PEDALANDO A TREVIGNANO
Caratteristiche tecniche del percorso
Lunghezza : km. 38
Difficoltà : facile
Stagioni:primavera ed estate.
Un po’ di storia
Il toponimo. Il nome “Trevignano” rimanda ad un passato romano, Trevignano pare infatti si riallacci al nome proprio Trebinus, un centurione romano. I Romani. L'avvicinamento dei veneti all'Impero Romano ha inizio con una serie di collaborazioni dovute a fattori economici e di sicurezza; sia ricordato in questo senso che all'inizio del IV secolo, un’invasione dei Celti da parte dei veneti distoglie i barbari dall'assedio di Roma. Intorno al 150 a.C. i romani cominciano a dotare la zona di strade: inizia così un’importante modifica del territorio. Tutte le strade di collegamento fra Montebelluna e la Postumia e fra Montebelluna e Treviso attraversavano il territorio dell'attuale comune di Trevignano; le vie principali che lo interessano, rendendolo un polo importante per gli scambi ed i trasporti, sono la Postumia, che nasce come linea di arroccamento difensivo e la Claudia Augusta. Con la decadenza dell'impero romano si assiste al progressivo indebolimento del potere dello stato. Il decentramento della ricchezza porta alla costituzione di latifondi pre-feudali. I profondi cambiamenti negli ordinamenti politici, determinati da una sovvertimento delle strutture romane, provocano lo sfaldamento dei sistemi agrari, l’abbandono e quindi la distruzione degli assi stradali. Il susseguirsi di carestie, epidemie e devastazioni poi portano ad un forte calo demografico e all'abbandono delle campagne. Il paesaggio quindi si modifica: le aree incolte proliferano invadendo le strutture romane; la palude sommerge le campagne centuriate e le popolazioni vivono miseramente degli scarsi frutti della terra di pesca e di caccia .Le invasioni barbariche già dal primo secolo a.C. cominciano a farsi sentire. Nel II e III secolo d.C. questa zona viene invasa dai Germani per la prima volta, e poi ecco i Goti, i Bizantini e quindi i Longobardi. Nell’epoca denominata feudale, si assiste alla fine del dominio longobardo grazie all'intervento di Carlo Magno re dei franchi. Nell’898, a causa della calata degli Unghari, provenienti dall’Asia Centrale, vengono erette grandi opere di difesa nella zona del Trevisano che inoltre si avvale particolarmente della fortificazione di Montebelluna per opporsi alle invasioni; purtroppo queste opere non servono a molto contro la forza dei barbari che per raggiungere i territori da saccheggiare non esitano a tracciare nuove arterie viarie come la Ongaresca. Il medioevo .Nel primo medioevo Trevignano e Falzè sono i primi borghi a risorgere dopo le invasioni barbariche; si iniziano a coltivare nuovamente i terreni che erano stati abbandonati e a disboscare nuovi appezzamenti. L’epoca della Signoria e Rizzardo da Camino. E’ il periodo in cui si affermano nella Marca i Da Camino, i potenti Signori di Padova, che controlleranno Treviso per diversi decenni. Il loro dominio nella zona, ha inizio nel 1283, quando i cittadini di Treviso acclamano Capitano della città Gherardo da Camino. Morto Gherardo, gli succede il figlio Rizzardo. Con il suo mal governo, completamente volto a favorire il partito imperiale, in breve trasforma Treviso da Comune Guelfo a ghibellino. Inoltre “Signoreggiando a testa alta” Rizzardo si crea potenti inimicizie. Infatti, le più potenti famiglie nobili della Marca, non condividono le scelte politiche di Rizzardo e temono soprattutto di perdere tutti quei vantaggi che avevano acquisito durante il governo del padre e alla fine congiurano per ucciderlo. Ingaggiano come sicario un contadino di Trevignano e nella primavera del 1312 lo incaricano di assassinare Rizzardo. Dante stesso, nel suo Paradiso, ricorda Treviso alludendo proprio a questa congiura: “E dove Sile e Cagnan s’accompagna, Tal signoreggia e va con la test’ alta, Che già per lui carpir si fa la ragna” Il periodo veneziano: l’acqua e le grandi bonifiche. L’agricoltura, durante il dominio veneziano, diviene un'attività quanto mai redditizia grazie all'introduzione di nuove coltivazioni e all'utilizzo di nuovi sistemi per un migliore sfruttamento del terreno. Il governo della Serenissima cerca di dare un nuovo impulso a questo settore promuovendo una serie di operazioni mirate al riassetto del territorio attraverso l'esecuzione di opere di bonifica. Le vie d’acqua divengono le arterie che mantengono vivo ogni tipo di collegamento fra Venezia ed il resto del dominio, fino ai villaggi più lontani