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LA TREVISO OSTIGLIA

 DA TREVISO A BADOERE

LA PRIMA STAZIONE

DA SANTI QUARANTA TREVISO A BADOERE

 

Lunghezza: Andata: km. 18  (Da Santi Quaranta a rotonda di Badoere)

Ritorno riprendendo la Treviso Ostiglia da Badoere e seguendo il tratto principale della stessa, km. 12) Complessivi 30 km.

Punti di riferimento: Porta Santi Quaranta – Bojago – Quinto di Treviso – Santa Cristina – Morgano – Osai Cervara – Paludi di Canizzano – Fiume Zero di Badoere – Badoere Rotonda

Il punto di Partenza: la ex stazione ferroviaria di Santi Quaranta. Siamo a Treviso, in zona sud ovest nei pressi della linea ferroviaria e dello snodo della stessa in direzione Belluno e Vicenza.

 

LA EX STAZIONE DI SANTI QUARANTA

STAZIONE SANTI QUARANTA VECCHIA FOTO.jpe

Era una stazione ferroviaria nel comune di Treviso.  La stazione prende il nome dalla cinquecentesca porta urbana della cinta muraria di Treviso dedicata ai Santi Quaranta, martiri cristiani di Cappadocia, tutti soldati della XII legione "Fulminata", messi a morte per non aver voluto abiurare la loro fede. Posta nelle adiacenze dell'omonima porta, lo scalo serviva il Villaggio Eden e la sua costruzione fu promossa da Graziano Appiani. La sua apertura risale al 1877, con la denominazione di “Treviso San Giuseppe”. Nel 1904 muta il suo nome in “Treviso Porta Cavour”. Siamo in periodo post-risorgimentale e quindi la sua denominazione risente di questo influsso.  Nel 1938 cambia ancora nome fino al definitivo “Porta santi Quaranta, nome che porta tutt’ora. Nel corso della seconda guerra mondiale risentirà anch’essa dei bombardamenti avvenuti sulla città di Treviso. Tra il 1944 ed il 1947 la stazione viene chiusa.

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Ora diamo le spalle alla stazione e prendiamo poco oltre sulla nostra sinistra il sottopasso ferroviario (bici a mano). Lo percorriamo e poi dopo una svolta a destra, diamo inizio al nostro viaggio costeggiando la linea ferroviaria.
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Corriamo per circa 200 metri. Ecco che i nostri pedali transitano sotto il ponte ferroviario ove sopra passa la strada regionale “Noalese”.
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Circa 500 metri più avanti passiamo sul ponte di ferro che transita sopra via Paludetti e andiamo ancora avanti. Il terreno è sterrato. Circa 600 metri più avanti facciamo il sottopasso e poco oltre ci immergiamo in una piacevole area attrezzata con panchine e alberelli. Altri 500 metri ed ecco un nuovo sottopasso, questa volta su via Adige (la tangenziale nord di Treviso). E’ da questo punto in avanti che iniziano le rigogliose siepi in entrambi i lati della strada.
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Circa 700 metri più avanti siamo al primo attraversamento di strade: quella con Strada dell’aeroporto. Siamo in località Boiago.
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Attraversiamo la strada e proseguiamo.
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Sui lati della strada cominciano ad aprirsi spazi aperti.
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Giunti su strada dell’Aeroporto non proseguiamo subito dritti man andiamo a sinistra sull’asfalto: qualche metro dopo sulla destra una bella area dominata da un Capitello Votivo

 

IL CAPITELLO DI VIA DELL’AEROPORTO

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Sono disseminati in tutto il nord Italia, presentano tipologie architettoniche variegate, eretti il più delle volte come ex voto e, in alcuni casi, divenuti toponimi. Sono i capitelli, altrimenti detti " edicole votive", testimoni silenti, attraverso i secoli, di una fede radicata.  Il mese di maggio poi è il momento delle "Devozioni”, cerimonie in onore della Madonna, che si esplicitano in processioni, canti, momenti liturgici, recita del rosario.               Il capitello si trova Una piccola oasi verde, quella che attornia il secolare manufatto, creata quasi 50 anni or sono dopo averlo riportato alla luce dalla montagna di detriti e sterpaglie che lo aveva sommerso per decenni, provvedendo nel contempo al recupero degli affreschi interni risalenti ai primi dell'800 realizzati dagli "Itineranti", artisti di strada che giravano per i borghi e le ville padronali alla ricerca di qualche commissione. Nella fattispecie gli stessi che abbellirono le dimore dei Quaglia e dei Brilli padroni di queste terre appena fuori le mura cittadine. Un luogo ameno per ritemprare mente e corpo accompagnati dal gorgogliare del ruscello che qui scorre, ripulito e regimentato a regola d'arte, divenuto un "nido" accogliente per lucci e trote attirando così garzette ed aironi dal vicino Sile.


