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 DA PORTEGRANDI A JESOLO 

GALLERIA DI IMMAGINI

E’ l’ultima fatica, il passo si fa veloce, quasi nervoso, sto chiudendo questa avventura e mi  spazientisco .. Imprevisti, accessi privati, luoghi esclusi dalla vista dei più e agibili solo per qualche ricco. Non è possibile, questo è patrimonio di tutti. Quindi, bici in  braccio e via, anche là dove non si può! “ Sembra impossibile che quella piccola polla d’acqua sia diventata così grande qui, a diventare così blu, a diventare così mare…”

PORTEGRANDI

Portegrandi è una frazione del comune di Quarto d'Altino. Sorge al centro di una vasta area rurale, resa coltivabile dalle bonifiche del XIX e del XX secolo. Si affaccia inoltre sulla Laguna Veneta settentrionale, ove inizia il Silone , oggi diramazione del fiume Sile, ma che prima del taglio del Sile era l'antico corso del fiume. In quest'ambito, la località rappresenta una tappa fondamentale per il traffico navale (oggi soprattutto turistico) da e verso la Laguna.Portegrandi si distingue in realtà in due borgate, divise dal corso del Sile: Ca' Corner, sulla riva destra, e Carafia, sulla riva sinistra. La Portegrandi vera e propria sarebbe in verità un gruppo di case sulla foce del Silone, chiamata in passato Conca o Vaso di Portegrandi. Altra località è Le Trezze, ad est, presso le rive della Laguna. La sua storia: La Conca di Portegrandi si sviluppò sul finire del Seicento per controllare i traffici tra la Laguna e il Sile, funzione che, in un certo senso, svolge tutt'oggi. Una lapide in pietra d'Istria riporta il tariffario che i natanti dovevano pagare per oltrepassare le Porte. In seguito alle bonifiche, il centro vitale di Portegrandi si è spostato poco più a nord, presso la chiesa nuova, e di conseguenza la Conca ha attraversato un periodo di decadenza. Attualmente se ne sta attuando il recupero.Monumenti e luoghi d'interesse. Interessante è la Conca, antico borgo affacciato alla Laguna. L'area è notevole dal punto di vista naturalistico e ambientale, e non a caso è ricompresa nel Parco naturale regionale del Fiume Sile.

La partenza del nostro percorso è posta nei pressi del parcheggio che troviamo a Portegrandi nei pressi della chiesa. Usciamo dal parcheggio e giriamo in direzione est cioè a sinistra. Percorriamo la via per circa 0,3 km fino ad incontrare sulla nostra sinistra l’indicazione per la "Conca"

Giriamo a destra, oltrepassiamo il  sottopasso e quindi  a sinistra. Poco oltre teniamo la nostra destra. Procediamo sulla strada con il Sile alla nostra sinistra per altri 0,7 km. fino ad incontrare sulla sinistra un ponte privato. Siamo nel bel mezzo della Conca di Portegrandi. Il tratto è un po’ complicato dal punto di vista dell’orientamento data la presenza di snodi stradali importanti sulla direttrice Jesolo-San Donà. 

CONCA DI PORTEGRANDI

E’ uno snodo fondamentale per il nostro percorso. Qui passeremo sulla sponda destra del Sile e qui ci staremo praticamente sino al faro di Jesolo. Attraversiamo il ponte.  La prima sensazione, è la libertà di muoversi molto più velocemente delle automobili che nelle domeniche assolate d’estate “ pascolano” da queste parti. Un po’ di “ spocchia” non guasta… è la sensazione di una profonda libertà questa e me la godo davvero tutta. Il primo tratto, diciamo circa i primi due chilometri, sono abbastanza agevoli, abbastanza in quanto la  pedalata non è fluidissima data la presenza di ghiaino sullo sterrato. Poco oltre i due chilometri, cambia tutto, iniziano tratti di vegetazione e un tracciato davvero bello, ampio e pieno di luce.

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Poi il paesaggio un po’ si apre.

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E’ consigliabile, verso il  km.  5  fermarsi un po’ e recuperare sulla nostra sinistra uno degli approdi al Sile segnati da banchine di cemento o di legno.

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La natura si fa sempre più selvaggia e la laguna si apre sempre meglio al nostro sguardo oramai! Tutta così per altri 5 km circa. Lo sterrato più deciso ed ampio e una abitazione alla nostra destra ci dice che stiamo per uscire e terminare questa galoppata. Siamo ormai al chilometro 9,7 e giungiamo quindi a Caposile. Proseguiamo di lì per altri 0,3 km sino a vedere sulla nostra sinistra un ponte di barche e sullo sfondo il caratteristico campanile della chiesa di Caposile.  

