rappresentato in alcuni dipinti come "Le Nozze di Cana" di Leandro da Ponte detto Il Bassano (oggi al Museo del Louvre di Parigi). Ma il processo di produzione si sarebbe affinato solo nella seconda metà del XIX secolo. Sarebbe stato il vivaista Francesco Van Den Borre, giunto dal Belgio nel 1870 per realizzare un giardino patrizio, a portare nella sua proprietà di Dosson, nel trevigiano, la tecnica di imbianchimento già in uso per le cicorie belghe. È nell'anno 1900 che il radicchio rosso di Treviso raggiunge la consacrazione con la realizzazione sotto la Loggia dei Grani di Piazza dei Signori a Treviso della prima mostra dedicata ai produttori del radicchio rosso di Treviso e voluta dall'agronomo di origine lombarda, Giuseppe Benzi. E’ l’ultimo frutto che ci offre la terra prima del riposo invernale: per la varietà dei suoi colori, dal giallo al verdino, dal rosso al bianco e all’ocra, il figlio di Van den Borre ne tesseva l’elogio: “se lo guardi, egli è un sorriso, se lo mangi è un paradiso il radicchio di Treviso”. Giuseppe Maffioli affermava che “esisteva anche nel giardino dell’Eden”.

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LA SEDE MUNICIPALE E LA PIAZZA DI DOSSON 

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LA STELE DEI BAMBINI DI TEREZIN

In occasione della Giornata della Memoria 2004, in piazza Leonardo Da Vinci, è stata inaugurata e collocata una stele dedicata ai bambini ebrei morti nel campo di concentramento di Theresienstadt, opera dell'artista Giorgio Celiberti

STELE DEI BAMBINI DI TERESIN
Usciamo dalla piazza in direzione nord e quindi teniamo la sinistra e andiamo avanti per 100 metri. Ora a destra in via Europa. Attraversiamo la rotonda e andiamo a nord in via Zermanese. Sulla nostra destra non può non colpire la nostra attenzione un’area verde di notevoli dimensioni. Stiamo costeggiando il grande giardino di Villa De Reali, villa di cui parleremo diffusamente più avanti. Ci basti ora intuirne i profili. 
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Ora teniamo la sinistra in via Pindemonte per 600 metri e quindi a sinistra in via Aldo Moro per 1,3 km. Ora teniamo la destra e andiamo avanti per 100 metri. Svoltiamo quindi a sinistra a ridosso della stazione dei Carabinieri. Ancora 200 metri e al successivo incrocio andiamo avanti dritti per altri 200 metri. Teniamo a questo punto la sinistra nella provinciale e andiamo avanti per 200 metri. Ora a destra in via de Pieri. Fatti circa 400 metri, da un ponte il nostro primo incontro con il Rio Dosson.
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Altri 200 metri e quindi a destra in via Nilde Jotti. Sfruttiamo la ciclopedonale e all’altezza della curva a novanti gradi che gira a destra noi usciamo dritti e ci troviamo in via Albrizzi alle Pozzette (siamo sul retro del parco di Villa Albrizzi-Franchetti).
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( Vecchio rudere in via Albrizzi )

Avanti ancora 400 metri e quindi a destra all’incrocio. Siamo in via Guizzetti. Pedaliamo per 1 km e alla rotonda teniamo la destra. Circa 150 metri più avanti sula nostra destra ecco Villa Contarini.

VILLA CONTARINI

La Contarini in Località delle Grazie, appartenne all'inizio del '700 all'omonimo casato veneziano annoverato fra quelle poche famiglie, dette apostoliche, che elessero nel 694 il primo doge della Repubblica Veneta, Paoluccio Anafesto, che diede alla Serenissima ben otto dogi, un cardinale e quattro Patriarchi della città. La villa, di stile settecentesco veneziano, possiede due adiacenze laterali, scuderie, barchesse, ceramiche, stucchi, parco e giardino. Conserva dei mobili originali dell'epoca, bassorilievi, nonchè alcuni quadri della Scuola di J. Bassano (1515-1592).

