IL CANALE DEL BOSCO
tra Crocetta, Montebelluna e Giavera
CARATTERISTICHE TECNICHE: LUNGHEZZA KM. 16 - il percorso si snoda su un terreno quasi del tutto asfaltato sul versante meridionale del Montello. Consigliato in tutte le stagioni. Tempo di percorrenza: 1 ora e 20 minuti
Il canale del Bosco, è un canale artificiale realizzato nel 1500 per deviare attraverso la Brentella di Pederobba l’acqua del Piave e portarlo sui territori a sud del Montello ( Biadene, Volpago, Giavera del Montello ecc. ). L’acqua del Piave all'altezza di Fener di Alano di Piave, attraverso il Brentella, scorre parallelamente al Piave e, poco dopo Crocetta del Montello, si dirama nei canali detti di Caerano e del Bosco. Il primo, che è il principale, attraversa gli abitati di Caerano di San Marco e Montebelluna e, poco prima di Trevignano, si divide in canali minori; l'altro lambisce il versante sud del Montello e sfocia nel canale della Vittoria di Ponente a Giavera.
Partiamo allora! Il nostro viaggio ha inizio nell’area antistante il Municipio di Crocetta. Diamo le spalle al municipio e quindi usciamo a destra dopo il semaforo. Scendiamo a sud e sul nostro lato destro ecco lo scorrere imponente delle acque del Brentella.
Facciamo circa 300 metri. Alla nostra sinistra dall’altra parte della strada ecco il punto di inizio del Canale del Bosco. Noi non lo vediamo perché il primo tratto corre sotto la strada. E’ il punto in cui il Brentella svolta decisamente a destra con una curva secca. Siamo nei pressi di Villa Sandi Sernagiotto Cassis.
VILLA SANDI
Splendido edificio di stile palladiano risalente al 1622. La Villa è inserita fin dalle sue origini in un paesaggio fertile con campi e strutture agricole, che oggi come allora rende omaggio alla storia del luogo. L'ingresso è indicato da un elegante viale, accompagnato da statue del celebre scultore veneto Orazio Marinali, le cui opere decorano anche il timpano e il giardino retrostante; un imponente pronao, sostenuto da quattro colonne ioniche, orna il corpo principale dell' edificio, ai cui lati si estendono due barchesse porticate e una piccola chiesa. La villa, patrimonio culturale della terra trevigiana, è un felice esempio di quel connubio tra arte e agricoltura che ha caratterizzato il paesaggio veneto dei secoli passati.
Noi procediamo di lì sulla provinciale per circa 900 metri sino a vedere sulla nostra sinistra Via Fantin e il ristorante “Casa Brusada”. Sul crocicchio ancora una volta segni a memoria della guerra. Giriamo a sinistra e dopo 50 metri passiamo il ristorante. Sul suo retro, passando per un brevissimo tratto nell’area privata di servizio del ristorante stesso, ecco un passaggio. Tratto breve ma davvero sorprendente questo. Sterrato puro verso il Montello!
Facciamo così circa 300 metri sino all’incrocio ove ancora in terreno sterrato, gireremo a destra. Corriamo ora con le ultime “rive del Montello” alla nostra sinistra.
E’ da qui che iniziamo la nostra cavalcata nella “stradona del Bosco”. Una strada che ci condurrà sino a Giavera del Montello.