e prima che lungo le strade, lungo le rive dei fiumi cominciano a sorgere ville e palazzi. Ma potenziare i corsi d'acqua, è un passo obbligatorio per poter dare nuovo impulso non solo alle attività agricole e commerciali, ma anche a quelle artigianali ed industriali che installando nei canali ruote e mulini traggono dall'acqua l’energia meccanica indispensabile per la loro attività. Irrigare la pianura trevigiana traendo l'acqua necessaria dal fiume Piave era un'esigenza che non aveva mai trovato soddisfazione. Proprio un veneziano, il Doge Francesco Foscari, compirà il primo passo verso un'efficace bonifica della pianura trevigiana istituendo l'Uffizio delle Acque di Treviso nel 1443. L'Uffizio, che si occupa solo ed esclusivamente di tutte le questioni riguardanti l'acqua ed il suo utilizzo, è composto dal Podestà di Treviso, dai provveditori delle città e da 12 membri chiamati a rappresentare le comunità bagnate dalle canalizzazioni della Brentella. Ovviamente, i membri dell'Uffizio, vengono scelti tra le famiglie più potenti del Trevigiano e perciò, far parte dell’Uffizio diviene meta ambita da tutti, non solo per una questione di prestigio personale, ma perché questa carica offre a ognuno la possibilità di tutelare i propri beni. Anche la famiglia Onigo e la famiglia Azzoni, che hanno possedimenti a Trevignano, verranno più volte chiamati a far parte dell’Uffizio. Nel 1797 l’invasione delle truppe di Napoleone decreta la fine della Serenissima Repubblica di Venezia. Nel 1801 viene anche deciso da Napoleone l’accorpamento dei comuni più piccoli. Così Trevignano di Campagna, Falzè di Campagna, Musano e Signoressa che sino al 1810 erano comuni autonomi, ora diventano un unico comune che prende il nome dalla frazione più grande; quella di Trevignano. Il 1813 vede la fine del dominio francese, subito seguito da quello austriaco; Nel 1814 il Veneto entra a far parte del regno Lombardo-Veneto, così il Comune di Trevignano, entra di fatto a far parte dell’impero austriaco. Nel 1861 viene proclamato il Regno d’Italia e nel 1866 il Veneto vi viene annesso. Il nuovo tipo di economia che si va diffondendo porta anche alla modifica dell’aspetto urbanistico della zona; il frammentarsi della proprietà in piccoli appezzamenti (causato dalla vendita dei terreni da parte dei nobili che hanno sofferto economicamente delle leggi di esproprio napoleoniche) dà inizio alla nascita delle borgate. La vita nella seconda metà di questo secolo sarà resa difficile anche per il manifestarsi di pericolose epidemie come il vaiolo che colpisce la popolazione nel 1870 e nel 1872 e nuovamente nel 1877. Perciò le sempre più precarie condizioni di vita, spingono le classi meno abbienti a cercare fortuna in paesi lontani: è l’emigrazione!
Il ventesimo secolo si apre per Trevignano con una serie di importanti novità; viene inaugurato il campanile della chiesa di Signoressa e, a Falzè, viene costruito il municipio; E’ uno spaccato di vita contadina fatto di soprusi, ignoranza e miseria in stridente contrasto con il progresso e le novità di inizio secolo, quello che viene portato all’attenzione dell’opinione pubblica dall’omicidio della contessa Onigo, uccisa proprio da un contadino di Trevignano nel 1903. La prima guerra mondiale. Nel 1917, dopo la disfatta di Caporetto, la ritirata dell’esercito italiano fino alla linea di resistenza del Piave e del Grappa e i continui bombardamenti degli austriaci, fanno cadere nello sconforto la popolazione e i militari impegnati nel conflitto. Anche il Comune di Trevignano risente della situazione caotica che segue la disfatta di Caporetto: le truppe in ritirata chiedono asilo alla popolazione della zona. Trevignano accoglie le truppe in ritirata, mentre Villa Coletti di Musano è destinata ed attrezzata per ospitare il Comando Generale dell’esercito, che aveva il preciso ordine di riunire le truppe sparse e preparare la controffensiva. In questi giorni le strade del Comune sono percorse da comandi armati e convogli militari mentre numerosi ospedali da campo vengono improvvisati nelle frazioni di Trevignano, Musano e Falzè. Villa Onigo a Trevignano diviene un vero e proprio ospedale della Croce Rossa Italiana, e ancor oggi, all’interno della villa, si possono trovare testimonianze di questa sua destinazione d’uso, come la scritta “sala chirurgica” dipinta sullo stipite della porta d’ingresso al salone principale del primo piano. Verso la fine del 1917 vengono destinati a Trevignano anche alcuni drappelli inglesi. Quasi