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Anche il suo oratorio è arricchito di stucchi e marmi e conserva una pala con la Madonna e S. Domenico. Alla fine del XVIII secolo, venne acquistata dal veneziano Guizzetti, che diede il nome alla via cui si affaccia l'edificio. Alla metà di quel secolo, passò in proprietà degli Antonini, poi dei Dalla Rovere e, all'inizio del 1900, alla famiglia Nenzi di Venezia.  Nel 1954 fu ceduta all'Istituto veneziano Santa Maria della Pietà che l'adibì a collegio orfanatrofio.

 

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Torniamo ora indietro di 150 metri sino a giungere alla rotonda che abbiamo fatto poco fa. Ora andiamo dritti in via Orioli. Circa 800 metri più avanti andiamo a sinistra in via Santi: qualche metro e ancora a sinistra in via Zermanese Vecchia. Siamo in località detta “Sicilia”.
 

La Sicilia

Curioso il nome di questa località in pieno nord est! E’ la denominazione che si rifà ad un luogo distante ed isolato, raggiungibile dopo aver attraversato “un mare” di campi e prati.

Pedaliamo per 1,7 km e ora andiamo a destra in via Marie. Via Marie è una bella stradina aperta sulle profonde campagne a sud di Casier. Altri 600 metri e quindi giriamo a sinistra (poco oltre un nuovo incontro con il Rio Dosson). Superiamo il Dosson e andiamo a nord per altri 200 metri e quindi a sinistra per via Fermi, sempre in direzione nord.
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( il campanile di Dosson visto da via Fermi )

Facciamo 700 metri (sfiorando verso la fine la piazza del Municipio) e quindi a destra sulla principale. Poco oltre sulla nostra sinistra, nascosta dalla vegetazione e dalle cancellate, cominciamo ad intuire i profili di Villa De Reali Canossa.
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Dall’altra parte della strada, la piazza del complesso della Chiesa Parrocchiale di Dosson. La prima cosa che vediamo è un monumento.

IL MONUMENTO AI CADUTI DELLA GRANDE GUERRA

E’ un monumento funerario sepolcrale eretto in ricordo dei combattenti di Dosson della prima guerra mondiale. E’ costituito da un basamento in pietra su cui poggiano colonne in travertino sovrastate da una scultura in ferro.

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Dando le spalle al monumento ai caduti, una struttura tozza: è la Cappellina della Parrocchia.

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LA PARROCCHIALE DI DOSSON

La comunità parrocchiale di Dosson nacque nell’XI secolo con la fondazione della chiesa e del monastero che erano sotto la giurisdizione dell’Abbazia di Nervesa. Stiamo parlando del monastero di San Vigilio. Esso era dotato di una quantità non trascurabile di terreni che il priore faceva lavorare dai suoi monaci o che dava in affitto ad altri contadini. Il beneficio o rendita della chiesa con il tempo andò consolidandosi già nel 1593 sulla base di proprietà che ci conoscono con precisione solo alla fine del ‘600.  Ma già alla fine del 500 la vita della comunità monastica sembra spegnersi. E anche la chiesa in quegli anni sembra già cadente tanto che fu ricostruita nel 1545. E nel 1555 fu necessario anche riedificare il campanile caduto forse a seguito di un terremoto o di lavori mal eseguiti (il che non era strano all’epoca). Nel 1720 questa chiesa secondo fu ristrutturata integralmente dato che si parla di “riedificazione” della stessa. Nel corso del XVIII secolo furono edificate le quattro cappelline laterali.

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Le opere e gli interni

Le pitture di Gerolamo Moech

Siamo sulle pareti laterali: qui ecco le  pitture a tempera del bellunese Gerolamo Moech (1792-1857) che raffigurano scene bibliche e cioè: il figliol prodigo, la strage degli innocenti, la resurrezione di Cristo e Santa Maria Maddalena penitente.

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Gli altari

Gli altari sono cinque: il maggiore è dedicato a San Vigilio, il secondo alla natività di Maria Vergine, il terzo alla Santa Croce, il quarto alla beata Vergine del Rosario ed il quinto a San Filippo Neri.