LA STRADONA DEL BOSCO Una strada, anzi una stradona, una lunga strada che costeggia il bosco. E’ il grande Bosco del Montello. Sappiamo che il Montello conservò la sua importanza di bosco per tutto il Medio-Evo, ma solo più tardi, durante il periodo della Repubblica Veneta ricevette particolari cure e attenzioni. La Serenissima infatti ebbe particolarmente a cuore il bosco del Montello e già nel 1471 fece proclamare la famosa legge del “bando” espropriando i margini boschivi dai privati che se ne erano parzialmente impossessati, affidandone la custodia ai Comuni. Il Montello divenne così riserva dell’Arsenale. Nel 1515 i tredici comuni vicini al bosco venivano obbligati a provvedere alla sua custodia. Un bando del 1519 poi ordinava ”la rovina di tutte le fabbriche del Montello”, ovvero la demolizione di tutte le costruzioni erette sul Montello. Contro le pretese di numerosi privati che vantavano diritti di proprietà all’interno del bosco, il 28 Gennaio 1592 il Consiglio dei Dieci ne deliberò la completa assunzione alla proprietà pubblica e la definizione dei confini, con la sola eccezione del Convento dei Certosini, dell’Abbazia di Nervesa e della Chiesa di Giavera. Nel 1592 furono quindi definiti i confini del bosco attraverso la collocazione di cippi di pietra confinari, se ne tracciò la mappa e dopo aver eliminato le vigne abusive e i castagni, si procedette la rimboschimento mediante semina di ghiande. Una fitta sequela di leggi, decreti, ”terminazioni ” doveva garantire l’integrità del bosco per tutto il periodo della Repubblica. Il Montello era un bosco ben delimitato a nord dal corso del fiume Piave e a Sud da uno stradone di esclusiva proprietà erariale (lo Stradone del Bosco) e da un fosso al quale nel 1788 venne aggiunta una siepe viva. Ecco dunque: lo stradone del bosco vecchio di oltre 400 anni nasce prima di tutto con lo scopo di determinare un confine al bosco del Montello nel suo versante sud. Con il tramonto della Repubblica di S. Marco tutto il patrimonio boschivo subì un gravissimo danno: si abbatterono per es. numerosissime querce. Il Montello tuttavia conservava ancora la sua importanza e un decreto del 27.5.1811 del Governo Italico (dominio francese) ridusse il bosco a demanio statale. Si suddivise quindi il Montello in 20 prese marcate con cippi di pietra e si ordinò, tra l’altro, tagli di querce senza provvedere alla loro sostituzione. Il secondo periodo del governo austriaco che seguì (1815-1866) frenò in parte il disordine boschivo. Il manto boschivo del Montello riprese vigore e splendore ma questa felice situazione non doveva durare molto perché dopo appena 26 anni di Regio Governo Italico, nel 1892 venne decretata la vendita ai privati e, di conseguenza, la distruzione del bosco. Era la cosiddetta legge Bertolini. Tale legge, ispirata da “propositi sociali”, stabiliva che la ripartizione dei terreni rinvenuti fosse assegnata per metà alle famiglie povere dei “pisnent” e per metà che fosse venduta ai privati. “Pisnent ” era un termine che indicava gli abitanti del Montello fin dal 1600 e da qualcuno interpretato come “due volte gnente”, mentre secondo Boerio G., nel suo Dizionario veneziano, “Pisnent ” era un povero bracciante giornaliero privo di ogni diritto, che non aveva più niente da perdere (“Pisnent ” = più niente). Nel 1893 il Consorzio dei comuni stabilisce la divisione del territorio in 1224 quote e 386 poderi interessando complessivamente 2400 famiglie. Si decise e si realizzò inoltre la costruzione di 20 strade di accesso dominante “prese” che attraversano il Montello da Nord a Sud. Inutile dire che tale legge si rivelò un fallimento dato che col tempo la superficie agraria del Montello passò dai “pisnent ” in mano a speculatori che rivendettero a loro volta a coloni provenienti dagli altopiani di Asiago e del bellunese. Nacquero così i centri abitati del versante Nord del Montello: Santa Croce (1899), Santi Angeli (1904) e S. Maria della Vittoria (1925)…
Il primo chilometro della stradona del bosco corre sul versante ovest del Montello, in ambienti davvero “verdi” (bosco e acque qui sono davvero intensi!).Così sino a Pederiva.La primissima parte è sterrata e lascia gradualmente lo spazio all’asfalto.