in concomitanza con l’arrivo delle truppe inglesi, iniziano anche i primi bombardamenti della zona. Nel 1918 uno di questi, miete vittime a Trevignano: il nemico sgancia disordinatamente una serie di bombe nei pressi della chiesa di Musano e due civili e alcuni militari del vicino campo inglese muoiono. Il Re Vittorio Emanuele III stesso, da Musano, guida le sue truppe e da villa Coletti, organizza l’offensiva contro gli invasori. Ma Trevignano in questo periodo è frequentato anche da un’altro personaggio illustre che ha combattuto in questa guerra: Francesco Baracca, asso della Aviazione. Egli è solito mangiare e rifocillarsi presso la trattoria Zanella di Trevignano, dove si reca dopo essere atterrato nel vicino campo d’aviazione. Il 4 novembre del 1918, gli austriaci firmano l’armistizio e alla notizia della fine della guerra, tutte le campane del comune di Trevignano, si uniscono a quelle degli altri paesi del montebellunese e della Marca e risuonano a festa dopo anni di silenzio. La seconda guerra mondiale. Mentre nella Prima Guerra Mondiale, il conflitto per noi si è svolto in gran parte nel Veneto, nella Seconda il territorio della regione entra in gioco solo negli ultimi mesi di guerra. Il Veneto infatti grazie alla sua posizione di confine assume un ruolo particolarmente importante solo in un secondo momento, quando cioè, diventa un corridoio di fuga per i tedeschi che battono in ritirata dirigendosi o verso l’Austria o verso la Jugoslavia. Contro il “nemico tedesco” la popolazione organizza un movimento di Resistenza, che in zona è particolarmente forte e aiutato anche dalla conformazione stessa dei luoghi che ben si prestano a dare rifugio ai partigiani. Così i boschi e i monti del Trevigiano, divengono teatro di costanti scontri tra la Resistenza e i tedeschi.. Anche a Trevignano vengono compiute alcune rappresaglie. Durante una di queste vengono uccisi dieci uomini: sono i Dieci Martiri di Zapparè. Arrestati e fucilati senza processo nella notte tra il 4 ed il 5 aprile 1945. Il 30 aprile sempre dello stesso anno, un altro rastrellamento di civili viene compiuto a Falzè, in risposta al rapimento ad opera dei partigiani, di quattro soldati tedeschi e due cavalli. Trenta persone, tra uomini e donne, vengono arrestati per essere fucilati. Viene convocato anche il parroco di Trevignano, Monsignor Mazzarollo, che deve dare l’estrema unzione. Il parroco con gesto eroico ed altruista, mettendosi di fronte alla mitragliatrice offre la sua vita in cambio degli ostaggi. Questo gesto imprevisto, sorprende il comandante tedesco che decide di temporeggiare. E’ questo il tempo in cui viene evitata la strage. A ricordo dell’episodio, in via Cornarotta, proprio nel luogo dove doveva svolgersi l’esecuzione, è stato poi eretto un capitello dedicato alla Madonna.
( tutto il materiale è tratto dal sito ufficiale del Comune di Trevignano)
Prendiamo ora la nostra bicicletta! Il nostro percorso inizia sul piazzale della chiesa parrocchiale di Trevignano.
LA CHIESA DI TREVIGNANO La prima parrocchiale di Trevignano, intitolata ai Santi Tabra, Tabrata e Teonisto, e a Margherita era costituita da una semplice cappella con un piccolo campanile probabilmente inglobato nella costruzione. La prima chiesa invece, venne costruita tra la fine del '400 e i primi del '500 . Il primo restauro invece risale alla metà del '600 e fu reso possibile grazie anche alle generose offerte della famiglia Onigo, che proprio in questa chiesa aveva la cappella di famiglia. Le mappe seicentesche, redatte ai tempi della Serenissima, non forniscono un'immagine particolarmente dettagliata dell'aspetto dell'edificio all'epoca. Si vede solo che il cimitero del paese si trovava nelle vicinanze della chiesa. Fu poi con ordine di Napoleone, nel ‘800, che verrà portato fuori dal centro cittadino. Una delle più grandi opere di restauro fu compiuta nella seconda metà del '700. L'allora Parroco Giovanbattista Marchetti lasciò più di 100 ducati affinché venissero realizzati la nuova chiesa ed il nuovo campanile seguendo i disegni realizzati dell'architetto Massari. Il secondo grande intervento di restauro che la chiesa ha subito risale al 1940. L'allora Monsignor Mazzarollo ne ordinò il restauro e l'adeguamento dato che la chiesa, da tempo si dimostrava insufficiente ad accogliere tutti i fedeli. Vennero aperte allora due navate laterali, l'organo fu spostato dietro l'altare maggiore e al suo posto venne collocata la pala di Santa Emiliana, lascito della famiglia Onigo.
