ONE' DI FONTE E FONTE
Caratteristiche tecniche del percorso
Lunghezza : km. 16,5
Difficoltà : facile ( a parte via San Nicolò – numerosi Sali e scendi)
Stagioni:primavera ed estate.
IL COMUNE DI FONTE
Onè di Fonte e Folte Alto, due posti con lo stesso nome, ma con caratteristiche diverse. Onè di Fonte, la parte bassa del nostro viaggio deve il suo toponimo a “ fonte” indicante luogo evidentemente ricco di acque e da quello strano “Onè”. Cosa significa allora Onè? Onè è la trasposizione dal veneto del termine “orner” nome con cui si chiamava soprattutto in passato, l’ontano. Quindi una zona ricca di acque e di ontani, legno importante se solo si pensi al fatto che le palafitte su cui la stessa Venezia sorge sono di ontano.
Un po’ di storia. I primi abitanti dell'attuale territorio del comune di Fonte furono probabilmente i Neolitici i quali avrebbero trovato rifugio nelle grotte delle colline asolane e sarebbero stati protagonisti di una civiltà che aveva nella lavorazione della pietra il carattere dominante. Lo attestano le numerose testimonianze giunte fino a noi e che si possono far risalire ad un periodo stimato tra i 5.000 e i 2.500 anni prima della nascita di Cristo. Ma forse questi antichi abitanti potrebbero essere stati preceduti da altri che avrebbero fissato qui il loro insediamento, in quanto la posizione del territorio, l'esposizione al sole delle colline, la presenza di corsi d'acqua e le numerose sorgenti potevano averlo favorito. Notizie precise riguardanti l'attuale territorio del comune di Fonte si hanno tuttavia solo a partire dalla presenza qui di Roma. In quel tempo il territorio dell'attuale comune di Fonte apparteneva sicuramente alla centuriazione del "municipium" di Asolo e ciò è confermato dai numerosi ritrovamenti archeologici risalenti a quell'epoca. Il più interessante di questi, è quello di una pietra trovata in località "Signoria": la famosa "Lapide di Velleio", ora conservata nel Museo Civico di Asolo. In questa stele funeraria, sopra l'effige a mezzo busto del defunto, che in origine era affiancata da quella di sua moglie è scolpita l'iscrizione "VELLEIUS T.F. FABI SIBI ET M.V.". Altri e importanti sono i ritrovamenti avvenuti in quest'area e risalenti all'epoca romana, fra i quali l'iscrizione funeraria di Tito Firmino ("T. FIRMUS T.F. TARVISANUS SIBI ET SUIS"), il "cippo funerario di Manio Nevidio Faino", rinvenuto dall'abate Fusinari verso il 1878 e che lo storico Luigi Camavitto, studiandone le vicende, afferma provenire dalle rovine del castello di Fonte, distrutto dai Trevigiani nel 1260, alla fine delle lotte che portarono alla eliminazione cruenta della potente famiglia degli Ezzelini. L'importanza dell'Asolano, e quindi anche di Fonte, aumentò dopo che i Romani costruirono la "via Aurelia", che, collegandolo a Padova, ne favorì lo sviluppo economico. Infatti di qui, lungo questa strada, transitavano tutti i traffici commerciali asolani, specialmente quello della lana, diretti a Padova, il grande centro dove fioriva la lavorazione ed il commercio di questo prodotto. Di conseguenza aumentava, per la sua posizione geografica e strategica, anche l'importanza militare dell'intera area asolana, così che i Romani decidevano di fortificarla e di inserirla nelle grandi opere di difesa del territorio per prevenire e contenere le eventuali incursioni di popoli provenienti da al di là delle Alpi. Queste fortificazioni, in seguito alla decadenza e alla fine dell'Impero romano d'Occidente, non riuscirono tuttavia a fornire una adeguata