Un km dopo si giunge nei pressi dell’abitato di Biadene, nella sua estremità est per la verità. Continuiamo la pedalata e raggiungiamo dopo circa 400 metri il complesso di Villa Correr Pisani che possiamo ammirare dal retro della struttura.
VILLA CORRER PISANI A partire dal sesto decennio del '600 Anzolo Correr, grande diplomatico e procuratore di S. Marco, intraprende un'intensissima attività fondiaria a Biadene che culmina con la costruzione di un Palazzo Dominicale il cui assetto ci viene fedelmente restituito dalla mappa dello Spinelli del 1681. La dimora, centro di attività economiche ben testimoniate dalle destinazioni d'uso delle sue cellule, assume, sin dall'inizio, una forte caratterizzazione aristocratica, ben evidente nello splendore degli interni affrescati Tale vocazione verrà riaffermata in occasione delle nozze di Isabella Correr e Almorò Pisani, celebrate nella parrocchiale di San Vittore e Santa Lucia adornata, per l'occasione, dal saggio (L'Assunta) del giovane Giambattista Tiepolo. Dopo essere transitato, nel corso del Settecento, per i Grimani e gli Erizzo, il complesso subisce, nel secolo successivo e almeno fino alla metà del Novecento, una serie di consistenti trasformazioni che stravolgono, in parte, l'assetto originario. È in ogni caso significativo constatare come, negli ultimi due secoli, i locali della villa abbiano assunto una funzione sempre più protesa all'accoglienza socio-umanitaria (Croce Rossa veneziana, Società Umanitaria di Milano, Asilo antimalarico, ospedale militare, orfanotrofio, sede di istituzioni benefiche e religiose) favorendo così quello straordinario mix di vocazioni-culturali e sociali che ancora persiste e ne sostiene l'identità. La chiesetta, recentemente restaurata, è ora una sala teatrale intitolata allo storico biadenese "Roberto Binotto".
Sulla strada...
Riprendiamo il viaggio! Circa 1,3 km più avanti siamo in località Florida e dopo altri 1,7 km siamo nei pressi della frazione di Venegazzù. Siamo entrati nel territorio geografico del vicino comune di Volpago del Montello.
Curiosità: Venegazzù è anche il nome di un vino! Così afferma la Treccani: “Nome di un pregiato vino rosso da tavola prodotto in quantità molto limitata nella zona di Venegazzù (una frazione del comune di Volpago del Montello in prov. di Treviso) da una scrupolosa selezione di uve dei vitigni cabernet sauvignon, cabernet franc, merlot e malbec, e maturato in botti di rovere per almeno tre anni: ha colore rosso rubino con riflessi violacei, profumo intenso con sfumature variabili tra la nocciola, la rosa e il muschio, sapore morbido e vellutato, gradazione alcolica di 13°; è un vino adatto alle carni rosse e in partic. alla selvaggina. Con uve chardonnay e pinot nero viene prodotto anche un vino spumante, secco, fermentato con metodo champenois.
Dopo circa 2,7 km siamo a Volpago del Montello! Ma andiamo avanti ancora.
VOLPAGO DEL MONTELLO
Il territorio che a metà del nostro percorso disegna il ritmo delle nostre pedalate è quello del Comune di Volpago del Montello: conosciamone un po’ la sua storia! Diverse sono le convinzioni in merito all'etimologia di Volpago. Secondo la tradizione popolare il nome Volpago significherebbe "paese delle volpi". Un'interpretazione più rispettosa della documentazione storica esistente, in cui il toponimo viene sempre registrato come "BOLPAGUS", ci porta a scindere Bolpagus nella radice "bol", termine di probabile origine tardo-barbarica, avente il significato di "terra rossa" e nel suffisso "pagus" che esprime il concetto latino di paese. In sintesi dunque, storicamente, il nome Volpago avrebbe il significato di "paese della terra rossa" e la conformazione geologica del terreno lo conferma innegabilmente. Nei primi secoli del Mille Volpago diventa capopieve, Selva la sede del castello più importante della zona, quello dei Vidoti, (o Guidoti) imparentati con molte famiglie di spicco del medioevo Veneto. Quando Treviso accettò di sottomettersi alla Repubblica Veneta, Volpago venne annessa alla Podesteria di Treviso.