Ora attraversiamo semplicemente la strada… davanti a noi ecco Villa Onigo
VILLA ONIGO
E’ oggi prima di tutto la sede della biblioteca comunale. Degna sistemazione all’interno di uno dei più bei edifici storici della zona.I primi cenni storici su Villa Onigo risalgono al 1635, anche se i conti Onigo risiedevano nella villa già dal 1518. Conte Francesco Onigo, detto “Il Vecchio”, che apparteneva ai cavalieri di Malta, commissionò i lavori di restauro che terminarono attorno al 1687 per opera dell’architetto Andrea Pagnossin. Il conte fece molte variazioni sulla struttura originale che aveva quattro piani ed una porzione frontale divisa in tre parti: un’ “erba sopra l’acqua” che era una porzione di terra divisa in quattro settori da dei piccoli canali d’acqua, un labirinto ed un bellissimo bacino per i pesci con la forma della Croce di Malta. A metà del XVII° secolo circa, il salone nobile della villa venne dipinto da Giovanni Colombini, un rinomato pittore di affreschi ed uno specialista delle prospettive. Dopo la morte del Conte Francesco Onigo “Il Vecchio” il complesso della villa rimase alla sua famiglia. A metà del XIX° secolo la villa venne restaurata un’altra volta dal Conte Oliviero Rinaldi, marito della contessa Teodolinda Onigo che fu assassinata nel XX° secolo da un contadino di Trevignano. Dopo il 1903, data della sua morte, la casata aristocratica degli Onigo si estinse e tutte le sue proprietà di Trevignano furono vendute. La villa fu allora acquistata dalla famiglia Favotto che la destinò alla propria residenza e come centro di allevamento di bachi da seta .Questa particolare destinazione è ancora oggi testimoniata dai due strani camini con forme sinuose al secondo piano, usati per ottenere sempre la temperatura adatta all’allevamento dei bachi stessi. Negli anni trenta, parte della villa è stata donata dalla famiglia Favotto al reverendo Don Floriano Mazzarolo (allora parroco di Trevignano) allo scopo di stabilirvi le scuole per l’insegnamento della dottrina cristiana, nonché le aule e gli altri locali dell’asilo per l’infanzia. L’immobile dopo la morte di mons. Floriano Mazzarolo, è stato ereditato dalla parrocchia di Trevignano. Soltanto negli anni ottanta il Comune di Trevignano comprò l’intero complesso e cominciò un restauro radicale che la portano alle forme che oggi possiamo vedere.( materiale tratto dal sito della pro loco di Trevignano).
Visitata questa bella villa, riprendiamo la nostra bici e, dirigiamoci in direzione sud su Via Roma sino a giungere dopo circa 100 metri in prossimità del semaforo. Lì svoltiamo a destra su via Tre Forni. Siamo ora in Piazza Dante Alighieri. Siamo nel nucleo centrale del paese.
Qui, in questa piazza, verso la fine sulla destra, si trova Villa Pasinetti, costruzione del XVII secolo ora sede della Casa di Riposo del Comune di Trevignano
Procediamo su Via Tre Forni per circa 350 metri. Quindi attraversiamo via San Gaetano, e proseguiamo dritti per altri 200 metri circa. Davanti a noi un bivio contraddistinto da un piccolo capitello votivo. Noi, qui teniamo la sinistra. Comincia qui il nostro percorso volto a recuperare spazi di campagna e siepi. E’ dolce qui il nostro passo, la strada è sicura e delle dimensioni giuste per la mia bici. Case isolate compaiono qua e là, addentrate in luoghi sterrati davvero isolati. Procediamo così per circa 1,6 km sino a giungere all’incrocio. Davanti a noi un vecchio rudere.
Lì teniamo la sinistra e procediamo in direzione sud per altri 250 metri circa. Al nuovo incrocio teniamo la sinistra, cioè procediamo in direzione est..
Facciamo una curva netta a novanta gradi e quindi dopo circa 550 metri e aver superato un gruppo di abitazioni,arriviamo ad un incrocio ove gireremo destra. Siamo ora in Via Zapparè, località di campagna del Comune di Trevigiano. Siamo nei pressi dei luoghi diventati “famosi” per l’eccidio nazista dei “ dieci martiri di Zapparè”. Facciamo altri 950 metri in direzione sud ovest sino a vedere davanti a noi il capitello di San Giuseppe, altro capitello con funzione di segnavia o crocicchio. Siamo ormai sconfinati nel territorio del Comune di Vedelago. Giunti al capitello noi teniamo la nostra sinistra ed entriamo in Via Molino. Scendiamo in direzione sud per circa 450 metri e all’incrocio giriamo a sinistra. Facciamo 500 metri e quindi svoltiamo a sinistra in direzione nord. Facciamo così altri 850 metri sino a giungere all’incrocio con Via Martiri di Zapparè. Circa 300 metri e poi all’incrocio a sinistra e subito dopo a destra. Altri 250 metri ed entriamo a destra. Questo tratto, almeno per la sua prima parte, sarà fortemente caratterizzato dalla presenza di siepi ancora rigogliose ed adattissime per ripararci dal sole di Luglio!
