BOTTENIGA, CAGNAN GRANDO E BURANELLI
Caratteristiche tecniche: lunghezza km. 7 - tempo di viaggio 1 ora
La città di Treviso si trova in un punto molto particolare. E’ collocata poco al di sotto della grande zona di risorgiva che separa l’alta e la bassa pianura. A nord, le terre molto sassose ed impermeabili infatti lasciano scorrere in profondità le acque che in particolare dal fiume Piave si dirigono sotterraneamente verso il mare. La linea delle risorgive segna altresì l’inizio della bassa pianura a sud ove i terreni sono invece poso impermeabili ed argillosi. Lo scontro tra queste due terre combinato allo scorrere sotterraneo delle acque crea in queste zone una sorta di tappo. L’argilla e la scarsa impermeabilità delle terre producono effetti di risorgiva. L’acqua sgorga dal terreno creando le cosiddette polle risorgive o “fontanassi”. Il Botteniga nasce esattamente così! Neanche 2 chilometri di fiume che sgorga da una bellissima polla risorgiva in località San Pelajo. Esso poco dopo riceve le acque del Pegorile, congiuntamente a quelle del torrente Giavera, nato ai piedi del Montello. Dopo poche centinaia di metri al Botteniga si unisce anche il canale Piavesella che trasporta acque del Piave, captate a Nervesa della Battaglia. Nel percorso fuori città, il Botteniga attraversa un paesaggio (territorio) di campagna organizzato a colture e irrigato artificialmente. All'altezza dei Bastioni, a nord delle mura di Treviso, questa massa d'acqua, grazie ad una notevole opera d'ingegneria idraulica (storicamente determinante per la difesa di Treviso) ideata dall'architetto Giovanni Da Verona detto Fra' Giocondo, si suddivide a ventaglio in vari rami che sfociano tutti nel Sile, a sud, dopo l'attraversamento del nucleo urbano. Queste opere idrauliche dividono il Botteniga nei tre "Cagnani": Cagnano della Roggia o Siletto a ovest; Cagnano di mezzo o dei Buranelli in centro; Cagnano grande o della Pescheria a est. Esistono anche due ulteriori canali, il Cantarane e delle Convertite (detti Cagnani minori), rami d'acqua profondamente stravolti e attualmente quasi completamente coperti. Cinque canali in tutto, che diventano sette, con le due fosse esterne delle mura costruite dagli idraulici veneziani. Non è un caso se la città di Treviso ha avuto le sue origini nel luogo di confluenza del Botteniga col Sile: il fiume in quel luogo diventa navigabile ed ha rappresentato per la città un tratto d'unione con il mar Adriatico e una via commerciale sicura, soprattutto in momenti storici in cui le vie di comunicazione scarseggiavano o erano del tutto assenti.
Risorgive dai colori davvero intensi!
La leggenda della Risorgiva
Narra la leggenda popolare che durante la discesa del grande Re Alboino e del suo popolo Longobardo lungo l’antica strada romana Via Postumia, nell’Ottobre del 568, il distaccamento posto di guardia (dal longobardo: Ward) ai carriaggi ed alle salmerie fosse inaspettatamente attaccato da una pattuglia bizantina di stanza a Nord della città di Treviso. I Longobardi che si erano spinti più a Sud subirono così lo scontro, ed un guerriero Longobardo eroicamente ferito ormai a morte, ma rimasto solo, tentò di salvarsi lasciandosi condurre dal suo fedele ed amato cavallo. Questi si diresse in quella che allora era una palude boschiva, ricca di risorgive dalle acque limpide e fresche. Il guerriero cadendo poi da cavallo sprofondò nella melma (dal longobardo: Melm) e rimase perciò nascosto agli occhi dei soldati bizantini che lo stavano insistentemente cercando, grazie anche al cavallo, che astutamente si allontanò. Il guerriero Longobardo rimase svenuto per lungo tempo, ma nonostante le gravi ferite subite non morì. Riprese poi conoscenza e fiducioso prese a lavarsi con le acque della risorgiva; rimase stupito quando vide che guarivano. Dopo alcuni giorni, il suo cavallo tornò; ormai ripresosi e guarito, raggiunse i suoi, narrando poi l’accaduto alla sua Fara. Il luogo divenne così meta di culto da parte dei Longobardi che si stanziarono in quella che diverrà poi la frazione di Merlengo (dal longobardo: Merling). Con la conversione dei Longobardi al Cristianesimo, la risorgiva, meta di venerazione, fu rinominata di S.Pelajo e per questo le istituzioni cattoliche stabilirono poi, nel XVII° sec. proprio in quei pressi, il notevole Monastero della Visitazione. Il fiume Botteniga (dal longobardo “Boating”) nasce principalmente da questa storica risorgiva.