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L’altare maggiore

E’ isolato e su di esso campeggia il Crocifisso quattro o cinquecentesco, proveniente dall'isola di Creta ai Tempi della Serenissima; un grande capolavoro di fattura greca. Ai lati dell'altare maggiore si elevano infine due angeli marmorei del primo '700, opera dello scultore veneziano A. Tarsia (1663 c.-1739).

LA PALA DI BISSOLO - PARROCCHIALE DI DOSSON.jpg

La tela del Bissolo

L’opera di maggior pregio artistico che si conserva nella chiesa è la meravigliosa tela quattrocentesca di Pier Francesco Bissolo (1470 c. - 1554), allievo del Bellini e di Girolamo il Vecchio. La pala raffigura San. Vigilio che fu vescovo di Trento nel IV secolo e che è il patrono del Paese. E’ seduto su un trono in posizione benedicente il popolo. Alla destra vi è San Benedetto che sostiene con la mano destra lo scettro di San Vigilio. Sulla sinistra vi è invece Sant’Eustachio protettore della casa dei Collalto e dell’Abbazia di Nervesa il quale impugna la spada del cavaliere e ha accovacciato ai suoi piedi il cervo con la croce simbolica che vide prima della sua conversione al cristianesimo. Al di sopra di questa scena la Madonna regge il bambino contornata tra le nubi da schiere di cherubini.

Il campanile

Quello che vediamo ora non è l’originario campanile di Dosson. Esso è stato ristrutturato ed innalzato nella seconda metà del XIX secolo. La sommità, che era a forma di pigna, venne sostituita con l’odierna torretta ottagonale in stile gotico-misto.

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Visitata la chiesa usciamo sulla principale dal lato del campanile. Attraversiamo la strada e ci rechiamo in viale della Liberazione. Avanti 50 metri e quindi a sinistra. Siamo nelle adiacenze di Villa De Reali Canossa.

VILLA DE REALI CANOSSA

La de Reali-Canossa, fu costruita nella seconda metà del '900 dal senatore Antonio de Reali, sulle fondamenta del seicentesco palazzo domenicale del barone Berlendis. La storiografia è piuttosto povera di informazioni riguardanti villa de Reali. È noto che la villa fu edificata dal barone Berlendis nel XVII secolo sui resti di un'abbazia benedettina. Nei primi decenni dell'Ottocento, estinta la famiglia, il bene fu acquisito da Giuseppe Maria de Reali, illustre personaggio politico. Alla sua morte, avvenuta nel 1860, il figlio Antonio fece ricostruire e ampliare la villa, rimodellando anche i 13 ettari di parco; negli anni successivi essa venne poi arricchita con numerosi reperti archeologici e pregiate collezioni. Nel 1937 la proprietà entrò a far parte del patrimonio dei Canossa, grazie al matrimonio nel 1893 di Teresa de Reali, ultima erede del suo casato, con il marchese Giuseppe di Canossa. Oggi la villa appartiene a Guarientina Guarienti di Canossa.

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È adornata da un imponente parco all'"inglese" con laghetto centrale, concepito dallo stesso senatore Antonio. Tra i vari annessi del complesso ( si tratta di scuderie, serre, abitazioni secondarie, pozzi, e oratorio), i più pregevoli sono la barchessa del lato corto e l'ala di ponente con lo stemma dei de Reali in facciata, interamente porticata al piano terra, con arcate su tre lati e colonne originarie romane provenienti dagli scavi praticati nelle proprietà di Altino (dove i de Reali erano proprietari di ben 2.000 capi di terreno). Oggi proprio questo ampio loggiato è adibito al museo archeologico che accoglie una straordinaria raccolta di reperti, provenienti dagli stessi scavi di Altino, tra cui anfore, statue marmoree, colonne, stele funerarie, tutte d'epoca romana.

