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SULLE TRACCE DELLO ZERO

"DA MOGLIANO VENETO AL DESE"

CARATTERISTICHE TECNICHE

lunghezza: 21 km

tempi di percorrenza: 2 ore circa

 

A volte i fiumi vengono violentati e piegati alle supreme esigenze del traffico veloce. Non c’è pietà! Questa parte di percorso si adeguerà alle esigenze dell’autostrada e del passante di Mestre. Non mi fermo davanti a interruzioni improvvise e a passaggi sempre più privati. Si va oltre, giusto il tempo di andare a recuperare la grande storia ( Quarto d’Altino ) e i piccoli racconti di barche (Bonisiolo). 

Il nostro viaggio parte dalla centrale Piazza dei Caduti in Mogliano Veneto.

MOGLIANO VENETO

 

Il territorio comunale è posto all'estremità sud della provincia di Treviso. Il moglianese è del tutto pianeggiante e l'altitudine passa dai 2 ai 16 m s.l.m. Il terreno è per lo più argilloso, il che ha permesso che le acque rimanessero in superficie creando una rete idrica piuttosto rilevante: il suo fiume principale è lo Zero, che passa vicino al centro; a sud, presso Marocco  poi scorre il Dese. Delle foreste che fino a qualche secolo fa ricoprivano buona parte del territorio non resta più nulla, se non qualche toponimo (Selve, Olme, Roette).

Un po’ di storia.

Il periodo romano e l'alto medioevo.

Il nome della città sembra essere di origine romana: praedium Molianum doveva chiamarsi il complesso dei possedimenti di un certo Molius. È certo infatti che la zona appartenesse all'agro di Altino e come tale fosse intensamente coltivata. Un'altra ipotesi, certamente più fantasiosa, fa risalire il toponimo al veneto mojo cioè "umido", "acquitrinoso". Dopo le invasioni barbariche e, più tardi, degli Ungari (889 d.C.), il territorio, dove esisteva una pieve paleocristiana, fu infatti abbandonato a sé stesso.

Il primo documento storico che cita Mogliano è del 997, anno nel quale Rozone, vescovo di Treviso, concesse all'abate Vitale la costruzione di un monastero benedettino . In questo primo scritto esistente, il luogo viene citato con il toponimo di "Moliane". Il lavoro venne spronato anche dalle donazioni degli imperatori Ottone III e Enrico III. Nel 1074, quando l'opera fu compiuta, i monaci furono sostituiti dalle monache, che resteranno nell'abbazia sino al Quattrocento.

Il basso medioevo. La zona di Mogliano, collocandosi tra i territori dei comune di Treviso, del comune di Padova e della Serenissima fu spesso colpita duramente dalle lotte che li opponevano. Oltretutto, l'abitato era un passaggio obbligato per le truppe, vista la posizione lungo l'arteria del Terraglio: nel 1255 le guerre di Ezzelino III da Romano devastarono il territorio; nel 1311 è la volta dei soldati imperiali di Enrico VII che bruciarono la chiesa. E la lista continua inesorabilmente sino al 1388, quando Treviso si sottomise definitivamente a Venezia, e con essa Mogliano. Frattanto era stata fondata la scuola dei Battuti, una confraternita laica di ispirazione cristiana che gestirà un ospedale per i bisognosi sino al 1806, quando le leggi napoleoniche sopprimeranno gli ordini monastici e le associazioni religiose. 

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LA SCUOLA DEI BATTUTI.  La confraternita fu fondata attorno al XIV secolo da un tal Venturino e dai coniugi Antonio e Cristina dei Seminati, tre Veneziani. La scuola fondava i suoi principi sulla mariegola (storpiatura dialettale di "madre regola"), una sorta di statuto . Come sta scritto nella mariegola, il fine dell'associazione era la "salvacion de le aneme di nostri frateli e sorele de questa fraternitade" che gli affiliati, uomini e donne tutti rigorosamente laici, si proponevano di realizzare attraverso opere di carità, preghiere e altri rituali religiosi, come le processioni. La mariegola ne indicava un numero preciso all'anno e chi non adempiva agli obblighi veniva sanzionato con un'ammenda in denaro. Una particolare importanza era data ai funerali di un confratello o di un parente, a cui tutta la scuola era tenuta ad partecipare attivamente. Durante questi avvenimenti, gli affiliati si distinguevano da un gonfalone e da una divisa, una cappa bianca con cappuccio, cordone e stemma della scuola. A capo della confraternita stava il gastaldo, eletto dai soci.  Il suo operato era controllato dalla figura del sindico, pure eletto dall'assemblea. L'amministrazione dei beni era affidata ai due massari, pure in carica un anno, mentre il pestafanghi era una sorta di portaordini che avvertiva i membri degli avvenimenti. I battuti gestivano anche un ospedale (sorgeva sul Terraglio, presso l'attuale via Matteotti) affiancato da una cappella e retto da un priore. La confraternita fu sciolta nel 1806 in seguito alle leggi napoleoniche.