 

Ritorniamo sui nostri passi e quindi in direzione nord. Teniamo la sinistra e riprendiamo il nostro viaggio. Altri 800 metri e nuovo attraversamento: stavolta su via dei Brilli.

 

VIA DEI BRILLI

La via prende il nome dai Brilli padroni di queste terre appena fuori le mura cittadine di Treviso praticamente in località Quinto.

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Un chilometro più avanti attraversiamo via Boiago e andiamo dritti per altri 400 metri. Sulla nostra sinistra, un po’ nascosta tra i rami ecco la vecchia stazione ferroviaria di Quinto di Treviso.

 

 

LA VECCHIA STAZIONE DI QUINTO DI TREVISO

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E’ una stazione ferroviaria della dismessa ferrovia Treviso – Ostiglia, un tempo posta a servizio del comune trevigiano di Quinto di Treviso. Era situata al km 109+449 della predetta strada ferrata. L'impianto fu aperto il 28 ottobre 1941, assieme al tronco Grisignano di Zocco – Treviso della ferrovia Treviso-Ostiglia. La stazione rimase in esercizio effettivo per pochi anni. Durante la Seconda guerra mondiale, lo stabile rimase sotto il controllo della Wermacht, che se ne servì per il transito delle proprie tradotte militari e per i convogli di prigionieri. Al termine del conflitto, nel 1946, fu riaperto all'esercizio il solo tratto Treviso-Quinto di Treviso, rimesso in sesto dall'esercito americano per fini strategici, data l'instabile situazione politica a Trieste. Nel dicembre del 1947 il tratto fu definitivamente chiuso e la stazione di Quinto vide cessare le proprie funzioni. La stazione era dotata di un fabbricato viaggiatori a pianta rettangolare e a due livelli. Al piano inferiore erano posizionate le sale d'attesa di I, II e III classe, l'ufficio movimento, una lampisteria ed il deposito bagagli. Il piano superiore un tempo era riservato ad abitazione del capostazione. Nel 2011 questi locali sono abitati da privati e mantenuti in buone condizioni. L'impianto era inoltre dotato di uno scalo merci e di un magazzino merci, che risultano presenti e riadattati ad uso privato.

 

Andiamo avanti altri 500 metri. Ora a sinistra su via Ciardi per 300 metri e ora a destra in via Rosta. Siamo a Quinto.

QUINTO DI TREVISO

Il territorio e le acque. Lambito dal fiume Sile, si trova nella parte meridionale della provincia di Treviso, compreso tra Zero Branco, Morgano, Paese e Treviso. L’abitato presenta un andamento altimetrico prevalentemente pianeggiante. La bellezza del posto non può essere disgiunta dall’importantissima risorsa idrica, il fiume Sile: risorsa ambientale e paesaggistica che nei secoli ha garantito la prosperità alla zona, ancora punteggiata di innumerevoli e antichi mulini. Il visitatore non potrà restare indifferente a questi paesaggi d’acqua dai colori tenui e avvolgenti che danno riparo a innumerevoli specie vegetali e animali: aironi, cigni, gallinelle d’acqua, martin pescatori.

 

Nello stemma comunale, troncato, sono raffigurati, su sfondo azzurro e verde rispettivamente, un cippo miliare d’argento, recante il numero romano “V”, in rosso, e una fascia ondata d’argento.