ed efficace protezione agli abitanti di queste zone al sopraggiungere delle grandi invasioni barbariche, fra le quali, nel 452, quella disastrosa di Attila, re degli Unni, che secondo la tradizione incendiò e distrusse Asolo. Nel 568, in una drammatica situazione di sfascio e di abbandono, calarono in Italia i Longobardi guidati dal loro re Alboino. Questo popolo, dopo aver conquistato il Friuli e occupato anche tutto il Veneto, si stanziarono anche nell'Asolano, ne compresero l'importanza della sua posizione strategica e costruirono una fascia fortificata per proteggerla. L'invasione dei Longobardi era stata scarsamente ostacolata dalle popolazioni locali e dagli stessi Bizantini, che allora dominavano queste contrade, perché l'avevano considerata temporanea come quella di altri popoli che li avevano preceduti. Era invece tutto un popolo che calava sulle nostre contrade, un popolo feroce e guerriero e come tale aveva saputo scegliere tutti quei luoghi, certamente già noti ai Romani e ai Goti, che potevano rappresentare punti strategici per il possesso e la difesa della zona, capaci di proteggere validamente le loro conquiste. Molte sono le testimonianze che confermano la presenza longobarda in quest'area, fra cui, la più importante, è quella del ritrovamento a Castelcucco, nei pressi del suo Municipio, di tombe ad inumazione e del loro interessante corredo funebre. Altro segno della presenza di questo popolo nell'Asolano, è la dedicazione di una chiesa a San Martino. E’ il santo guerriero maggiormente venerato dai Longobardi, il cui culto si accompagna sempre ai toponimi che da loro traggono origine e che sono situati lungo la fascia pedemontana tra il fiume Astico, in provincia di Vicenza, ed il Piave. Il dominio dei Longobardi, anche su questi territori, durò quasi due secoli e precisamente fino all'arrivo in Italia di Carlo Magno, che, chiamato da papa Adriano I, li sconfisse nel 776 e divenne signore dei loro possedimenti. Scarse sono le notizie di Fonte in questo periodo, finche il suo nome viene citato nel 1009 in una lettera dell'imperatore Enrico, in cui, egli dona a Gerardo Maltraversi, suo cavaliere, i castelli di Pagnano e di Fonte posti nell'Asolano. La Repubblica Veneta, nell'attuare la sua politica di espansione in terraferma, dopo la perdita di molte città e possedimenti d'Oltremare, nel 1339 occupò tutta la "Marca Trevigiana". La Serenissima riorganizzò amministrativamente tutti i suoi nuovi territori e assegnò Fonte alla podesteria di Asolo. Il dominio di Venezia portò in questi territori un lungo periodo di pace e un relativo benessere, interrotto solo nel 1509 dalla guerra sostenuta dalla Repubblica Veneta contro i collegati della Lega di Cambrai. Nel 1797, quando la potenza di Venezia era già in declino, Napoleone Bonaparte, alla fine della sua prima campagna d'Italia, pose fine alla gloriosa Repubblica con il Trattato di Campoformido. Seguirono anni in cui le occupazioni francesi ed austriache si alternarono, finché nel 1815, dopo la pace di Vienna, tutto il Veneto venne assegnato agli Asburgo che lo inglobarono nel regno Lombardo-Veneto Il dominio austriaco durò fino al 1866, quando anche la popolazione di Fonte, alla fine della terza guerra per l'indipendenza italiana, aderì plebiscitariamente al regno d'Italia di Vittorio Emanuele II e da allora la sua storia si fuse con quella di tutta la Nazione.
Partiamo allora per questo viaggio in questi luoghi così intrisi di storia! Il punto di partenza del nostro viaggio è la parrocchiale di Fonte.