Villa de Reali è immersa in un suggestivo ampio parco ottocentesco all'inglese, composto da specie ad alto fusto, un laghetto e un rudere romantico. Il parco con laghetto centrale progettato dallo stesso senatore Antonio de Reali racchiude il complesso amplificandone l'effetto scenografico.

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Durante la seconda guerra mondiale, la casa fu trasformata in sede del comando austriaco ed ebbe l'onore di ospitare grandi personaggi politici e letterati tra cui il principe Umberto I di Savoia, il duca d'Aosta, re Giorgio di Grecia e Gabriele D'Annunzio. Oggi tutto il complesso risulta preordinato per ospitare convegni, matrimoni e incontri conviviali, e importanti eventi culturali. Grazie alla volontà della contessa Guarientina Guarienti di Canossa, villa de Reali ospita al suo interno 'associazione culturale De Reali; questa associazione di promozione sociale nasce con l'intento di offrire un luogo per l'esposizione e il confronto tra artisti che si dedicano alla ricerca visuale e musicale e di creare nuovi luoghi di partecipazione e di divulgazione culturale.

Ritorniamo ora sui nostri passi. Usciamo in Via della Liberazione e all’incrocio teniamo la sinistra sulla principale. Scendiamo per 700 metri sino alla rotonda. Qui prendiamo la prima uscita andando a destra quindi (dopo 200 metri ancora il Dosson).
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Andiamo giù altri 400 metri e alla successiva rotonda teniamo la sinistra. Siamo in via Alta. La facciamo per 400 metri e quindi a destra in una stradina più piccola. Siamo in via Bosco della Serraglia.
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Andiamo avanti per 1,1km. Ora andiamo a sinistra in via delle Volpere. Facciamo tutta via del Carmine e dopo 700 metri teniamo la sinistra in via Peschiere. Torniamo in direzione nord per circa1,8 km. Ora a sinistra in via Bosco dei Grezzi.

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Alla fine della via un’edicola Votiva dedicata alla Madonna
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Quindi a sinistra ancora in via Peschiere per 600 metri. Teniamo ora la destra. Ancora 600 metri (una piccola parte anche sull’argine del Dosson)  per poi rientrare in strada.
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Siamo in via della Liberazione. Andiamo avanti per 800 metri e quindi a sinistra per via Ca’Barbaro. Altri 800 metri e quindi eccoci in via Principale. Teniamo la sinistra e poco oltre sulla nostra destra da un ponte ecco il Dosson ormai a fine corsa (poco più a nord si getterà nel Sile).

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Torniamo sui nostri passi dirigendoci in direzione est sempre su via Principale. Poco più avanti sulla nostra sinistra ecco Villa Barbaro

VILLA BARBARO-BURI

Villa Barbaro, edificata nel Seicento su disegno dell'arch. Andrea-Pagnossin (I576 c.- 1642 c.), fu la residenza di celebri famiglie veneziane: appartenne dapprima ai Pisani, poi ai Giustiniani e, alla fine del '700, ai Barbaro. Alla metà dell'Ottocento fu acquistata dai signori Guerra, cui subentrarono i Parisotto (1888), Paolo Pataleo (1896), i Bressan, i Mocenigo (fino al 1928), i Carnelutti (vi abitò il noto avvocato Francesco Carnelutti), i Campana e infine i Buri, cui appartiene tuttora. La casa padronale si sviluppo su tre livelli: il piano terra, leggermente rialzato (l'accesso avviene mediante una breve scalinata), il piano nobile e un timpano passante sopra il cornicione di gronda. Ai fianchi della casa padronale, leggermente arretrati, si allungano due annessi rustici e, presso gli angoli in cui gli edifici si saldano, si collocano due piccole serre vetrate. Durante la Grande Guerra fu sede del Comando della III Armata e vi ospitò anche il Duca D’Aosta; mentre nella seconda guerra mondiale fu occupata da diversi Comandi militari anche stranieri. Si trova a ponente del centro lungo Via principale, al centro di un grande parco delimitato a nord dal corso del Sile.