 

L'Ottocento. Con la caduta di Venezia nel 1797, Mogliano passò dai Francesi agli Austriaci e viceversa, ma dal 1815 divenne definitivamente austriaca. Durante questo periodo Mogliano conobbe un sensibile sviluppo edilizio, in particolare lungo il Terraglio, nelle vie di comunicazione per raggiungere Venezia e per facilitare scambi con le città vicine. Gli atriti con l'amministrazione straniera comunque non mancarono, e nel paese il patriottismo fu sempre vivo, specie tra gli anni Quaranta e Cinquanta: testimonianza ne è la brutale esecuzione dei due moglianesi Luigi Vanin e Antonio Pilon.

Con la terza guerra di indipendenza, il Comune di Mogliano diviene parte del Regno d'Italia. Venne rinominato "Mogliano Veneto" a seguito del Regio Decreto del 5 gennaio 1868 per distinguerlo dall'omonimo Mogliano situato nelle Marche.

Il Novecento. Durante la prima guerra mondiale il paese non fu coinvolto direttamente nei combattimenti, ma le sue ville divennero sedi delle armate impegnate sul basso Piave e ospedali militari. La guerra lasciò un'eredità pesantissima a Mogliano: oltre al consistente numero di caduti, dilagavano in città disoccupazione, epidemie, povertà. La situazione tuttavia migliorò relativamente anche grazie allo sviluppo della coltivazione della pesca che, nel periodo tra le due guerre, divenne prodotto tipico del paese, rinomato  anche a livello internazionale. Anche la seconda guerra mondiale portò distruzione nella zona: numerosi furono i bombardamenti degli alleati, che colpivano le infrastrutture e le vie di comunicazione, e le retate fasciste, che arrestarono e deportarono numerosi moglianesi coinvolti nella resistenza. Subito dopo il conflitto Mogliano si diede alla ricostruzione, il che portò ad un notevole sviluppo residenziale ed industriale.

LA CHIESA DI SANTA MARIA ASSUNTA

 

Il più pregevole esempio di architettura di Mogliano Veneto è la chiesa arcipretale di Santa Maria Assunta con l'annessa abbazia. Sorge presso il centro, nel luogo dove già prima del 1000 si ergeva una pieve con fonte battesimale. L'attuale edificio, costruito cento anni più tardi, risente delle profonde ristrutturazioni avvenute nel corso dei secoli, dalla fine del XVI secolo sino agli inizi del Novecento. Gli interni risalgono per lo più alla fine del XVIII e all'inizio del XIX secolo; la facciata fu rifatta all'inizio del Novecento, mentre il campanile è uno dei pochi punti dell'edificio a non aver subito modifiche tanto profonde. All'interno, da ricordare le pale di Antonio Buratti, Giuseppe Boldini e Gian Carlo Bevilacqua e gli affreschi trecenteschi della sacrestia, rinvenuti solo nel 1992 e testimonianza del suo passato medievale. Dietro uno degli altari è sepolto il corpo di Santa Matronilla. Interessante l'organo della ditta Tamburini di Crema (1913) a trasmissione pneumatica. 

L’ABBAZIA BENEDETTINA E IL BROLO

 