Il Toponimo. Il nome, di derivazione latina QUINTUS AB URBE LAPIS, stava a designare il quinto accampamento militare partendo da Treviso. Lo stesso toponimo ne denota le antiche origini: indicava una mansio, ovvero una stazione di cambio posta a cinque miglia dalla città, probabilmente lungo la strada che conduceva a Padova attraverso LevadaLoreggia e la via Aurelia (da notare che in comune di Morgano si trova la località Settimo). Il nome Quinto viene citato per la prima volta su un documento nel 1152: a quella data esisteva dunque un agglomerato costruito intorno alla chiesa di S. Cassiano, che insieme alle chiese di Santa Cristina e S. Giorgio costituirono i poli di attrazione intorno ai quali si è poi sviluppata la comunità di Quinto.

 

Un po’ di Storia. Rinvenimenti archeologici lungo le rive del Sile testimoniano presenze umane a partire dall’età del bronzo. Questi reperti, oggi sono in gran parte custoditi presso i Musei civici di Treviso. Nell’undicesimo secolo a.C. si stabilirono qui insediamenti paleoveneti. Tuttavia è sicuramente la dominazione romana che ha lasciato testimonianze più rilevanti. Anche durante il periodo romano la civiltà era fiorente, vista anche la vicinanza al municipium di Treviso. Decaduto l’impero romano a causa delle invasioni barbariche anche le colonie romane con la loro organizzazione economica e sociale conobbero il declino. A partire dal medioevo le vicende storiche seguirono quelle della vicino Treviso. Quinto rimase legata a Treviso anche nelle epoche successive. Un documento del 992 ricorda che i vescovi avevano alcune proprietà della zona e forse anche un fortilizio; poco dopo, le località vicine sono ricordate nell'atto di fondazione dell'abbazia di Mogliano a cui furono assegnate. Tuttavia bisognerà aspettare il 1152 per vedere citato il toponimo Quinto per la prima volta: il 3 maggio di quell'anno, una bolla papa Eugenio III confermava la dipendenza della locale pieve di San Cassiano alla diocesi di Treviso. Era inoltre sede di uno dei quattro arcipretati della diocesi, al quale erano sottoposte varie altre pievi, da Istrana a San Biagio di Callalta. La pieve rimase isolata e perse d'importanza quando il centro vitale del paese si spostò più a sud, lungo le rive del Sile. L'economia del paese si basò per secoli proprio su questo fiume, soprattutto tramite l'attività molitoria. Nel XIV secolo l'antica pieve fu sostituita da una nuova chiesa intitolata a San Giorgio ed edificata vicino al centro. Il Sile la divideva in due parti e ciò comportò non pochi problemi, legati alla difficoltà di comunicazione tra i due luoghi divisi dal fiume. La divisione naturale del luogo rese opportuna l’edificazione di una seconda chiesa nel XIV secolo. La Serenissima potenziò ulteriormente l'economia agricola di Quinto e qui si stabilirono numerosi proprietari terrieri ergendovi le loro ville. Come il resto della regione entrò a far parte del Regno d’Italia. Nella sua storia seguente non si segnalano altri avvenimenti di particolare rilievo, allineandosi a quella del resto della provincia. Da ricordare poi che dal 1941 al 1947 Quinto di Treviso fu interessata dal passaggio della ferrovia Treviso-Ostiglia e dotata di una propria stazione.

Siamo alla rosta di Quinto di Treviso. Il ponte che troviamo davanti è percorribile per 30 metri solo a piedi. Da questo punto d’osservazione davvero piacevole è la vista di splendidi esemplari di cigni reali, germani reali, folaghe e tuffetti. Una cosa intensa davvero.

 

Ma è questo il luogo anche di due importanti mulini. Il primo è il Mulino Rachello

 

IL MULINO RACHELLO

MOLINO RAHCELLO

Situato sulla sponda opposta rispetto al mulino Favaro, ma ad esso collegato mediante una passerella in legno, il Molino Rachello. E’ l’unico ad essere tutt’ora attivo nel territorio di Quinto. E’ un mulino a cilindri ad alta macinazione: le ruote sono scomparse dopo che nel ’36 sono state sostituite dalla turbina idraulica e nel ’99 da un generatore termoelettrico.         