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L'oratorio è invece isolato e prospiciente la strada. Intitolato all'Immacolata Concezione, fu edificato verso il 1728 (sembra però che la sua origine sia dei primi del Cinquecento) su progetto di ignoto e restaurato nel 1944. Degna di nota la tela che orna il soffitto (Madonna con la Trinità e i santi Gaetano, Giuseppe, Antonio e Francesco di Paola in adorazione), già attribuita a Rodolfo Manzoni e oggi assegnata a Gaspare Diziani, datata 1710-1717. Sull'altare maggiore trova posto il gruppo marmoreo raffigurante la Sacra Famiglia, opera firmata di Pietro Baratta (1707). Sulle pareti dello stesso oratorio è degna di attenzione una Via Crucis, in calcografia, del Galimberti di Venezia (XVI sec.).

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Andiamo ora in direzione est per circa 400 metri. Entriamo ora a destra in via del Capitello. Poco oltre sulla nostra destra il Capitello dedicato alla Madonna.

IL CAPITELLO ALLA MADONNA (Via Capitello)

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Facciamo circa 1 km ora in via del Capitello, sino ad uscire sulla sinistra in viale della Liberazione. Prendiamo la ciclabile e andiamo avanti per 250 metri e quindi a destra in via vecchia Peschiere. Giù per 1 km circa e ora a sinistra in via Peschierette. Andiamo giù per 1,8 km (stiamo sconfinando in Conscio per un tratto). Ora giriamo a sinistra in via Forlani. All’ingresso di Via Forlani un bel capitello votivo

IL CAPITELLO DI VIA FORLANI

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Dopo circa 1,5 km, la via assume la denominazione di via E. De Amicis (siamo tornati nel territorio comunale di Casier).
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(Vecchia abitazione alla fine di via De Amicis)

Circa 2 km più avanti la via finisce e noi andiamo a destra in via Peschierette. Un chilometro più avanti siamo sulla provinciale e qui terremo la nostra destra. Avanti 250 metri e alla rotonda andiamo a destra. Cento metri e giù a sinsitra; ecco il Sile e la Piarda di Casier.

LA PIARDA DI CASIER

Piarda è un termine tipico della navigazione interna con cui viene indicato un «tratto di argine posto sulla curva di un canale o di un fiume dove la barca può accostarsi per caricare o scaricare merci». In sostanza uno scalo fluviale. Davvero ampia e bella qui a Casier ove il fiume in quell’ansa sembra diventare “lago”.

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Teniamo la direzione nord sino ad entrare nella piazzetta. Molto piacevole quest’area a ridosso della Piarda e dove a dominare è la Parrocchiale di Casier assieme a vecchi palazzi ed osterie.

IN PIAZZA A CASIER

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CHIESA PARROCCHIALE SAN TEONISTO

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Costruita a partire dal 1753 ed ultimata nel 1864 nei pressi del complesso dell'antico monastero di San Teonisto. Come spesso accadeva a quei tempi, le spese furono sostenute dalla popolazione e di questo vi è testimonianza nell’iscrizione marmorea sulla parete esterna del retro coro. L’opera di ricostruzione va vista nella precarietà in cui si trovava la vecchia cappella dell’antico monastero dei SS. Pietro e Teonisto e per le sue dimensioni non più confacenti alla crescita demografica del paese. Nel 1758 fu innalzato il campanile a forma di torre a cui fu aggiunta nel 1896 la caratteristica cupola a forma ottagonale. La chiesa, ad unica navata, di stile corinzio, è orientata da nordovest a sudest e presenta quattro altari laterali.

La facciata, dipinta sui toni dell'avorio, è caratterizzata dalla presenza di quattro lesene su alti basamenti e con capitelli corinzi. Al centro è presente un portale con timpano. Il fronte si conclude con un timpano con cornici modanate e dentelli.