​
Da qui dunque partiamo prendendo la direzione ovest su via delle Fontanelle. Credo che il toponimo non lasci spazio a dubbi di sorta! E’ una pedalata piacevolissima in una stradina asfaltata. Circa 500 metri. Sulla nostra destra l’Agriturismo al Botteniga
AGRUTURISMO “AL BOTTENIGA”
Più avanti ci imbattiamo in un passaggio privato per cui, scendiamo dalla bici, chiediamo il permesso e proseguiamo oltre. Passiamo in mezzo ad un gruppo di abitazioni e quindi a sud per altri 350 metri. Siamo all’incrocio con via Mandruzzato. Teniamo lì la nostra sinistra. Circa 500 metri più avanti ecco lo scorrere già importante del fiume visto da un ponte.
Procediamo oltre e circa 200 metri più avanti una chiesa e un complesso monastico. Si tratta del Monastero della Visitazione
IL MONASTERO DELLA VISITAZIONE E IL SUO EREMO
Quattrocento anni fa, nell’anno 1610, in Francia, San Francesco di Sales (patrono dei giornalisti e dei sordomuti) e Santa Giovanna Francesca di Chantal fondavano l’Ordine claustrale (di clausura) della Visitazione. Uno dei monasteri di quest’ordine sorge in questo luogo sin dal 1913. Nel 1792 la rivoluzione francese impose la chiusura di tutti i monasteri di clausura portando come motivazione che i monaci e le monache che vi risiedevano li abitavano solo perché costretti e non per libera scelta. Chi non accettava tale legge veniva condannato a morte in nome della “libertà” proclamata dalla rivoluzione! Le monache di Annecy, per non tradire la loro scelta di vita, preferirono riparare prima in Italia, quindi a Vienna (Austria). Nel 1801 giunsero a Venezia. Finalmente nel 1913 grazie agli interventi di Papa San Pio X, trevigiano di origine, era nato a Riese (Pio X) e di Mons. G. Longhin, Vescovo di Treviso, poterono prendere possesso del nuovo monastero di clausura alle “Corti”. Per questo Ordine il titolo iniziale era “figlie della Visitazione” perché come desideravano i due santi “le religiose, visitando i poveri, dovrebbero imitare Maria quando visitò la cugina Elisabetta portando la grande gioia che in suo figlio era in lei”. La clausura venne introdotta il 16 ottobre 1618. L’Ordine della Visitazione può accogliere ragazze, vedove e anche donne con difficoltà fisiche. Anche per quest’ultimo motivo gli orari della vita comunitaria non sono rigidi come per molti altri Ordini religiosi. In questo loro peregrinare le monache avevano custodito, secondo le usanze del tempo, il vero “cuore” di carne di San Francesco di Sales.
Anche ai nostri giorni quel cuore viene conservato con estrema cura e affetto nella chiesa del monastero di Treviso. Mons. Longhin scrisse a questo proposito: “Le nostre Visitandine possiedono un tesoro, che tutto il mondo cattolico ci invidia: il cuore integro e incorrotto di quel grande, ammirabile, simpatico Santo che è San Francesco di Sales a cui tutta la città e la diocesi di Treviso si sentono legate…”. Ai nostri giorni il monastero è abitato da monache che trascorrono il loro tempo secondo gli ideali di Cristo come interpretati da S. Francesco di Sales e da Santa Francesca di Chantal. Per conoscere e perciò apprezzare e forse amare più a fondo quegli ideali, la vita quotidiana del monastero, le regole che ne scandiscono la giornata è sufficiente prendere un appuntamento con la Madre Superiora e poi accostarsi alla grata per il colloquio con quella libertà di spirito che gli uomini di buona volontà possiedono. Le vacanze possono diventare un’occasione favorevole per rinvigorire anche lo spirito incontrando tali donne. Fra i tesori ospitati c'é anche un'icona bizantina di origini oscure, ma certamente lontanissime nel tempo.