L'abbazia fu fondata nel 997 su desiderio dell'allora vescovo di Treviso Rozone, il quale voleva recuperare il territorio di Moliane, devastato dalle invasioni degli Ungari del X secolo e poi abbandonato. Il monastero ospitò inizialmente i benedettini, i quali si dedicarono alla bonifica e al ripopolamento della zona sino al 1075, anno in cui vi si insediarono le benedettine. Nel medioevo l'abbazia subì saccheggi e distruzioni da parte dei numerosi eserciti che transitavano per il paese, finché, nel 1413, le monache si trasferirono a Treviso, nel convento di San Teonisto. Benché mantenessero il possesso della parrocchia, l'abbazia di Mogliano fu abbandonata e cadde progressivamente in rovina. Con l'arrivo di Napoleone anche il monastero di San Teonisto fu soppresso. Del vasto e ricco complesso oggi resta ben poco. Solo nel 1889, infatti, quel che ne rimaneva (adibito nel frattempo ad osteria) veniva salvato dal letterato Guglielmo Berchet che si adoperò perché fosse dichiarato "opera monumentale". Sopravvive parte del chiostro, del 1184, con il porticato e l'annessa costruzione. Più tarde dell'abbazia sono le due costruzioni poste su ciò che resta del brolo, ovvero degli orti e dei frutteti annessi al monastero prima e alla parrocchia poi. Essi rappresentano oggi il centro espositivo, appunto, del Brolo costituito da uno spazio espositivo, l'Urban Center, destinato alla memoria della città, e da una seconda area sede di importanti mostre periodiche.

Lasciamo ora questa piazza così piena di storia e di testimonianze e dirigiamoci a nord in via Alcide de Gasperi per circa 350 metri. Poi svoltiamo a destra in via Augusto Vanzo per circa 400 metri e quindi su a sinistra in via Cavalleggeri per circa 250 metri. Ecco il nuovo incontro con il fiume Zero. Lì possiamo tenere la destra e correre per un tratto lungo la sua sponda destra. Circa 1,2 km così. La pedalata è faticosa e il terreno è un po sconnesso, per cui attenzione.

Giungiamo quindi ad incrociare via Zermanesa. Davanti a noi una sbarra. Ci passiamo sotto e con profondo rispetto e magari con la bici a mano, proseguiamo sino ad entrare nell’area attrezzata a giardino pubblico posta in via Torni. Qui il fiume, anche se un po’ costretto da argini un po’ troppo squadrati a tratti, si presenta comunque bene. 

Fatto circa 1 km noteremo alla nostra destra una stradina d’erba che scende a sud. La prendiamo.

Centro metri più in giù prendiamo a sinistra via Torni. Poco oltre sulla nostra sinistra il complesso dell’Istituto Costante Gris.

Proseguiamo su via Torni transitando dapprima per la località denominato “COLMELLO”, e dopo circa 1,9 km giriamo a sinistra in via Montegrappa. Pedaliamo ora su via Montegrappa per circa 1,2 km. Da qui il nostro percorso purtroppo sarà fortemente condizionato nel suo sviluppo dalla presenza del tratto autostradale che ha ridisegnato guadi e passaggi. Andiamo ora a nord in via Zermanese per circa 200 metri. Poi a destra lungo il fiume in via Monte Berico per circa 850 metri. Siamo nella piazza centrale di Marcon ora.

MARCON

 

Il territorio e le acque di Marcon. Il territorio di Marcon è completamente pianeggiante, ad eccezione della zona Ca' Rossa Zucarello dove l'altezza del terreno è di 8 metri sul livello del mare. I corsi d'acqua principali sono il fiume Dese e lo Zero, ma numerosi sono i fossi e canali di scolo, come la Fossa Storta.

Un po’ di storia. Pur non essendo state rinvenute testimonianze della presenza romana a Marcon, appare tuttavia ovvio che la zona fosse influenzata dalla presenza della vicinissima Altino. Le strade attuali sembrano proprio seguirne l'antico graticolato.

Il toponimo compare per la prima volta in un documento del 997 nel quale il vescovo di Treviso Rozone donava “Marconio” all'abbazia benedettina di Mogliano. I monaci, e poi le monache tra l’altro, amministreranno la zona sino al 1434. Nel tardo medioevo il territorio marconese si caratterizzava per la presenza di boschi e zone umide che certo non favorivano l'insediamento umano. Così scriveva nel 1515 il podestà di Mestre: « Io trovo che questo territorio è grando et le chase sparpanade, che invero a persone che non havesse grande praticha seria impossibile a trovarle tute. » L'area fu  però risanata solo nel XVI secolo,  ma non fu mai molto popolata: nel 1668 infatti si contavano appena 450 abitanti; nel 1766 erano ben 614. In effetti, i nobili veneziani non furono mai molto interessati alla zona e solo pochi eressero qui delle ville. Il comune di Marcon fu istituito nel 1807 durante la dominazione di Napoleone. Incorporato dagli austriaci a quello di Mogliano Veneto, tornò autonomo nel 1818. Nel 1917 a Marcon fu istituito un campo di aviazione per la LXXVII e l'LXXX squadriglia dell'aeronautica. Durante la Resistenza, è da ricordare la medaglia d'argento Dolfino Ortolan. In quel periodo il municipio fu incendiato e l'archivio, che conteneva preziose testimonianze sul passato recente della zona, andò completamente distrutto.