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Cominciamo da qui, un altro tratto di 9 chilometri che ci porterà a Jesolo paese. Il primo tratto è decisamente protetto dalla siepe rigogliosa.E poco oltre una doppia curva…Sulla nostra sinistra, trascorsi ormai 6 km dall’inizio di quest’ultimo tratto, una strana costruzione: la Torre del Caligo.

LA TORRE DEL CALIGO

Dell’antica torre alto medievale che sorgeva nei pressi dell’estremità occidentale del canale Caligo ,ed era stata probabilmente realizzata su una precedente struttura di età imperiale, si conserva il basamento costruito con materiale romano di reimpiego, ovvero cocci di pietra nella parte più bassa e, a seguire, corsi di mattoni. Il manufatto sembra essere l’elemento superstite di una coppia, dal momento che alcune mappe settecentesche indicano una seconda torre con lo stesso nome, ora del tutto scomparsa, al capo opposto del canale Caligo, in  località Lio Maggiore . La costruzione superstite fino al XIV secolo era chiamata Turris de Plave. La torre, con funzione di controllo e avvistamento, deve sicuramente la sua importanza alla collocazione in un punto di snodo della navigazione retrostante i lidi, su percorsi attivi già in epoca pre-romana, potenziati all’inizio dell’età imperiale romana e coltivati nell’alto medioevo. Attraverso questa maglia di comunicazioni che utilizzavano i canali lagunari, passò il tracciato acqueo tra Ravenna, Chioggia e Caorle. I ruderi di Torre Caligo attualmente visibili sono parzialmente invasi dalla vegetazione; quello che un tempo era l’ingresso principale, dalla parte della strada, è chiuso da una rete metallica a maglie larghe che consente di riconoscere anche nelle pareti interne, come sulla muratura esterna, i segni (croci, un piccolo tabernacolo, forse i resti di un piccolo altare) di una recente attenzione  devozionale per l’edificio.

CALIGO

Procediamo ancora e poco oltre, sulla nostra destra, una tabella indica l’ingresso delle Valli di Grassabò.

Valle Grassabò, delimitata a sud dal canale Caligo, occupa una superficie di circa 1087 ettari. Oltre all'avifauna (anche qui è da segnalare la presenza di Airone bianco maggiore come svernante) interessante è la fauna presente nelle zone al limitare dei campi coltivati e nella fascia meridionale parallela alla strada che va a Lio Maggiore. Tale fascia ospita infatti carnivori quali la Donnola, la Puzzola  e la  Faina. La valle è localizzata nella Laguna Nord di Venezia, adiacente al canale Caligo ed al fiume Sile che attraverso chiaviche e porte di valle la alimenta d’acqua dolce. Il paesaggio si snoda "tra fiume e laguna" e gli ambienti presentano caratteristiche tipiche delle zone lagunari ad acqua salmastra con vegetazione alofita e zone ad acqua dolce. 

Al loro interno viene praticata l’itticoltura estensiva dei cefali dell'Orata, del Branzino e dell’ Anguilla ,pertanto vi si rinvengono strutture tipiche delle valli da pesca quali il “Casòn padronale”, le “cavane”. Gli specchi d’acqua sono circondati da barriere di tamerici: le aree di barena sono colonizzate da una fitta copertura di Salsola soda e Sarcocornia fruticosa, mentre nelle zone ad acqua dolce è presente maggiormente la cannuccia di palude. Ma cos’è una chiavica? chiavica è sinonimo di chiusa, termine con cui si designa più in particolare una chiusa impiegata nell'ambito dei sistemi di bonifica e/o irrigazione. Tipico esempio di chiusa o chiavica è quello del manufatto posto a presidio dell'immissione di un canale di bonifica nel corso d'acqua di recapito o, viceversa, della presa di un canale irriguo dal corso d'acqua di prelievo, avente la funzione, in caso di piena dei secondi, di intercettarne le acque e impedirne l'esondazione attraverso l'alveo dei corpi immissari o emissari. E la vegetazione alofita? E’ una particolare forma di vegetazione composta dalle alofite o piante alofile cioè  vegetali dotati di adattamenti morfologici o fisiologici che ne permettono l'insediamento su terreni salini o alcalini.