 

E quindi, il Mulino Favaro

MOLINO FAVERO

Piacevole, dopo il restauro che lo ha trasformato in ristorante, è il mulino Favaro che conserva, naturalmente inattiva, la suggestiva ruota. In questa zona il Sile si divide in due rami, dando origine ad un’isola ricoperta di vegetazione

LA ROSTA
Poco oltre il mulino Rachello, teniamo la nostra destra en entriamo in una delle aree lungo il Sile più affascinanti del suo intero percorso. Sul lato sinistro un allevamento di trote e sulla nostra destra il corso davvero bello del fiume Sile.
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Seguiamo il suo corso per circa 400 metri.
CHIESA DI SAN GIORGIO LAGHETTO DEGLI ALP
Ci giriamo attorno per 400 metri e usciamo su via Costamala. Trattasi di una provinciale abbastanza trafficata per cui, occhio!
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Pedaliamo per circa 1,9 km e quindi andiamo a destra su via Monsignor Tognana. Siamo nei pressi di Santa Cristina di Quinto. Passiamo il ponte sul Sile e circa 200 metri dopo entriamo a sinistra riprendendo per un attimo la Treviso – Ostiglia; c’è da vedere un ponte e degli specchi d’acqua.
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Ritorniamo sui nostri passi attraversiamo via Tognana e riprendiamo la Treviso-Ostiglia per 200 metri e quindi a sinistra in vicolo G.Pesce. Avanti per 100 metri e quindi a destra in via Santa Fosca. Di qui altri 100 metri e quindi a destra in via Tognana. Qualche metro più avanti ecco la parrocchiale di Santa Cristina.

 

LA PARROCCHIALE DI SANTA CRISTINA

Maestosa, particolare, unica nel suo genere, e piena di guglie, una specie di piccolo duomo di Milano…”

In antichità la parrocchiale di Santa Cristina non era altro che una cappella della pieve di Quinto. Le prime notizie della Chiesa risalgono al 1125, quando un gruppo di monache qui vi costituì un proprio insediamento. Ma fu tra la fine del 1400 e gli inizi del 1500 che la Chiesa subì importanti ristrutturazioni e venne arricchita con un nuovo campanile; in quell’occasione fu commissionata a Lorenzo Lotto la Pala di Santa Cristina.  L'attuale edificio è, però ancora più recente: fu completamente riedificato in stile neogotico attorno nel 1930, con il caratteristico campanile, posto in maniera non usuale sopra il portale d'ingresso. La chiesa conserva importantissime opere: la pala (Madonna in trono col Bambino tra i Santi Cristina, Pietro, Liberale e Girolamo) e la lunetta (Cristo morto e gli angeli) poste dietro l'altare, sono opere di Lorenzo Lotto (1505); le cantorie sono invece settecentesche. Di notevole pregio l'organo Tamburini, inaugurato nel 1899 da Lorenzo Perosi.

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 Andiamo ora in direzione nord, e alla rotonda prendiamo la terza uscita per recarci in via Emiliana. Avanti circa 200 metri e quindi a sinistra in via Milani. Pedaliamo per altri 300 metri sino ad uscire di nuovo in via Emiliana. Teniamo la sinistra e alla rotonda prendiamo la seconda uscita in direzione di Via Sega. Pedaliamo su via Sega per 900 metri.
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Giungiamo quindi a Ponte Settimo (siamo nel territorio di Morgano). Ecco il Sile. Teniamo la sinistra e pedaliamo su via Ponte Settimo per circa 500 metri. Ora a sinistra sulla provinciale 17. Fatti circa 700 metri sulla nostra sinistra ecco l’Oasi del Mulino Cervara. 
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L’OASI CERVARA

E’ sicuramente il biotopo più bello che queste zone. Meta di serenità in assolate giornated’estate e allo stesso tempo, e in maniera diversa, nella stagione autunnale.

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All'interno dell'Oasi del Mulino Cervara, si estende un'altra delle grandi paludi che caratterizza l'alto corso del Sile. E' semisommersa e ricca di tutte le specie animali e vegetali tipiche di questo biotopo e, grazie ad un percorso naturalistico allestito dal Gruppo Ecologico "Tiveron", si presta ad interessanti esperienze didattiche e ricreative. Notevole la garzaia di Aironi cenerini grazie all'abbondanza di cibo che essi riescono a trovare nelle acque vicine. Una piccola oasi dove protagonista è l'acqua. Un tempo, il suo scorrere faceva girare le ruote dei mulini, numerosissimi lungo il Sile ed in particolare a Quinto, per i quali la cittadina era giustamente famosa. Il mulino che troviamo all’interno dell’oasi era già funzionante sul finire del 1300 e svolse la sua attività fino all'inizio del secolo scorso, quando venne dismesso ed utilizzato come magazzino. A fianco troviamo una costruzione adibita a centro visitatori. Una stradina s'inoltra tra una fittissima vegetazione d’alti alberi con a lato due canali d'acqua splendida e viva. Quindi si arriva all'argine del canale principale dove si trovano tutte diramazioni del Fiume Sile, e da dove si può proseguire ancora un po', oppure andare a visitare il museo. Lungo il sentiero s'incontra altresì un tipico casone di palude.