Facciamo 350 metri in direzione sud e quindi giriamo a sinistra. Altri 550 metri ed eccoci in via Fabio Filzi.
Giriamo a destra e facciamo altri 350 metri sino a giungere all’incrocio. Lì teniamo la nostra sinistra. Altri 650 metri e quindi ancora dritti su via Fossalunga per circa 300 metri. Quindi giriamo a sinistra in direzione nord e facciamo altri 600 metri sino ad incrociare via Madonnette. Giriamo a destra, poco oltre attraversiamo la provinciale e proseguiamo sulla via. Facciamo circa 350 metri sino a giungere al capitello. Lì giriamo a sinistra e quindi in direzione nord su via Belvedere.
VERSO I PRAI DI TREVIGNANO…
La direzione che prendiamo adesso è quella dei “ Prai”, un sentiero naturalistico davvero carino che ci permetterà di visitare al meglio “il senso” del nostro girare in bicicletta a raccogliere profumi, sensazioni e colori di una campagna ancora viva e rigogliosa. Lo sfondo è quello delle siepi e dei campi coltivati ancora in armonia con il tessuto del territorio in cui si inseriscono. Prendiamo quindi via Belvedere e percorriamola per circa 850 metri sino a giungere all’incrocio con Vicolo Belvedere. Giriamo a sinistra e procediamo per circa 50 metri, facciamo una curva secca e procediamo ancora per altri 450 metri su Via Piave. Giriamo a destra e poi subito a sinistra. Facciamo altri 250 metri e quindi sulla nostra sinistra un bel capitello.
Poco prima giriamo a sinistra e procediamo per altri 300 metri circa. Procediamo ancora a sinistra sino ad uscire ad un incrocio con davanti a noi un capitello dedicato alla Madonna, punto di riferimento e inizio del sentiero dei Prai.
Tenendo il capitello alla nostra destra entriamo nella via che si presenta alla nostra destra in direzione nord. Qui la strada è sterrata! Procediamo per circa 400 metri. Quindi svoltiamo a destra e poi avanti per altri 400 metri. Giriamo ora ancora a destra e andiamo avanti per altri 350 metri e quindi svoltiamo a destra in direzione sud. Facciamo altri 200 metri e quindi giriamo a destra. Quindi giriamo a sinistra e ancora in direzione sud per altri 400 metri sino a svoltare a destra. Facciamo circa 550 metri e ancora giù a destra. I prai sono finiti qui. Ci siamo immersi in un bel anello verde di circa 4,5 km!
VERSO FALZE’ DI TREVIGNANO
Il nostro prossimo appuntamento ora è la frazione di Falzè. Giunti in via Alta giriamo a sinistra e prendiamo via Traversagni per circa 850 metri. Giriamo quindi a destra in via Cornarotta, sino a giungere dopo circa 600 metri in piazza Marconi, il centro della frazione di Falzè. Ci sono qui almeno tre belle cose da andare a vedere!
FALZE’ DI TREVIGNANO
Falzè (Faldè in veneto locale), è prima di tutto la sede comunale del comune di Trevignano. Nel 1901 infatti, l'amministrazione si trasferì proprio a Falzè, presso il nuovo municipio. Il suo territorio è praticamente pianeggiante, con altitudini che variano dai 70 ai 90 m andando da sud a nord. Non vi sono corsi d'acqua di rilievo, ma la zona è ricca di rii e fossati alimentati dalle opere di canalizzazione che si sono susseguite nel tempo (canale di Caerano, canale della Vittoria di Ponente). Sviluppatasi probabilmente dopo le invasioni barbariche, fu a lungo legata a Montebelluna e alla sua capopieve. Costituì una regula citata nel 1231. Fu un paese piuttosto florido: l'economia infatti era amministrata dall'aristocrazia terriera trevigiana, mentre la relativa distanza dalla strada Feltrina lo metteva al riparo da invasioni e saccheggi. Con l'avvento della Serenissima fu ancora soggetta alla podesteria di Treviso (quartiere Campagna di Sopra). Sotto Napoleone costituì un comune autonomo (Falzè di Campagna), ma nel 1810 fu unito con Trevignano, Musano e Signoressa per formare l'attuale istituzione.