Ma continuiamo il nostro viaggio. Il nostro percorso si snoda tra terra e acqua per 6 km circa in una stradina davvero piacevole. E’ giunto il tempo di invertire la marcia, altri 6 km e saremo di nuovo nel punto di ingresso in prossimità della Torre del Caligo. Giriamo a destra e procediamo ancora.

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Avanti così per altri 3,5 km sino ad arrivare ad un sottopasso che faremo tenendo la sinistra.Procediamo così dritti per altri 0,6 km fino all’incrocio, con davanti a noi la vecchia sede municipale. Giriamo a sinistra sul ponte che attraversa il Sile. Attraversiamo la strada ed eccoci giunti presso la parrocchiale. 

JESOLO

Jesolo è un comune della provincia di Venezia, situato a nord di Venezia stessa. Il territorio si estende lungo la costa veneziana, su un territorio pianeggiante che si affaccia sul mar Adriatico ed è orlato dalla laguna di Jesolo, dai fiumi Sile e Piave, e alle foci di questo dall'antistante laguna del Mort, e dall' Adriatico. L'attuale territorio del comune era nell'antichità una laguna, all'interno della quale sorgevano alcune piccole isole, delle quali quella chiamata dai romani Equilium era la maggiore. Il sito era abitato da popolazioni paleovenete, famose per l'allevamento dei cavalli. Le popolazioni locali furono alleate di Roma contro la minaccia costituita dai Goti e permisero ai romani di stabilirsi pacificamente nell'odierno Veneto. I romani colonizzarono dunque queste terre, costruendo strade, ponti e villaggi; sistemarono il territorio coltivabile procedendo alla centuriazione ed attuando i primi lavori di bonifica e contenimento delle acque. Con il crollo dell'impero sopraggiunse l'insicurezza: le scorrerie degli invasori barbarici scacciarono gli abitanti dalle pianure, costringendoli a rifugiarsi nelle lagune: in particolare, gli abitanti di Oderzo fondarono Eraclea sull'isola di Melidissa e Jesolo sull'isola di Equilio. Grazie alla sua particolare posizione, Jesolo si trovò ad essere al centro dei commerci marittimi dell'area nord-adriatica. Ma una tragica piena del Sile e l'arrivo dei Franchi provocarono il decadimento del fiorente porto di Jesolo: nel 1466 la diocesi fu soppressa e alla fine del secolo la città era ridotta a pochi casolari semi disabitati; per ovviare alla mancanza di chiese, il patrizio veneziano Soranzo fece costruire, a proprie spese e su terre di proprietà familiare, una chiesa, poi dedicata a San Giovanni Battista ed eretta a parrocchia. Attorno alla nuova chiesa si costituì il villaggio di Cavazuccherina e per favorire l'abitabilità della zona, la Repubblica di Venezia attuò vari interventi di diversione fluviale, miranti principalmente ad allontanare i fiumi Piave e Sile. Cavazuccherina sopravvisse per alcuni secoli, e divenne comune autonomo solo all'avvento di Napoleone (22 dicembre 1807). Cacciato Napoleone, gli Austriaci costituirono un consorzio per favorire il miglioramento dei territori lagunari, ormai ridotti a palude ("Consorzio Passarella"). L'annessione al Regno d'Italia non migliorò la situazione preesistente. Durante la prima guerra mondiale la  popolazione di Cavazuccherina fu costretta ad evacuare. Mentre gli Italiani allagavano la zona di Caposile, verso le foci del Piave, gli Austriaci presidiavano il territorio paludoso, dove la malaria e la spagnola (febbre di origine virale), mietevano vittime. Nel primo dopoguerra ripresero i lavori di bonifica, che furono predisposti dai "Consorzi di Bonifica del Basso Piave". La "Grande Bonifica" fu realizzata tra il 1920 ed il 1930: furono introdotte le coltivazioni di frumento, granoturco e barbabietola da zucchero, alle quali si aggiunsero le piantagioni di alberi da frutto ed i vigneti. Il 28 agosto 1930 il comune fu rinominato con l'antico nome di Jesolo e dal 1936 le località di "Marina Bassa" e di "Spiaggia" furono denominate "Lido di Jesolo"…

 

Siamo quindi nel piazzale davanti alla chiesa, facciamo il giro della piazza antistantee usciamo nuovamente sulla principale, la attraversiamo e ancora sul ponte che passa il Sile.Alla fine del ponte noi giriamo a sinistra. Stiamo andando verso il Parco della Rimembranza. L’accesso è poco più avanti a sinistra. Si tratta di circa 0,5 km di parco lungo l’ansa del fiume. Attenzione, qui bisogna scendere dalla bicicletta e proseguire a piedi! Finito il parco usciamo in corrispondenza dell’uscita che segue.Procediamo per altri 0,25 km fino all’incrocio. All’incrocio si gira a sinistra. Siamo ora in via della Rimembranza.  