Ci troviamo quindi in piazza a Marcon. Carino il centro e la chiesa.

LA CHIESA DI SAN GIORGIO

     

L'antica arcipretale di San Giorgio ha funzionato come parrocchiale sino alla consacrazione della nuova chiesa dei Santi Benedetto, Cirillo e Metodio, nel 1999. Citata sin dal XII secolo come cappella dipendente dall'Abbazia di Mogliano, l'attuale edificio è sorto nella prima metà del XVI secolo  affiancato dal campanile del 1779. All'interno si trovano cinque altari settecenteschi. Il maggiore, intitolato al patrono, è ornato da un prezioso paliotto policromo. Degno di nota anche il tabernacolo in pietra policroma della scuola del Sansovino (XVI secolo), custodito nella sacrestia. 

Lasciamo ora questa piazza attraversando la rotonda e dirigendoci ad est su via Molino.

Proseguiamo così per circa 2,7  km sino alla rotonda ove gireremo a destra. Poco più avanti un bel capitello votivo. Stiamo entrando in Bonisiolo.

Saremo nel centro del paese dopo aver pedalato per circa 900 metri.

BONISIOLO

Il territorio e le acque. Bonisiolo sorge praticamente al centro dell'area compresa tra i fiumi Zero e Sile, che si trovano rispettivamente più a sud e più a nord dell'abitato. Tra gli altri corsi d'acqua, si ricordano il Rivolo, modesto canale affluente del Servetta, la Fossa d'Argine, all'estremità orientale del territorio, e i canali Acque Alte e Acque Basse, legati alle bonifiche che si estendono a sudest.

Il toponimo e un po’ di storia. Secondo Carlo Agnoletti, Bonisiolo dovrebbe essere un composto dei termini latini bonum e solum, cioè "suolo buono". Confermerebbe ciò anche il toponimo Altobello, riferito alla zona a sud-ovest dell'abitato, indicante un terreno più elevato e fertile. Questa ipotesi potrebbe richiamare a delle opere di bonifica, condotte forse dai monaci dell'Abbazia di Santa Maria Assunta. Un'altra teoria lo avvicina al nome proprio medievale Bonus o Bonius, rimandando a un proprietario locale. Tuttavia Bonisiolo è entrata sotto la giurisdizione di Mogliano solo in un'epoca relativamente recente. La chiesa di Sant’Andrea, citata con il toponimo nel 1152, era una cappella del monastero di Casier . Certamente la località non ebbe grande importanza nel medioevo, come dimostrano le scarse menzioni negli scritti antichi: una bolletta di pagamento del 1336 attesta che due suoi abitanti furono premiati per avere ucciso due lupi; si sa inoltre che nel 1330 ,il rettore della cappella di Sant'Andrea, aveva raccolto con una colletta 5 lire venete per supportare la guerra contro i Turchi. Solo a partire dal 1479, anno in cui la Madonna apparve a una sordomuta, Bonisiolo assunse una certa importanza come meta di pellegrinaggi. Nel 1819 Bonisiolo entrò finalmente a far parte del comune di Mogliano, prima di allora diviso in Mogliano di Mestre e Mogliano di Treviso. 

IL SANTUARIO DELLA MADONNA DELLE GRAZIE – un luogo e tante leggende

 