Vi sono al suo interno 4 cappelle:

la prima a sinistra; (ora vi è un confessionale) un tempo qui si trovava il battistero con due piccole statue settecentesche raffiguranti S. Antonio da Padova e S. Valentino compatroni della parrocchia. Ora non vi sono più perché sono state distrutte;

 

la seconda a sinistra

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È la cappella detta del crocifisso ove trova posto una crocefissione di autore ignoto quasi sicuramente di scuola veneta (molti parlano addirittura di Palma il Giovane);

la prima a destra

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Qui vi è l’altare dedicato a Santa Teresa del Bambino Gesù opera dell’artista casierese Ugo Arvedi;

la seconda a destra

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Qui vi è un altarino dedicato alla Immacolata Concezione alla quale i parrocchiani sono da sempre stati legati. È un’opera lignea di stile seicentesco barocco che presenta Maria con il Bambino in braccio. Risale al 1773;

L’antico soffitto

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Un tempo vi era un dipinto da G. Battista Canal che però è andato distrutto. Quello che vediamo ora è opera del pittore Manzoni di Castelfranco Veneto;

Sopra le cantorie: vi sono due pitture a fresco opera di Tommaso Casa Bugoni. La data di realizzazione è facile da capire visto che vi sta proprio scritta (Tom. Casae Rugoni fecit MDCCLVI 1756). Ora, la pittura di destra rappresenta la cena dell’agnello pasquale dell’antico testamento, mentre quella di sinistra, l’ultima cena: è particolarmente significativa quest’ultima perché la sua data di iscrizione ci permette di capire che la costruzione della chiesa durò almeno due anni;

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Il grande capolavoro contenuto in questa chiesa rimane senza dubbio la pala di San Teonisto, Tabra e Tabrata,

 

La Pala di S. Teonisto, Tabra e Tabrata di B. Orioli

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Questa pala proviene certamente dalla vecchia chiesa della Commenda. Ne è autore Bartolomeo Orioli, pittore trevigiano. Un autentico gioiello non solo per Casier, ma per l’intera arte pittorica veneta. Figlio di un’orefice (1567-1626), diventò pittore senza mai aver frequentato alcuna “bottega” ma studiando ed imitando per conto proprio le opere dei maestri d’arte veneta ed in particolare quelle di Palma il Giovane di cui divenne fedele seguace. La pala porta al suo interno il nome dell’autore e l’anno di esecuzione che è il 1601. È tra l’altro una delle sue prime opere. Nella parte superiore della tela vi è la Vergine seduta e accolta tra le nubi. È circondata da cherubini che le svolazzano intorno. La Vergine è rivestita di un ricco manto azzurro e la testa è coperta da un manto bianco che scende a coprirle la spalla sinistra. Lo sguardo della Vergine e del Bambino è rivolto ai Santi che sono rappresentati nella parte inferiore della pala. Dietro, una semplice rappresentazione agreste fatta da poche colline ondeggianti. I tre Santi sono in piano. Il vescovo San Teonisto indossa gli abiti pontificali. Al fianco destro il diacono Tabra e a sinistra Tabrata.

Usciamo ora dalla Chiesa ed andiamo a destra in via Giuseppe Verdi. Poco oltre inizierà il nostro percorso sulle alzaie accanto al fiume Sile. Sono circa 2 chilometri.
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Poi il cimitero dei Burci (siamo nel territorio comunale di Silea per qualche tratto. Mi raccomando: Bici a mano qui!!!)