LA CHIESA PARROCCHIALE DI FONTE
E’ in realtà un santuario, quello della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo. In questa località,Fonte, chiamata Villa plana, nel 1600 la nobile famiglia dei Conti Badoer di Venezia vi costruì la sua villa di campagna,che oggi è una casa delle suore,e vi eresse anche una chiesetta dedicata alla Madonna del Carmina. Era un oratorio che poteva contenere una quarantina di persone ed era situato alla destra del portone di entrata della villa, lungo l'attuale strada statale. Poiché la campagna di Oné si popolava sempre di più, essendo la chiesa parrocchiale lontana, la famiglia Badoer, verso la metà del 1700 diede il permesso ai villici della zona di partecipare alla messa festiva nel proprio oratorio. L'ultima superstite della famiglia Badoer, la contessa Marianna, verso il 1870 donò la villa al parente Mons.Pederico M. Zinelli, allora vescovo di Treviso. Morto Mons. Zinelli, sua sorella Elena nel 1881 cedette la proprietà della villa Badoer con il terreno adiacente a Mons. Giovanni Battista Mander, ex-segretario particolare di Mons. Zinelli. Mons. Mander cominciò a frequentare la zona e resosi conto del bisogno religioso della gente (0né contava allora sulle 400 persone), cominciò a venire, di sabato, per celebrare la messa nella chiesetta della villa. Prima della presa di possesso di mons. Mander l'oratorio era curato dal parroco di Fonte che assicurava una messa ogni domenica e curava il catechismo.Lo stesso parroco aveva scritto al vescovo che la chiesetta era piccola per la popolazione e aveva bisogno di riparazioni. Mons.Mander, accogliendo le richieste della popolazione e avendo delle possibilità economiche, nel gennaio del 1886 iniziò la costruzione della nuova chiesa. Il vecchio oratorio allora fu demolito. Di questa chiesetta si conserva il quadro dell'altare, che rappresenta la Madonna che appare a S. Simone Stok e gli consegna lo scapolare e un angelo indica il monte Carmelo.. La statua della Madonna dell'altare maggiore della nuova chiesa fatta venire da Napoli, raffigurava la Madonna del suffragio mentre scende nel purgatorio accompagnata da due angeli, per liberare le anime. Era fatta di cartapesta ed è andata distrutta. Nel febbraio de1893 fu fondata la confraternita della Madonna del Carmine. L’ altare maggiore fu eretto nel 1896 con i resti dei marmi della tomba del papa Pio X. I due altari laterali sono un piccolo capolavoro di cemento e pietruzze, molto ben lavorati.
Lasciamo la chiesa; ora il nostro obiettivo sono le rovine del castello di Fonte. Saliamo quindi a destra su via San Nicolò e procediamo in salita in mezzo agli ulivi e ai soli.
Questa pare francamente un lembo della dolce Toscana.Così per circa 1,5 km ed ecco davanti a noi in lontananza delle mura ben visibili da sotto se guardiamo anche alla casa che ne fa da punto di riferimento.
Ora, con lo sguardo rivolto a questa casa noi guardiamo a sinistra, una stradina sterrata ci permette di salire. La prendiamo e poco dopo raggiungiamo la casa che vedevamo da sotto. A sinistra e quindi dentro all’area del vecchio castello.
IL CASTELLO DI MONTE SAN NICOLO’
Il castello era posizionato sulla cima del Monte San Nicolò. Le sue rovine costituiscono la testimonianza più importante dell’epoca medievale: sono ancora visibili i resti dell’imponente muraglione di contenimento in pietra, costruito per creare la grande spianata a sud, e , sulla sommità le rovine del grande torrione e di parte delle mura del castello.
Un alone di mistero e magia ha da sempre caratterizzato questo sito che ha restituito la stele del romano Nevidio, segno che questo territorio fu abitato fin dall’antichità. Inizialmente doveva essere una sorta di avamposto, poi vista l’importanza strategica del luogo, nel corso del Medioevo, fu fortificato e trasformato in un castello vero e proprio. Fu prima dei Maltraversi e poi dei da CamposampieroLe vicende di Ezzelino dal 1228 al 1259, furono le ultime epiche imprese di lotta armata, che interessarono questa zona: in seguito alla disfatta degli Ezzelini, il castello fu distrutto, le sue rovine furono usate per costruire case, e Treviso pose il vincolo perpetuo che lassù non si dovesse più costruire nulla.
Scendiamo allora e riprendiamo la strada principale. Continuiamo quindi su via San Nicolò per circa 600 metri. Giriamo quindi a sinistra su Via Fontanazzi e procediamo per circa 800 metri. Eccoci dunque a un piccolo borgo segnato dalla presenza di un altro bel capitello votivo.
Avanti ancora per 600 metri sino ad entrare a destra.E’ via Rovai, via che percorriamo per circa 250 metri e poi a destra sullo sterrato per quasi 1 km fino a prendere a sinistra Via Menegoni che facciamo per circa 1,2 km. Giunti al successivo incrocio noi giriamo a sinistra; dopo 300 metri noi teniamo la destra per altri 800 metri. Ora la via si chiama Cacciatori. Arriviamo in Via Orfanotrofio e giriamo a destra. Altri 120 metri e siamo in via San Pio X. Poco oltre ecco Villa Persicini.
VILLA PERSICINI
Villa costruita dai conti Fietta verso il 1800, è ricordata in particolare perché ospitò il Re Vittorio Emanuele III.