LA CHIESA PARROCCHIALE (1825)
Falzè e Trevignano, costituivano un unico rettorato che dipendeva dalla Capopieve di Montebelluna. La riscossione del beneficio fu al centro di numerose discussioni tra le due parrocchie, sino a quando, nella prima metà del ‘300, le due parrocchie vennero divise. Il vescovo infatti, diede al paese l’autorizzazione per la costruzione di una propria chiesa, anche perché nel frattempo Falzè o Falzedo, aveva aumentato di molto il numero dei suoi abitanti. In seguito, nel 1426, il rettorato di Montebelluna, permise agli abitanti di poter costruire anche un cimitero tutt’intorno alla chiesa. Ma le liti con Trevignano, continuarono e nel 1557, a seguito di un processo che vide coinvolti i parroci delle due Chiese, fu chiuso il Battistero di Falzè. Solo nel 1822, venne di nuovo riconosciuta la titolarità della parrocchia, permettendo al Parroco di Falzè di amministrare il culto. Nel 1825, venne così costruita la chiesa che è dedicata a San Girolamo, a Santa Teresa e alla Madonna del Carmine. Abbattuta poi nel 1889, l'anno seguente iniziarono i lavori di costruzione di quella nuova. Opera dell'architetto veneziano Cadorin, fu inaugurata nel 1931 dal Vescovo di Treviso Longhin.
( materiale tratto dal sito della pro loco di Trevignano).
Se ora torniamo indietro in via Cornarotta e giriamo a destra, siamo in via De Faveri. Al civico 5 ecco Villa Palladini, Coletti, Pumini, villa del XIX secolo.
Torniamo indietro, andiamo in direzione sud, attraversiamo la provinciale ed entriamo in Via Contrada. Qui al civico 1 ecco Villa Onigo-Farra.
Procediamo ancora e al civico 41, dopo 700 metri, eccoci a Villa Pasqualetti Oniga.
VERSO SIGNORESSA…
Bene, dopo aver visto quest’ultima villa, procediamo sempre su via Contrada per 200 metri circa. Attraversiamo Via 2 Giugno e procediamo su Via XXIV Maggio per circa 350 metri e quindi al bivio teniamo la destra. Siamo ora in Via Cesana. Sullo sfondo il campanile di Signoressa.
Fatti circa 450 metri giungiamo ad un crocicchio segnalato dalla presenza di un capitello votivo. Noi lì giriamo a sinistra.
Facciamo altro 200 metri e quindi andiamo a destra. Poco oltre sulla destra, ecco la chiesa parrocchiale di Signoressa.
SIGNORESSA
Signoressa, anticamente “Posnuovo”, è l'abitato più orientale del comune e sorge lungo la direttrice Treviso-Montebelluna, in un'area pianeggiante non molto lontana dal Montello. Territorio naturalmente povero di acque, l'approvvigionamento idrico è garantito dal canale della Vittoria di Ponente, che scorre a sud, e dal canale di Caerano, a nordovest, opere artificiali derivanti dal Piave. Le origini del nome. Si ipotizza che "Signoressa" rimandi a una potente e facoltosa nobildonna del luogo. L'antico "Posnuovo" potrebbe invece riferirsi a una sorgente, attorno alla quale si sarebbe formata una prima comunità. Signoressa è l'abitato più recente del comune e se ne fa risalire l'origine al basso medioevo. La prima citazione la ricorda con il toponimo Posnuovo ed era direttamente sottoposta alla podesteria del comune di Treviso (analogamente a Musano e diversamente da Trevignano e Falzè, comprese nel distretto di Montebelluna). Era allora un centro assai povero e scarsamente abitato, con una forte presenza ecclesiastica. Signoressa infatti, già dal Medioevo si distingueva per la forte presenza religiosa; diversi infatti erano gli ordini monastici che abitavano la zona o che possedevano beni in paese, in particolar modo i canonici del Capitolo di Treviso. Nella sua storia però non gli giovò certamente la posizione lungo la via Feltrina, in quanto lo esponeva ai devastanti passaggi degli eserciti. Solo con l'arrivo della Serenissima cominciò un periodo di pace e prosperità…
LA CHIESA PARROCCHIALE DI SIGNORESSA (1854)
…Signoressa già dal Medioevo si distingueva per la forte presenza religiosa; diversi infatti erano gli ordini monastici che abitavano la zona o che possedevano beni in paese, in particolar modo i canonici del Capitolo di Treviso…
Inizialmente la chiesa era una semplice cappella dedicata alla Madonna Assunta e a Santo Osvaldo e collegata a quella di Musano: insieme faceva capo alla Pieve battesimale di Postioma. Musano e Signoressa rimasero unite per diversi secoli e come per Trevignano e Falzè, non mancarono anche qui disaccordi per la riscossione del beneficio. Nel 1480 infatti, la popolazione costretta a vivere miseramente anche a causa dalle calamità naturali che si erano abbattute sulla zona, si rifiutò di pagare la luminaria che ardeva perennemente in chiesa. Questo fece irritare il vescovo che decise così di impedire lo svolgimento di qualsiasi funzione nella chiesa sino al 1564.