IL CIMITERO DEI BURCI

Il burcio era una grossa barca il cui fondo piatto arrivava fino all'estremità superiore della prua. Di costruzione molto solida, era adibita al trasporto e usata nella bassa valle Padana, principalmente sui canali veneti, sul Po sino a Pavia e sul Po di Volano sino a Ferrara. Armava due alberi incernierati con delle vele al terzo, di cui quella di poppa più piccola. Date le dimensioni, durante la costruzione il burchio non poteva venire capovolto e per rivestire il fondo veniva perciò sbandato da un lato e poi dall'altro per avere lo spazio di sistemare le tavole del fondo. Il burcio era un'imbarcazione adatta alla navigazione fluviale soprattutto per il trasporto commerciale. Costruito con l'impiego di legno duro che garantiva resistenza all'umidità per le strutture principali, e legno dolce, più elastico, per le parti soggette ad urti, aveva un pescaggio a pieno carico di circa due metri. La parte esterna dello scafo, immersa nell'acqua, impregnata di pece, era di colore nero e i fianchi, di colori vivaci, a volte venivano decorati. I tre uomini necessari per portare il burcio, erano il paròn, il marinéro e il morè. Il paròn era il capitano, il marinéro (marinaio) eseguiva le manovre e il morè (mozzo) si occupava dei pasti e delle pulizie. Due strette aperture quadrangolari (fondèi) con una porticina in legno sul fasciame di coperta, una davanti e una dietro, permettevano di calarsi "sotto prora" (sòto pròa) o "sotto poppa" (sòto pupa), dove c'erano gli alloggi di barcari e capobarca. Il burcio era tutto: era la casa e lo strumento di lavoro. Nonostante gli spazi fossero ristretti, non mancava niente. L'alloggio era ricavato a poppa ed era riservato al "paròn" capobarca per consuetudine marinara, quale segno di rispettosa distinzione. il marinero e il morè erano sistemati sòto pròa, cioè davanti. Per il riposo vi erano delle cuccette, riparate alla meglio dall'umidità con della tela cerata. 

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PERCHE’ I BURCI SI TROVANO QUI

A metà degli anni settanta, armatori e barcari affondarono in questo tratto di fiume le loro imbarcazioni come gesto di protesta contro il trasporto su gomma che decretò la fine di quello fluviale.

Passato il cimitero dei Burci andiamo a destra sulla strada asfaltata. Teniamo sempre la principale per 5,4 km (abbiamo affrontato il tratto definito Sile morto)
IL SILE MORTO

(In azzurro l’area del Sile Morto)

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VILLA PENDOLA E IL SILE MORTO

Villa Pendola è un meandro fluviale ricavatosi a seguito di un taglio realizzato negli anni 50. Una sorta di penisola delimitata dallo scorrere “fermo” del Sile Morto. Il percorso di Villapendola segue il vecchio corso del Sile, percorso abbandonato a metà degli anni cinquanta in seguito al nuovo taglio del fiume che portò, grazie al dislivello di sei metri, all'edificazione di una centrale elettrica. La zona è una vasta area agricola, racchiusa da un'ansa del Sile. Il sentiero è delimitato, sul lato dei coltivi, da una lunga siepe d’acero campestre, frammisto a Salici e Ontani mentre la scarpata che digrada verso la corrente è colonizzata soprattutto da Rovi e arbusti di Sambuco. Continuando lungo il percorso è facile incontrare l'Usignolo di fiume la Ballerina bianca, il Martin pescatore e scorgere, mimetizzati tra i vecchi steli, la Cannaiola e il Cannareccione. A una curva sulla sinistra compare il profilo del campanile della chiesa di S. Antonino circondato da case. Nell'alveo, ampio ma sempre poco profondo, compare la Ninfea gialla. La ricca vegetazione ospita e favorisce la diffusione nell'area circostante di Merli, Verzellini, Cardellini, Verdoni e Fringuelli. 

Finito il viaggio nell’area del Sile Morto ed entrati in Villa Pendola, alla nostra destra una sbarra. Noi invece proseguiamo dritti con il Sile alla nostra sinistra. Circa 400 metri più avanti in corrispondenza di una grande ansa del fiume ed in lontananza ecco che scorgeremo i profili di Villa Carlotta. Questo è il luogo ove si chiude il nostro viaggio.

VILLA CARLOTTA MOROSINI PALLA (1600)

La costruzione della villa risale all'inizio del 1600 Fu infatti di proprietà all'inizio del Seicento dei signori veneziani Brolo-Lanza. Alla metà dell'800 l'acquistarono i signori Franceschi-Rombo per passare all'inizio del 1900 alla contessa Morosini, che ne fece un ritrovo di grandi feste ed incontri mondani. Dal I944 al 1948, villa Carlotta ospitò alcuni reparti dell'Ospedale civile di Treviso, che era sfollato a Casier. Essa è attualmente di proprietà della famiglia Palla di Treviso.

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