Durante il dominio Veneto si sviluppò l'occupazione agricola con l'introduzione della coltivazione del granoturco e l'allevamento del baco da seta e nel territorio si stabilirono numerose famiglie trevigiane e veneziane che vi costruirono la loro residenza di campagna. Alla caduta della Serenissima seguì un periodo di confusione, dopo lo stravolgimento di ordinamenti sociali, rurali, amministrativi e religiosi che erano durati più di quattro secoli. Con le nuove disposizioni napoleoniche si frantumò l'unità della comunità del Montello e si applicò il modello francese dei comuni. L'era industriale nacque per tempo a Volpago, per iniziativa di una delle più prestigiose famiglie del paese: la famiglia Gobbato, che dal 1870 fu protagonista della realtà protoindustriale locale. Accanto alle due ville di questa famiglia, furono costruiti rispettivamente una filanda ed uno stabilimento bacologico. In entrambi trovarono impiego centinaia di ragazze provenienti anche dai paesi limitrofi. A cavallo del secolo scorso, Volpago fu uno dei centri più attivi nell'allevamento del baco da seta, nella lavorazione dei bozzoli e nella produzione del pregiato tessuto. Fra gli ultimi decenni dell' '800 ed i primi del '900, una generalizzata situazione economica precaria provocò una massiccia fase migratoria, soprattutto verso il Sud America. La consistenza delle partenze arrivò quasi a dimezzare la popolazione residente. Sulla parte montelliana del territorio comunale che guarda il Piave, numerosi siti rinviano la memoria al primo conflitto mondiale (1915-1918) che proprio in questa località ebbe uno dei passaggi determinati verso la conclusione. Qui fu combattuta la Battaglia del Solstizio (15-23 giugno 1918), battaglia con la quale iniziò il ripiegamento delle truppe autro-ungariche e la rotta dell'esercito asburgico che portarono all'armistizio del 4 novembre 1918. Anche il secondo conflitto mondiale fu qui particolarmente tragico con rastrellamenti nazi-fascisti e numerosi caduti nelle Campagne di Africa e di Russia...
E dopo altri 1,4 km eccoci a Selva del Montello.
SELVA DEL MONTELLO
Selva sorge ai piedi del versante meridionale del Montello. Gli unici corsi d'acqua degni di nota sono di origine artificiale: si tratta del canale del Bosco, che scorre lungo il margine della collina, e del canale della Vittoria di Ponente, a est. L'attuale Selva si è formata nel medioevo dall'unione di quattro antichi villaggi ben distinti, ciascuno con un proprio luogo di culto di riferimento: Selva stessa (San Silvestro), Lavaio (Santa Cecilia, a sudovest), Arson (San Nicolò, lungo le pendici del Montello) e Castagnè (San Vitale, a sudest). Nel 1341 le quattro comunità furono riunite sotto un'unica parrocchia.
Stiamo per giungere in un luogo davvero interessante ora: da queste parti un tempo c’era un castello, il Castello dei Vidoti. Bella la ricostruzione fatta con l’immagine che segue…
Selva era la sede del castello più importante della zona, quello dei Vidoti, (o Guidoti) imparentati con molte famiglie di spicco del medioevo Veneto.
Lo stradone e il relativo canale del bosco ormai sta per giungere al termine.
Lo perdiamo un po’ di vista, ma è in località Giavera nei pressi di un bel capitello votivo che lo andiamo a riprendere.
Siamo ora in via della Vittoria e ci stiamo dirigendo verso il Centro di Giavera del Montello. Abbiamo abbandonato lo stradone del bosco e ci prepariamo ad affrontare il corso del canale del Bosco che qui a Giavera del Montello volge decisamente a sud. E’ in via della Vittoria che chiudiamo il nostro viaggio