LA TREVISO OSTIGLIA
DA BADOERE A VILLA MARCELLO LEVADA
Lunghezza: 18,7 km
Punti di riferimento: Rotonda Badoere – Ostiglia di Badoere – Villa Marcello – Levada - Silvelle – Badoere
Punto di partenza di questa seconda stazione è la rotonda di Badoere.
Ed il Municipio di Morgano.
Lasciamo la piazza dirigendoci verso nord sulla provinciale. Facciamo qualche metro e quindi ci dirigiamo a sinistra in via Palazzo per 100 metri circa. Ora svoltiamo a destra in via Marcello. Proseguiamo dritti per 300 metri e poi a sinistra seguendo la grande mura. Ora a sinistra per altri 200 metri. Ora dritti e circa 200 metri. Siamo nei pressi del Molino Contarini, e quello che scorre lì è il fiume Zero.
Continuiamo il nostro viaggio e andiamo avanti per altri 600 metri. Ora usciamo a sinistra in via Pignan. Fatti trecento metri, ecco sulla nostra sinistra il capitello di Via Pignan, detto anche capitello del Crocefisso.
Seguiamo via Pignan per altri 400 metri e quindi dritti in via Statue. Seguiamo questa via per altri 400 metri e quindi a destra sulla provinciale. Pedaliamo in direzione sud per altri 400 metri ed entriamo a destra riprendendo il corso della Treviso-Ostiglia. Il primo tratto è ancora sterrato, ma fatti altri 200 metri, la strada è asfaltata: qui inizia la Provincia di Padova.
Ancora avanti per altri 200 metri ed eccoci a vedere sulla nostra destra la vecchia stazione di Badoere-Levada.
Ancora avanti per altri 900 metri ed usciamo a destra su via dei Marcello. Di lì per circa 400 metri e sulla nostra destra l’imponente complesso di Villa Marcello.
VILLA MARCELLO (XVI SECOLO)
Un po’ di storia. Una prima costruzione, una modesta casa di caccia, fu eretta all'inizio del Cinquecento da Andrea Marcello, la cui famiglia era divenuta proprietaria di alcuni terreni a Levada qualche decennio prima. Verso la metà del secolo i figli di Andrea innalzarono il corpo centrale dell'attuale villa; successivamente si aggiunsero le barchesse laterali. Attorno alla metà del Seicento la proprietà passò in eredità ai Contarini, quindi ai Morosini. Nel 1725 fu venduta ai marchesi Maruzzi dietro il pagamento di 19 000 ducati. Sotto questi ultimi il complesso fu profondamente rimaneggiato soprattutto dal punto artistico: furono loro a commissionare affreschi e stucchi degli ambienti interni.
La villa fece parte della dote portata da Alessandrina Maruzzi per il matrimonio con il conte russo Sumarukoff. Pare che quest'ultimo l'abbia poi persa al gioco; il nuovo proprietario, il conte ungherese Helicay, non aveva interesse a tenerla e quindi la vendette al conte Girolamo Marcello (1847), esponente della stessa famiglia Marcello che aveva innalzato il complesso diversi secoli prima. I suoi discendenti vi risiedono tuttora. Negli anni della Grande guerra l'edificio fu sede di vari comandi italiani e del Comando supremo delle truppe britanniche in Italia. Durante la decisiva battaglia del Solstizio (giugno 1918) ospitò re Vittorio Emanuele III.
Come è fatta
Il complesso è immerso in un parco di otto ettari e si articola in corpo principale (casa padronale e barchesse), oratorio e varie adiacenze. Inoltre, sul retro si estende una peschiera. Il corpo principale presenta una pianta a C aperta verso la strada. All'abitazione sono saldate lateralmente le due barchesse mediante tre fornici per parte a sesto pieno. Lo spazio antistante è occupato da un giardino all'italiana con basse siepi di bosso, statue e, al centro, una fontana polilobata. La casa padronale si innalza su due livelli più soffitte con la forometria della facciata organizzata su sette assi. Il piano terra, basato su uno zoccolo, ha al centro un portale di ingresso archivoltato con tre finestre architravate per parte, ciascuna sormontata da una specchiatura; alle estremità si sviluppano i fornici congiunti alle barchesse. Tutto il livello inferiore è intonacato a marmorino reso a bugnato ed è sormontato da un terrazzamento con statue alle ali, mentre al centro funge da basamento per le otto semicolonne ioniche che caratterizzano il secondo piano e le soffitte; la prima, la terza, la sesta e l'ottava sono binate, dividendo così il fronte in tre partiti. Quello centrale è sormontato da una trabeazione coronata da un frontone triangolare con un oculo al centro, abbellito da cornici dentellate e statue ai vertici. Le soffitte sono illuminate da piccole finestre rettangolari, mentre le aperture del piano nobile sono architravate e arricchite con cornici modanate e timpani triangolari. La portafinestra centrale, invece, è archivoltata ed è sormontata da uno stemma lapideo.