Andiamo ora a sinistra in via delle acque per circa 400 metri e quindi a destra in direzione sud su via San Paolo. 500 metri e quindi a destra, avanti altri 150 metri e quindi a sinistra in via Asolana. Andiamo in direzione sud per da Via San Pio X per circa 2 km sino a vedere sulla nostra sinistra l’ingresso per via Signoria. (E’ indicata come via senza uscita ma non preoccupiamocene).Entriamo e facciamo circa 300 metri e poi giriamo a destra. Scendiamo ancora per circa 250 metri tenendo la direzione ovest. Usciamo ancora sulla principale in discesa per altri 200 metri e giriamo a sinistra in Via Mulino. Facciamo circa 400 metri e alla nostra sinistra una bella abitazione. Noi teniamo la destra e scendiamo ancora. Altri 300 metri e poi a sinistra in Via Belli per altri 1,1 km sino all’altezza di un bed and breakfast. Noi giriamo a sinistra in direzione nord. Questi sono i paesaggi.
In direzione nord per altri 600 metri e quindi a sinistra in Via Malcanton .E’ da qui che possiamo vedere l’imponente giardino di Ca’ Pasini.
CA’ PASINI
Si tratta di un palazzo veneziano del 600 suddiviso in tre piani dotato inoltre di un bel oratorio, una barchessa e le scuderie che sono oggi destinate ad uso agricolo E’ una villa da generazioni di proprietà della nobile famiglia veneziana dei Pasini.
Ma riprendiamo il nostro viaggio. Usciti dalla villa si entra tenendo il nord in Via Piovega, l’antica via di origine romana. Teniamo la sinistra e procediamo per circa 250 metri. Usciamo quindi sulla provinciale e teniamo la sinistra. Ci attende una bella discesa sul lato sinistro della strada allietata da una bella pista ciclabile. Scendiamo quindi per circa 1,2 km sino a vedere alla nostra sinistra una ripida salita disegnata dai cipressi. La prendiamo. Stiamo per andare a vedere la chiesa di Fonte Alto. Facciamo quindi questa importante salita per circa 200 metri ed eccoci ad ammirare dall’alto, Fonte e i suoi dintorni, segnati dalla costante presenza di ulivi.
E’ ora di fare conoscenza con questa chiesa posta qui sopra il cui accesso è disegnato da importanti salite, compresa la imponente scalinata.
LA CHIESA DI FONTE ALTO
La chiesa arcipretale dedicata ai Santi Pietro e Paolo, raggiungibile con una scalinata di 102 gradini, conserva il soffitto della navata con dipinto di Giovan Battista Canal. Costruita nel XVII sec. conserva al suo interno una lastra tombale ellittica in marmo rosa del '700. San Pietro e Paolo appunto mirabilmente visibile all’esterno della facciata principale.
E sul retro queste scarne tre croci.
Ora scendiamo dalla chiesa passando per il retro e torniamo sulla statale; ci aspetta l’ultima meta del nostro incontro con Fonte: il Municipio. Dobbiamo scendere per circa 1,7 km ed eccolo sulla nostra destra.
VILLA NERVO – IL MUNICIPIO
Oggi municipio del Comune, fu innalzata nel Settecento. Ha una pianta a "L", costituita dalla casa padronale e da due rustici, dei quali uno si dispone ortogonalmente rispetto alla villa. Un tempo il perimetro della proprietà era delimitato da un caratteristico muro di ciottoli di fiume e corsi di mattone, oggi sostituito da un basso muretto intonacato con ringhiera. Sono invece originali i due cancelli di ingresso, dei quali uno è posto di fronte alla villa, l'altro in corrispondenza della barchessa adiacente. Il fronte principale del corpo padronale, costruzione non molto grande, si sviluppa su tre piani, dei quali l'ultimo presenta il tipico sopralzo timpanato delle ville venete. Ai tre vertici del frontone si trovano tre pinnacoli culminanti con decorazioni in ferro battuto. Al centro del primo piano si dispongono simmetricamente tre monofore, delle quali quella centrale è una portafinestra completata da un poggiolo in pietra.
Ma noi scendiamo ancora per 200 metri e poi al semaforo a destra per altri 400. Siamo sul piazzale della Chiesa di Onè. Qui finisce il nostro viaggio.