Procediamo per altri 0,3 km fino a giungere ad un bivio ove prenderemo la sinistra per iniziare via Cristo Re.  Via Cristo Re, anche se segnalata dai cartelli stradali come strada senza uscita, in realtà è l’inizio della strada che costeggiando il grande fiume ci porterà quasi a ridosso del faro. Quindi non facciamoci intimorire da quel cartello: stiamo per iniziare una cavalcata di oltre 8 km che porterà alla agognata meta iniziata nei pressi di Casacorba oltre 90 km fa! Ma trascorsi quasi 2,5 km e poco prima di iniziare lo sterrato, si impone alla nostra destra un crocifisso che ci segnala dalla strada la presenza alla nostra destra della chiesa di cristo Re.

Procediamo decisi sempre dritti: al km 3,7 alla nostra destra il cippo della vecchia centuriazione veneziana che segnala che siamo al 51…( così precisi i Veneziani!)

 

8 km

E così per i prossimi 4 km. Polvere e fatica, ma ormai la meta è davvero vicina.  Fatti 8,8 km dall’ingresso di Via Cristo Re, ci imbattiamo in una sbarra che sembra a questo punto ostruirci il passaggio. Ci passiamo di lato e proseguiamo il nostro percorso. L’accesso è consentito!

Si oltrepassa la sbarra e si va avanti per altri cento metri e quindi si gira sinistra. Attraversiamo il ponte mobile sul Sile. Finito il ponte teniamo la destra e quindi avanti per altri 50 metri e quindi all'incrocio a sinistra . Avanti quindi per altri 0,4 km e subito a sinistra per iniziare la salita a sinistra sul grande ponte della strada provinciale.  Facciamo altri 0,6 km. Alla nostra destra il porto. Scendiamo dal ponte e alla prima rotonda giriamo a destra ( ampio e visibile il cartello “ Jesolo Lido”).Procediamo per altri 0,4 km e alla rotonda successiva teniamo la destra. Procediamo per altri 150 metri e quindi a sinistra. Avanti per altri 0,5 km fino ad arrivare ad un’altra rotonda. A questo punto giriamo a destra e procediamo per altri 0,6 km. Siamo veramente arrivati.. Siamo alla foce del grande fiume che, se non ce ne eravamo accorti prima, ci regala il miracolo dell’acqua che va’ al contrario . La forza del mare supera quella del fiume e quindi spinge l’acqua in direzione opposta a quella che ci ha accompagnato per oltre 100 km. Davvero incredibile. Tutta questa fatica per il “ luogo dei contrari?”. Siamo al Faro. E’ fatta!

 

Ogni tanto esco, mi godo il paesaggio. L'aria è frizzante, i canneti percorsi da lunghi canali e circondati da lagune come a protezione di un luogo sacro,  qualche uccello acquatico spicca  il volo, una  barchetta ancorata a riva attende di scivolare leggera in quel paesaggio surreale, la natura lussureggiante si risveglia al caldo richiamo del Sole.... .sembra di entrare in un'altra realtà. E poi lo spettacolo inizia: il fiume lentamente si abbandona al grembo del mare che lo accoglie senza rifiuto, un mare così grande, così calmo in questa giornata, così blu, così saggio il mare nel suo moto perpetuo, nel suo libero canto. E’ il luogo dei contrari, del prima e del dopo, del sotto e del sopra che ora si intrecciano!Dolce e salato si mescolano; un'immensa distesa d'acqua e cielo si sfuma tra  pennellate di azzurro e verde. Ma a sorprendermi è il bianco del cigno che non sa cosa essere, sale o zucchero, forse un po’ tutti e due, o forse solo imperatore vero di tutte le acque.Sbarro la via alle vostre balene bianche in questi spruzzi, voglio solo la libertà di vivere in pace la mia fine ed il mio nuovo inizio; altra acqua nasce. E’ tempo di fare ritorno: da me stessa! Regina. 

 

Qui dunque si chiude questa avventura di 130  km belli davvero!

 

 

 

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