Lasciamoci l’oasi alle spalle ed entriamo a sinistra su vicolo Cornarotta. E’ poco più avanti e da qui che riprendiamo il nostro viaggio dentro la Treviso-Ostiglia. Poco dopo sulla nostra destra una bella area attrezzata, ma noi proseguiamo sotto le siepi per circa 1,2 km. Ora dobbiamo scendere a destra in un piccolo sentiero in discesa. Ecco lì davanti a noi le Buse Carlesso.

 

LE BUSE DI CARLESSO

E’ una splendida palude profonda, in particolare si tratta di numerosi stagni collegati l’uno all’altro da lingue di terra. Essa è stata completamente ricolonizzata da specie idrofite e idrofile ed è una ricca riserva di pesce soprattutto per gli uccelli predatori. La regina dominatrice di queste acque è la Ninfea bianca, ma non meno rilevante e da salvaguardare è la Centaurea minore dai fiori rosa riuniti in infiorescenze.

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Andiamo avanti ora 600 metri, incrociamo qui via Fornaci. Andiamo ancora avanti per 1 km ed ecco un ponte. Il fiume che scorre sotto è il fiume Zero.
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Siamo oramai in via Zeriolo. Ancora avanti per altri 1,1 km e giungiamo in via Sant’Ambrogio. E’ qui che abbandoniamo la Treviso-Ostiglia per dirigerci a destra verso il centro di Badoere. Fatti circa 1,2 km siamo nel pieno della rotonda di Badoere che è anche la fine della nostra prima tappa.

 

BADOERE E LA SUA ROTONDA

ROTONDA DI BADOERE

La Rotonda di Badoere è una delle barchesse più famose del Veneto; la sua particolarità sta, sia nella sua grandiosità, che nella sua struttura fatta per ospitare una serie di botteghe su un semicerchio e abitazioni sull'altro, con una grande piazza per il mercato; sulla stessa si affaccia la chiesa e un palazzo dominicale, ora sede municipale. La grande costruzione si presenta strutturalmente come un lungo porticato semicircolare, formato da quarantuno arcate. Questa magnifica piazza ha trovato origine presumibilmente alla fine del Seicento. Comprendeva in origine due grandi barchesse a doppio semicerchio e a 300 metri ad ovest la villa padronale andata distrutta da un incendio nel 1920 durante un tumulto contadino.  La sua creazione si deve ai Badoer, famiglia patrizia veneziana proprietaria del terreno dove la Rotonda sorse (detto Zeruol di Sopra), su progetto eseguito sembra, dalla scuola del Massari. I Badoer eressero inoltre la chiesetta (1645) dedicata a Sant’Antonio da Padova e la Rotonda

Fu con l’intento di ospitare il mercato settimanale del lunedì che la Serenissima Repubblica autorizzò nel 1689 al suo nobile Angelo Badoer. Ma in particolare, è molto originale la barchessa a ovest costituita da 41 arcate corrispondenti ad altrettante botteghe di artigiani e mercanti; queste, sistemate sotto i portici, avevano un ingresso posto all'interno della Rotonda e un balcone apribile a ribalta verso l'alto.  Dalla parte opposta rispetto all'asse stradale, un secondo insieme d’edifici disposti ad emiciclo, ugualmente porticati, ma di ben più modesta qualità architettonica e non integrati in un complesso unitario, segna il bordo, appunto rotondo, della piazza di Badoere. Ancor oggi i due emicicli, che hanno ovviamente riconvertito i loro spazi a nuove funzioni abitative e a nuovi esercizi commerciali, fanno da sfondo alle locali attività di mercato, in particolare al famoso mercatino antiquario che si tiene la prima domenica di ogni mese. (da vedere assolutamente!)               

UN PO' DI IMMAGINI

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