Degli interni va ricordato il magnifico salone centrale, a doppia altezza. Il pavimento è a terrazzo veneziano, mentre tutto intorno si sviluppa un ballatoio in legno. Le pareti e il soffitto sono decorate da un ciclo di affreschi di Giambattista Crosato (1750 - 1755), realizzati in cornici lombate in stucco disegnate da Giuseppe Zais: in alto si trova l'Olimpo, mentre i dipinti ai lati mostrano scene della vita di Alessandro Magno (Alessandro copre il corpo di Dario sconfitto con il suo mantello, Nozze di Alessandro e Rossana, Clemenza di Alessandro, Alessandro e Campaspe nello studio di Apelle). Sopra le porte e le finestre vi sono dipinti monocromi con vasi e festoni.
Le barchesse presentano arcate a tutto sesto impostate su pilastri affiancati da lesene di ordine tuscanico a reggere la trabeazione soprastante. Ad ogni chiave di volta corrisponde al piano superiore una finestra rettangolare.
Curiosità
Nel 1993 il regista Carlo Verdone gira a Villa Marcello alcune scene del film Perdiamoci di vista. Nella finzione cinematografica la villa viene collocata a Castelfranco Veneto. Nel 2015 la villa venne usata come luogo per il film Leoni di Pietro Parolin.
Lasciata villa Marcello, procediamo su via Marcello per altri 600 metri. Siamo in Piazza a Levada, in piena provincia di Padova.
LEVADA
Levada è una frazione del comune di Piombino Dese a partire dal 1810. Sorge su un terreno alluvionale e il suo nome indica, appunto, la sua posizione elevata rispetto al bacino del fiume Sile.
Entriamo a sinistra nella piazza dominata dalla chiesa parrocchiale.
Parrocchiale di Levada
La chiesa, dedicata ai S.S. Pietro e Paolo, viene citata in una donazione al monastero di Mogliano del 997. Restaurata nel primo decennio del '500, perché in pessime condizioni, fu ampliata nel 1693 e decorata con affreschi nella fascia sottostante il tetto a capriate. Nella prima metà del XVIII secolo furono aggiunte le navate laterali e nel 1763 fu applicato un controsoffitto di stile neoclassico. Di particolare interesse sono i due altari, della Madonna Addolorata e del Rosario, in marmo bianco, opera di G. Bernardi detto il Torretto. Al campanile originario, addossato alla parte absidale della chiesa, ne fu aggiunto un altro di ben maggiori dimensioni, a ridosso della facciata.
Proseguiamo ora sulla S.P. 50, sfruttando qua e là le ciclabili poste ora a sinistra e quindi a destra della strada sino a giungere, dopo circa 1,4 km ad un capitello dedicato alla Vergine Maria che troviamo sulla destra della strada.
Scendiamo ora a sinistra su via Gattoeo e pedaliamo per circa 1,7 km sino a riprendere la Treviso-Ostiglia sulla nostra sinistra. La percorriamo per circa 300 metri e quindi giù a destra per altri 200 metri. Siamo ora a Silvelle.
SILVELLE
Silvelle è una frazione del comune di Trebaseleghe, in provincia di Padova. Il paese si trova a nord del capoluogo comunale, presso il confine con Torreselle e Levada, frazioni di Piombino Dese. Si estende sulle due rive del fiume Dese che, poco più a ovest, riceve le acque del rio Bianco.
Sotto la Serenissima Silvelle era nota per la sua attività molitoria, con quattro mulini localizzati lungo il Dese. Sotto il dominio napoleonico costituì un comune autonomo avendo come frazioni le già citate Torreselle e Levada.
Parrocchiale
È un edificio romanico risalente al Duecento, con ampliamenti più tardi in stile neoclassico. All'interno, si trovano una pala del XVI secolo di Paolo Piazza, più noto come Cosimo da Castelfranco.
Le si aggiungono la pala della Madonna del Rosario, di ignoto, il fonte battesimale marmoreo, sempre cinquecentesco, e l'interessante organo meccanico Gerhard Hradetzky del 1991. La chiesa è dedicata a San Martino.