Per molti secoli, la chiesa del paese versò quindi in pessime condizioni. Monsignor Molin nel 1603 a seguito di una sua visita pastorale, rileva che la chiesa si presenta in disordine ed in stato di semiabbandono e con il tetto di paglia che perde acqua. Nel 1777 anche il vescovo diocesano rileva che la chiesa è piccola, vecchia ed in pessime condizioni. Dopo quest'ennesima constatazione viene deciso di dare quindi inizio ad una nuova parrocchiale. La posa della prima pietra avviene nel 1854 e la chiesa viene ultimata nel 1858. La prima impalcatura orchestrale e le decorazioni interne vengono poi eseguite tra il 1910 ed il 1912, mentre l'ampliamento con l'aggiunta delle due navate laterali risale al 1929. Il campanile, i cui lavori iniziarono nel 1896, fu ultimato cinque anni più tardi, nel 1901.
Lasciamo ora la chiesa, andiamo avanti per circa 70 metri. Passiamo il passaggio a livello e subito dopo entriamo a sinistra in Via Stazione. Andiamo avanti per 200 metri e quindi giriamo a destra su Via San Pio X. Facciamola tutta per 300 metri sino a giungere all’incrocio con la strada regionale Via Feltrina. Giriamo a destra e poco oltre abbandoniamo la regionale ed entriamo a sinistra. In fondo alla via, ecco Villa Bruna.
VILLA BRUNA
Si tratta di una villa oggi di proprietà privata risalente al XIX sec. Questo edificio fu anche vecchia sede della scuola materna.
Diamo ora le spalle a Villa Bruna e poco dopo, giunti sulla regionale giriamo a sinistra. Facciamo circa 200 metri e procediamo sino al semaforo e quindi svoltiamo a sinistra. Poco dopo alla nostra destra prendiamo vic. Michelangelo. Attenzione, apparentemente la via sembra finire, ma noi a ridosso di un cancello teniamo la destra e procediamo sullo sterrato! La facciamo tutta per circa 350 metri e quindi svoltiamo a sinistra su Via Carso. Procediamo tra curve e campagne intramezzate da qualche isolata abitazione per circa 1,6 km sino a giungere ad un piccolo incrocio ove giriamo a destra. Facciamo 800 metri su via Sile e quindi giriamo a sinistra. Altri 400 metri e ancora a sinistra e quindi altri 100 metri e ancora a sinistra. Costeggiamo il retro di una grossa fabbrica per circa 400 metri e quindi giriamo a destra. Di lì altri 150 metri sino a ritrovare la regionale. Lì svoltiamo a sinistra. Ecco che dopo circa 200 metri sulla sinistra ci troveremo davanti alla chiesetta di Sant’Elena.
LA CHIESETTA DI SANT'ELENA
L'intitolazione a Sant' Elena Imperatrice, madre di Costantino, fa pensare a un'origine antichissima, forse fondata da alcuni militari romani attorno al IV secolo. Annesso alla cappella vi era un tempo un ospizio per soldati e viandanti, demolito nel Cinquecento.
Lasciamo ora la chiesetta di Sant’Elena e dirigiamoci a nord sulla regionale. Fatti circa 100 metri lasciamo questa pericolosa strada per entrare in Via Piavesella. All’inizio un gruppo di fabbriche non fa certo da degno contorno al nostro percorso, ma superate le stesse si procede per 500 metri sino ad attraversare il canale della Vittoria di Ponente. Facciamo altri 300 metri e giungiamo ad un bivio. Entriamo a destra in via Vittoria. Facciamo circa 200 metri e all’altezza del canale giriamo a sinistra. Corriamo a ridosso del canale per circa 400 metri e poi la strada svolta a sud e quindi a sinistra. Procediamo ancora per circa 400 metri e all’incrocio giriamo a sinistra in Via G.Toniolo. Siamo qui sul retro di Villa Favaretto. Facciamo 50 metri e poi a sinistra su Via Alloro. Facciamo 100 metri e giriamo a sinistra in Via Villette. Altri 50 metri e sulla sinistra ecco Villa Coletti. Altri 50 metri e sempre sulla sinistra ecco Villa Favaretto!