Visitato il Monastero usciamo sulla principale, strada di San Pelajo e andiamo a destra in direzione sud per circa 150 metri. Subito dopo il ponte giriamo a destra e corriamo lungo il canale per 400 metri. Usciamo ora sulla trafficatissima “strada ovest” girando a destra e percorrendola per 200 metri. Dal ponte ancora il Botteniga. Procediamo ancora altri 100 metri e ci addentriamo in viale Luzzati. Avanti 200 metri e quindi a sinistra in via Bertolini. Dopo 100 metri passiamo in nuovo ponte sul Botteniga. Altri 100 metri a destra e giù per altri 200 metri (passiamo in mezzo ad una serie di case). Ora a destra in via Botteniga dopo aver passato un altro ponte sul fiume. Ancora 200 metri e torniamo in viale Luzzati ove gireremo a sinistra. Percorriamo ora Viale Luzzati per 300 metri e quindi a sinistra in via Bortolan. Seguiamo questa via per circa 900 metri sino ad uscire in viale Cairoli. Siamo nei pressi dell’ex pattinodromo, praticamente sulle mura di Treviso. Andiamo in direzione est sulla ciclabile sino a giungere ad uno snodo di canali posti in un’area denominata, penisola del Paradiso.
Ora a sinistra in vicolo del Gallo per circa 100 metri sino a sfociare dritti sulle aperture di visioni sul canale dei Buranelli.
LA PENISOLA DEL PARADISO
Una piccola penisola abitata da coniglietti, oche, anatre ed altri animali.
LE MURA DI TREVISO
Nel 1300
Nel corso del XIV secolo Treviso si era dotata di alte mura merlate ed era collegata con i borghi e la campagna grazie a dodici o tredici porte: san Teonisto, Callimana, santi Quaranta, santa Bona, santa Cristina, san Bartolomeo, sant'Agostino (o san Tommaso), santa Maria Maggiore, san Paolo, santa Margherita, Altinia, del Terraio. Le mura, realizzate in mattoni cotti, senza riparo esterno e senza alcun sostegno interno, erano pensate per resistere alle tecniche di assalto medievali: testuggini, catapulte, arieti. Nel corso degli anni però, le numerose costruzioni addossate alle mura e le borgate esterne, facile riparo ad eventuali attaccanti, avevano in parte intaccato la funzionalità di tale sistema difensivo. Resti di questa cinta muraria sono ancora oggi visibili nel tratto della mura cinquecentesche in corrispondenza di porta Altinia, costruita accanto a una precedente porta medievale di cui sussistono le volte.
Nel 1500
Dopo la sconfitta di Agnadello, Venezia si affrettò a fortificare le più importanti città di terraferma, tra le quali Treviso. Il progetto fu affidato dal Consiglio dei Dieci al frate francescano Giovanni Giocondo da Verona.
Tra il 1509 e il 1518, furono demoliti le mura medievali, i borghi e tutti gli altri edifici che si trovavano all'esterno o, seppur all'interno, nelle immediate vicinanze della cinta muraria: si passò così da una struttura urbana con uno sviluppo a raggiera in corrispondenza delle arterie che si allontanavano dal centro, ad un impianto murario poligonale che traccia il limite invalicabile delle attività edilizie. Oltre la cinta muraria si estendeva una spianata priva di case a alberi. Le nuove mura furono costruite a terrapieno, rivestito all'esterno da una spessa muraglia in laterizio, più economico e facile da usare rispetto alla pietra, ma anche più elastico per meglio resistere all'artiglieria. Come in altre città del nord (ad esempio le mura di Ferrara) le mura di Treviso sono decorate a due terzi dell'altezza da un cordolo in pietra d'Istria in alcuni tratti ancor ‘oggi conservatosi. In prossimità dei principali bastioni sono tuttora visibili, incastonati nel paramento di mattoni, eleganti bassorilievi raffiguranti il leone di san Marco.