Il luogo sacro più rilevante di Bonisiolo è il Santuario della Beata Vergine delle Grazie, piccola costruzione risalente alla prima metà del Seicento. Sembra che qui, nell'agosto del 1470, una ragazza sordomuta fosse stata miracolosamente guarita in seguito ad un'apparizione della Vergine, la quale le comunicò il desiderio di far erigere una cappella in suo onore. Inizialmente  però vi fu innalzato un modesto sacello nel quale fu collocata un'immagine della Madonna, secondo qualcuno dalla scuola di Tomaso da Modena, secondo altri addirittura del Veronese.  Una tradizione afferma inoltre che durante lo scavo delle fondamenta, fu portata alla luce una statua della Vergine col Bambino unita al tronco di un noce che, trasportata nella chiesa di Sant'Andrea, fu miracolosamente ritrovata il giorno dopo sul luogo originario; la statua sarebbe andata perduta, ma il tronco si troverebbe sotto l'altare del Santuario. Accanto alla piccola costruzione doveva esserci anche un campanile: nel 1592, infatti, il vescovo di Treviso Francesco Cornaro stabiliva di suonarvi la campana dell'Ave Maria anche a mezzogiorno. La chiesa attuale fu costruita però più tardi dal veneziano Zaccaria Bernardo, facoltoso armatore residente nella vicina Zerman. Scampato ad una tempesta presso le coste egiziane, promise alla Madonna di Bonisiolo, a cui attribuì la propria salvezza, di ampliare il sacello in una vera e propria chiesa. La chiesa fu eretta a Santuario solo il 7 maggio 1835 dall'allora vescovo Sebastiano Soldati. Ma, come già accennato, le processioni si svolsero sin prima della sua costruzione. Gli interni sono abbelliti dagli affreschi realizzati da Giuseppe Urbani De Gheltof e commissionati da un gruppo di ex prigionieri di guerra. Sull'altare maggiore si trova l'immagine della Madonna col Bambino (di cui si è già parlato sopra), opera di scuola veneta dell'inizio del XVI secolo (forse un affresco staccato dall'antico sacello); le due figure rappresentate sono ornate da due corone in oro massiccio (ma, normalmente, ne sono esposte delle copie), collocate il 1º settembre 1958 in occasione della consacrazione presieduta dal vescovo Antonio Mistrorigo. Un cenno meritano gli ex voto: un documento del 1625 descrive come già le pareti dell'edificio si fossero coperte di oggetti votivi, le quali continuarono ad accumularsi sino all'inizio dell'ultimo restauro, nel 1943. Da allora rimangono quelli contenuti in due bacheche e, soprattutto, quello offerto dallo stesso Bernardo: il modellino di una nave, ricavato dal legno della stessa imbarcazione su cui era a bordo. 

Andiamo ora avanti e proseguiamo  entrando a destra su via degli Angeli per circa 1,4 km e al primo bivio teniamo la destra e proseguiamo per altri 1,3 km. A questo punto, a ridosso del tratto autostradale saliamo a sinistra su una stradina sterrata. Pedaliamo in mezzo ai campi coltivati per circa 1,3 km e quindi svoltiamo a destra sulla principale. Siamo nei pressi di San Michele, all’estrema periferia di Quarto d’Altino. Pedaliamo dapprima per 1,2 km sino a intravedere in un’importante ansa il grande fiume verde: il Sile. Procediamo ancora e andiamo avanti per altri 650 metri. Siamo ora nel centro esatto di Quarto d’Altino. Alla nostra destra l’imponente parrocchiale. 

LA PARROCCHIALE DI QUARTO D’ALTINO

La sua costruzione è iniziata nel 1852, rirpesa nel 1904 e portata a termine nel 1905. La facciata in mattoni rossi presenta sobrie linee neoclassiche. L'interno è ad aula unica con altare maggiore frontale, dietro al quale si trova l'organo costruito nel 1908 con più di 1180 canne. In fondo all'abside vi è un grande quadro che rappresenta la Vittoria di S. Michele Arcangelo sul demonio, donato da Papa Pio X. Interessanti anche gli affreschi che si trovano sui quattro altari laterali e che rappresentano dieci santi: S. Magno, S. Liberale, S. Isidoro contadino, S. Monica Vedova, S. Agnese, S. Eliodoro, S. Francesco di Sales, S. Margherita Alocoque, S. Teresina del Banbin Gesu', S. Biagio. Il campanile a struttura cilindrica è stato terminato nel 1956; il basamento è ricoperto di marmo bianco con incisi i nomi dei principali benefattori. Esso è visitabile all'interno percorrendo una scala a chiocciola che termina su un loggiato, dal quale si possono ammirare stupendi panorami. Sulla sommità del campanile si trova una statua girevole in acciaio raffigurante l'arcangelo Michele, opera dello scultore veneziano G. Romanelli.

QUARTO D’ALTINO

 

Il territorio e le acque.  Il territorio di Quarto è attraversato dal tratto finale del fiume Sile che si biforca in corrispondenza della frazione di Portegrandi: un cortissimo ramo, che segue il corso originale, è collegato alla laguna veneta per mezzo di una chiusa (è il canale Silone) mentre il ramo principale prosegue per Jesolo lungo il canale scavato all'epoca dalla Serenissima (il cosiddetto Taglio del Sile). Questa zona, affacciata alla laguna e un tempo prevalentemente paludosa, è stata bonificata a partire dal XV secolo, anche se le opere più radicali si sono avute tra il XIX e il XX secolo. Nella parte più meridionale poi ecco lo scorrere del fiume Zero e del fiume Dese. 