VILLA FAVARETTO
Un tempo questa villa costituiva un'unica proprietà con la limitrofa villa Coletti. Realizzata, probabilmente, nel XVIII secolo, è composta dalla casa domenicale, una barchessa e un rustico usato un tempo come stalla. Gli edifici sono immersi nel vasto parco costituito da una grande varietà di alberi ad alto fusto e delimitato da un muro intonacato concluso da una corona in laterizi a vista con sezione semicircolare. Gli accessi sono due: il principale, a sud, è un grande cancello in ferro sostenuto da pilastri circolari raccordati da ali curve al muro; l'altro è un ingresso solo pedonale. Le costruzioni si dispongono isolate l'una dietro l'altra in direzione sud-nord, con la casa domenicale più vicina alla strada, la barchessa nel mezzo e, infine, il rustico.
Procediamo ora e dopo aver tenuto alla nostra sinistra una bella rappresentazione della grotta di Lourdes, procediamo su Via Vigna.
Subito dopo a sinistra ecco Casa Coletti.
Fatti altri 450 metri circa, al civico 36 ecco Casa Coletti – Previdero.
Procediamo ora la nostra marcia e seguiamo via Vigna per altri 150 metri sino a giungere alla rotonda. Giriamo a destra. Siamo ora in Via Castello! Facciamo 450 metri e alla nostra destra ecco il capitello di Sant’Antonio.
Procediamo quindi su Via Castello per 200 metri ancora e poi su a sinistra. Avanti per circa 50 metri e poi a destra sulla provinciale. Siamo ora in Via Canova. Altri 350 metri sino a riprendere la grotta di Lourdes. Avanti ancora 80 metri e poi andiamo a sinistra su via chiesa. Poco più avanti alla nostra sinistra ecco il complesso parrocchiale di Musano.
La chiesa parrocchiale di Musano ha origini molto antiche. Era una delle cappelle che dipendevano dalla Pieve di Postioma ed era dedicata a San Martino di Tours e San Sisto II Papa. Sin dal 1184, il suo beneficio era goduto dai canonici del Capitolo di Treviso, ma a partire dal 1500, una bolla papale, trasferì il beneficio a favore della famiglia Banfio. Il Banfio mise un vicario a rappresentarlo e tale situazione perdurò sino al 1700. Nel 1770 venne costruita quella che è l'attuale chiesa e dieci anni più tardi fu eretto il campanile. In tale periodo venne nominato anche il primo Parroco, Don Gian Maria Mogno. Comunque solo nel 1779 la chiesa venne consacrata ai Santi Martino e Sisto. A quest’ultimo sin dal 100 era dedicata la “chiesetta” ai margini del paese che vedremo più avanti. All'interno, va citato il tabernacolo dell'altare maggiore, attribuito a Giorgio Massari.
VERSO SAN SISTO…
Teniamo la chiesa parrocchiale sulla nostra sinistra e procediamo a sud in via Mercato. Facciamo circa 350 metri e quindi svoltiamo a destra in via San Martino. Facciamo circa 200 metri e quindi a sinistra in Via San Sisto. Poco oltre ecco il cimitero. Proseguiamo per circa 700 metri ed ecco sulla nostra sinistra la chiesetta di San Sisto.
È un edificio antichissimo che affonda forse le sue radici in epoca paleocristiana. Nel Quattrocento vi sorgeva attorno un piccolo centro abitato, forse il primo insediamento di Musano, presto però abbandonato a causa delle devastazioni portate da soldati di passaggio. Dal 1481 venne progressivamente abbandonato a favore del centro attuale.
SULLA STRADA DEL RITORNO…
Con la chiesetta di San Sisto si conclude il nostro viaggio alla ricerca delle bellezze storico, artistiche e naturalistiche di questo territorio. E’ ora di tornare al centro di Trevignano e quindi esattamente dal punto in cui siamo venuti. Lasciamo la chiesetta di San Sisto e torniamo indietro in direzione nord per circa 100 metri. Prendiamo a sinistra vicolo san Sisto. Facciamo circa 1,5 km e quindi svoltiamo a sinistra. Siamo ora in via San Gherardo. Facciamo quindi circa 200 metri e quindi a destra in direzione nord. Facciamo 900 metri e quindi all’altezza della grande fungaia, giriamo a destra e subito a sinistra. Qui attraversiamo il canale della Vittoria di Ponente. Procediamo per circa 50 metri e quindi a sinistra. Altri 900 metri e all’incrocio giriamo a sinistra. Ancora 400 metri e quindi a destra su Via Madonnette. Percorriamo questa via per circa 300 metri e quindi svoltiamo a sinistra. Siamo in Via Belvedere, via che faremo per circa 500 metri. All’incrocio giriamo a sinistra e quindi subito a destra. Siamo in via Piave. In su per 450 metri e all’incrocio con la provinciale giriamo a sinistra. Facciamo 350 metri e al semaforo andiamo a destra. Qualche metro ed eccoci tornati alla chiesa parrocchiale di Trevignano, il nostro punto di arrivo!