L'opera di fra Giocondo ben sopportò l'assedio di Treviso, posto dagli eserciti della Lega di Cambrai nell'estate del 1511. In particolare, tra il 7 e il 15 ottobre di quell'anno fu sferrato un violento e decisivo attacco, il quale, tuttavia, si risolse per gli assedianti in un nulla di fatto. Nella seconda metà del XIX secolo il terrapieno fu sistemato per ricavarne un viale alberato, destinato al passeggio e al gioco dei bambini.
​
Ora torniamo sui nostri passi in direzione ovest, prendiamo il sottopasso e attraversiamo quindi le mura cittadine. Ora subito a sinistra. Qualche metro dopo siamo sul Ponte de Pria
​
IL PONTE DE PRIA
(Ponte di Pietra) è un ponte sul Botteniga che collega viale Fra’ Giocondo a viale Burchiellati, a Treviso. Massiccia costruzione a schiena d'asino, sotto le sue sette basse arcate il Botteniga entra in città per dividersi in tre rami: Cagnan Grando, canale dei Buranelli e Roggia. Disegnato forse da fra' Giovanni Giocondo, l'ideatore del sistema difensivo rinascimentale (1509-11), fu ricostruito al tempo della podesteria di Priamo Legio (1521).
Torniamo sui nostri passi e andiamo a sinistra in via Filippini. Percorriamo la via per altri 300 metri sino a giungere in Piazza Trentin.
Ora a sinistra in vicolo del Gallo per circa 100 metri sino a sfociare dritti sulle aperture di visioni sul canale dei Buranelli.
Qui teniamo la sinistra e subito dritti sotto i portici (attenzione, bici a mano qui!). Circa 100 metri più avanti usciamo per un attimo sul ponte che attraversa il canale, giusto il tempo di ammirare da lì una casa del ‘400 dipinta a finta tappezzeria rosa e verde con al centro un motivo marino di conchiglie.
Ritorniamo sui nostri passi, riprendiamo il cammino sotto i portici e finiti gli stessi teniamo la destra. Da lì, volgendo lo sguardo alla nostra sinistra ecco i Buranelli.
​
I BURANELLI, IL CANALE E IL PONTE
Il canale Medio o canale dei Buranelli è un ramo del Botteniga, fiume di risorgiva che nasce a nord di Treviso. Nasce al ponte di Pria, in corrispondenza dell'ingresso in Treviso del Botteniga. Dopo aver costeggiato il parco e il retro di Palazzo Rinaldi, il canale passa sotto un primo ponte: in questo luogo, come testimoniano diverse fotografie d'epoca, le donne della zona usavano lavare i panni. Poco distante si trova la casa appartenuta al poeta Giovanni Comisso, ancora più in là una passerella pedonale e il ponte dei Buranelli nei pressi del quale si trova tuttora un edificio cinquecentesco già dimora e magazzino di commercianti provenienti dall'isola lagunare di Burano: da qui deriva la denominazione più conosciuta del canale.
Proseguiamo oltre sul ponte sino a giungere in piazza San Vito.
PIAZZA SAN VITO E LA SUA FONTANA
Questa piazza è stata, attorno al 1930, al centro di molti progetti urbanistici: dal nuovo palazzo Littorio, al mercato della frutta e verdura, al rifacimento della pavimentazione. All'interno di questo programma si inserisce anche la nuova fontana, fortemente voluta dai commercianti della zona, che sostituì l'originale forse non dissimile dalla fontana di Piazza Pola.
La fontana
La fontana, ispirata, come si legge in una cronaca contemporanea al ‘600 italiano, è costituita da un'ampia vasca ottagonale, posata su un basamento circolare. Nel centro, un basamento poggiante su due scalini e ornato da quattro idre zampillanti, una addossata ad ogni lato, sostiene una tozza colonna scanalata, suggestivamente descritta come concetto floreale formato da un fascio di steli dal quale spunta un fiore acquatico formante la tazza, un gambo con un capitello alludente la flora e la pigna esprimente l'unione degli offerenti. Le pietre usate sono il marmo di Verona e la pietra di Grisignana.