 

Un po’ di storia. La storia del comune è indissolubilmente legata alla città di Altino, antico insediamento paleoveneto e poi municipio romano. Notevole porto commerciale sulle rive della laguna, Altino decadde in seguito alle distruzioni dei barbari e al mutare delle condizioni ambientali, che determinarono l'impaludamento della zona. La popolazione si trasferì nell'estuario fondando un primo embrione della futura Venezia e altri importanti insediamenti come Torcello, Murano, Burano. Ciò che restava di Altino servì come "cava" da cui attingere materiali di recupero, resti delle antiche vestigia. Nel frattempo, forse in epoca longobarda, si era sviluppata all'estremità occidentale del territorio una piccola borgata attorno ad una cappella intitolata a San Michele Arcangelo; la dicitura "del Quarto" fu aggiunto in quanto il paese distava quattro miglia romane dall'antica Altino. La zona orientale del territorio rimase impaludata sino al XV secolo, quando la Serenissima cominciò l'imponente opera di bonifica e ripopolamento che si è protratta sino all'inizio del Novecento. La caduta di Venezia (1797) vide l'istituzione dei comuni di San Michele del Quarto e di Trepalade (quest'ultimo assorbito dal primo con l'istituzione del regno Lombardo-Veneto).Tra l'Otto e il Novecento il centro vitale del comune si spostò più ad est, dove si trova tuttora. Questa zona era già molto popolata grazie alle bonifiche, ma lo sviluppo urbano fu favorito anche dal passaggio della ferrovia Venezia-Trieste e dalla costruzione del ponte sul Sile. Anche la parrocchiale fu riedificata in questa zona. L'antica borgata di San Michele, ormai località marginale, ricevette l'appellativo "Vecchio" per distinguerla dal nuovo abitato.

 

Lasciamo ora la chiesa e superiamo la rotonda. Circa 300 metri più avanti un sottopasso che faremo per poi svoltare subito a destra e proseguire per altri 70 metri. Entriamo quindi a sinistra in via Claudia Augusta Altinate.

LA CLAUDIA AUGUSTA ALTINATE

La via Claudia Augusta Ã¨ una strada romana la cui realizzazione risale alla prima metà del I secolo d.C. Tradizionalmente si ritiene sia stata costruita per mettere in contatto il mondo romano con quello germanico, partendo dalla Pianura Padana e raggiungendo, il Danubio in Baviera. La costruzione della via Claudia Augusta è stata avviata nel 15 a.C. da Druso, generale di Augusto, durante alcune campagne militari che portarono alla conquista dei territori della Rezia e della Vindelicia (oggigiorno il Tirolo occidentale e la Germania meridionale). È stata ampliata e quindi ultimata nel 47 d.C. da suo figlio, l'imperatore Claudio, dal quale ha preso poi il nome. Dalle iscrizioni presenti sui miliari - le uniche fonti materiali ad oggi reperite e studiate -, in particolare quelli di Cesiomaggiore e Rablà, è emersa l'esistenza di due tracciati, l'uno con partenza da Ostiglia (Hostilia), ramo Padano, e l'altro da Altino (Altinum), ramo Altinate, convergenti a Tridentum, antico nome della città di Trento. La scelta di queste città è probabilmente dovuta alla loro importanza economica, in quanto floridi centri di scambi commerciali.

E allora cominciamo a pedalare in una parte della nostra storia!

Procediamo per circa 2,4 km sino a che a destra la strada diventa sterrata. Teniamo la destra e pedaliamo per altri 450 metri e quindi saliamo su a sinistra su un ponticciolo. Eccoci finalmente a ritrovare lo scorrere ormai lento e potente del fiume Zero. E’ uno  dei tratti più ricchi di suggestioni dell’intero percorso. La sensazione è quella di pedalare nel vuoto e nel silenzio più pregno. Davvero importanti i paesaggi così felicemente desolati e privi di tutto!

Ancora 3 km di pedalate ed eccoci a chiudere il nostro viaggio, “ laddove Zero a Dese s’accompagna” direbbe il Poeta!

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